PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Luca 16,1-13

fr. Massimo Rossi  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/09/2013)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Dopo la parabola del Figliol prodigo ascoltata domenica scorsa, oggi il Vangelo di Luca ce ne propone un'altra, per metterci in guardia dalle insidie della ricchezza, in particolare del denaro, che il Vangelo chiama letteralmente mammona di iniquità.

Bene, una volta stabilito che secondo la Bibbia i soldi costituiscono sempre e comunque un'insidia, possiedono sempre e comunque una valenza perversa, dunque è meglio non legarci il cuore (cfr. Sal 62), proviamo a far luce su questa pagina abbastanza oscura e parecchio ambigua.

La parabola raccontata da Gesù allude verosimilmente ad un caso di cronaca, simile a quelli che siamo purtroppo abituati ad ascoltare tutti i giorni ai notiziari, o leggiamo sui quotidiani; si tratta dell'ennesimo scandalo amministrativo: un ricco latifondista locale che aveva affidato la gestione dei suoi terreni ad un amministratore, riceve una soffiata sulla presunta corruzione di lui a suo danno. Convocato a rendere ragione della frode, l'amministratore fiuta l'imminente licenziamento e si cautela, per così dire, coinvolgendo nella truffa alcuni debitori del padrone; così facendo, non migliora certo la sua posizione ma, se non altro, si guadagna il favore dei suddetti complici.

A questo proposito, Gesù non risparmia una nota di biasimo a coloro che aderiscono alla fede, ma si mostrano indecisi, poco coraggiosi e anche poco intelligenti nel gestire gli affari di questo mondo. Brutta sorte per gli imbranati...anche in Cielo.

La definizione del denaro, mammona di iniquità, ricorre ripetutamente nei precedenti capitoli, in relazione al tema della fedeltà e della fiducia: in sostanza, dichiara il Signore, l'affidabilità di una persona si manifesta nel saper amministrare beni anche di poco conto, nell'assolvere al meglio incarichi non importanti. In ultima analisi, l'uso del denaro si può rivelare paradossalmente una preziosa cartina di tornasole dell'autenticità cristiana: il discepolo che si dimostra fedele nell'uso della ricchezza e dei beni terreni, offre buone garanzie per ricevere la responsabilità di una comunità e infine il bene sommo del Regno di Dio. La parabola dei talenti raccontata da Matteo rivela il destino di beatitudine dei servi che si saranno mostrati fedeli nel poco (25,14ss.).

Ma che cosa significa essere fedeli e degni di fiducia nell'ingiusta ricchezza?

Il v.13 non lascia spazio a equivoci: "Nessuno può servire a due padroni (...). Non potete servire Dio e mamona-ricchezza": Possiamo tradurre ‘mammona' con ‘potenza', ‘proprietà', e simili.

In verità non è il denaro in sé che può dannare l'anima, ma il potere che può fatalmente sequestrare del tutto l'uomo e, in tal caso, si pone quale alternativa rispetto al servizio di Dio.
Una vera idolatria!

Al contrario, la fedeltà del discepolo nell'uso del denaro e della ricchezza in genere è la libertà di servire Dio con il cuore veramente puro: lo ripeto, libertà e disinteresse rendono l'uomo di fede idoneo a ricevere in custodia la comunità, al presente, e il Regno di Dio, alla fine dei tempi.

Ai primordi della Chiesa questo requisito, già raro a quel tempo, era particolarmente apprezzato come condizione personale per affidare un incarico di cura pastorale, del quale, l'aspetto più delicato era appunto l'amministrazione della cassa comune per l'assistenza dei poveri (le vedove, gli orfani, gli stranieri...). Non possiamo dimenticare che l'arresto di Gesù fu architettato dai Sommi Sacerdoti corrompendo per trenta denari - una miseria! - Giuda Iscariota, tesoriere degli Apostoli (cfr. Mt 26,14ss.); così pure la vicenda della tomba vuota, fu resa pubblica dalle autorità di Gerusalemme come trafugamento del cadavere, dietro congruo compenso dei soldati di guardia al sepolcro (cfr. Mt 28,11ss.).

La critica di Gesù diventa addirittura feroce contro i farisei: il Maestro di Nazareth smaschera anche la forma più subdola della ricchezza, l'autoesaltazione religiosa.

A onor del vero i simpatizzanti del partito fariseo si distinguevano per il loro tenore di vita dimesso e povero; tuttavia, nella loro concezione religiosa, la ricchezza era celebrata come l'espressione di particolari favori celesti; e alcuni di essi inseguivano questi particolari favori celesti senza il minimo scrupolo di coscienza...

Gesù mette in guardia dalla tentazione di ridurre il rapporto con Dio a una sorta di contabilità, dove ci si può illudere di avere maturato un credito davanti a Dio, a motivo dei propri meriti.

Al contrario, la libertà dei figli di Dio, corrispondente umana della gratuità dell'azione divina, smantella tutti i criteri di valutazione fondata sul ‘do ut des'. La scoperta di questa nuova logica e l'esperienza che ne segue stanno alla radice della libertà di fronte alle trappole della ricchezza materiale, di qualunque natura si tratti.

Mi rendo conto che la questione è molto delicata, ancor più delicata se appena consideriamo che la società occidentale educa i figli alla dipendenza quasi assoluta dalle comodità e dalle ricchezze: il fenomeno dello status symbol - quel particolare tipo di telefonino, quel particolare modello di scarpe, quella particolare marca di jeans... - è paradigmatico.

Come è già stato più volte rilevato, secondo il comune modo di sentire, non c'è più nulla di superfluo, tutto è diventato necessario, dunque non se ne può più fare a meno...

In questo aspetto, il Vangelo risulta una proposta sempre più astratta e lontana dalla nostra sensibilità, soprattutto quando la Chiesa stessa non solo asseconda, ma addirittura incarna a modo suo il modello del prete-manager al passo coi tempi, dell'umanità autosufficiente, a cui non manca niente e che non ha più bisogno di niente... forse neanche di Dio.

È facile cadere in facili populismi, ignoranti quanto inutili... Ma su questo tema dobbiamo sempre mantenere alto il livello della nostra attenzione! Troppo insidioso il rischio di peccare gravemente di ipocrisia, tanto stigmatizzata da Gesù, ogni volta che si rivolge ai custodi della fede, ai capi religiosi, ai sommi sacerdoti...

Una Chiesa ricca, e non solo di soldi, perde la propria autorevolezza. E senza autorevolezza, l'autorità si riduce a un potere (del principe) di questo mondo, le relazioni degenerano in rapporti di forza, la liturgia scade in una celebrazione sterile dei (passati) fasti umani e smarrisce la sua principale valenza di autorivelazione di Dio.

Quando Dio viene escluso e l'uomo assurge a protagonista principale della liturgia, questa si svilisce a un patetico e inutile sfoggio di eloquenza, si carica di enfasi accademica, se-duce, forse, ma non conduce più da nessuna parte; tantomeno (conduce) all'incontro con Cristo.


"In pace mi corico e subito mi addormento;

Tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare."

Salmo 4

 

Ricerca avanzata  (53942 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: