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TESTO Primi posti

Paolo Curtaz  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/09/2013)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

La porta stretta di cui parlava Gesù domenica scorsa viene oggi descritta con una serie di esempi ironici ed esigenti, nati dall'osservazione dei vizi di sempre.

Non è facile mettere in sintonia la propria fede col proprio comportamento e se è vero, come dico spesso, che la fede non si riduce all'osservanza di un codice di comportamento, è altresì vero che se incontro davvero il Cristo la mia vita si orienta, cambia, evolve.

Tutti si accorgono se il proprio collega si è innamorato, i suoi gesti cambiano!

Siamo chiamati, ancora una volta, a vivere da salvati, senza mettere il comportamento come metro di giudizio, ma attingendo continuamente alla verità del vangelo per purificare il nostro cuore e i nostri atteggiamenti.

Star

Gesù annota il vizio diffuso tra alcuni suoi contemporanei, personaggi influenti della politica e della classe sacerdotale, di mettersi in mostra, di amare una visibilità eccessiva, di anelare al protagonismo a tutti i costi.

Certo, la visibilità, per le persone che rivestono un determinato ruolo, è inevitabile; ciò che Gesù ridicolizza è l'atteggiamento spocchioso di chi pensa di essere importante, di chi usa come metro di giudizio l'apparire senza l'essere.

La mente, ahimè, corre alla crisi di astinenza di visibilità che travolge la nostra società massificata. Veline e grandi fratelli sono il termometro dell'inquietante fenomeno dell'assenza di visibilità delle persone, del bisogno parossistico di esserci, di mostrarsi, di contare qualcosa in questo mondo di superuomini e superdonne.

Lo vedo, negli occhi dei nostri fragili adolescenti, il terrore di non essere riconosciuti, di non esistere, in questo strampalato mondo di adulti in cui conta solo ciò che si vede, ciò che appare. Allora, davanti alle telecamere, finiamo con l'essere tutti identici, tutti simili a ciò che pensiamo possa piacere, e il delirio dei "reality show" fa diventare gigantesca e dannosa psicanalisi collettiva, sottoposta al giudizio del pubblico, la dimensione della fragilità che abita ciascuno di noi.

Quest'estate, steso a scaldarmi le ossa in una spiaggia italiana, sono rimasto (ingenuamente) turbato dalla pila di riviste scandalistiche a disposizione sul tavolino del gestore. Mentre sfogliavo alcune pagine di un saggio (Un eremo non è un guscio di lumaca, di Adriana Zarri), pensavo a tutte le persone che incontro, alle loro tragedie, i loro desideri, alla profondità delle relazioni che intesso e sentivo una distonia totale con la pessima abitudine di semplificare, sbattere in prima pagina, commentare, giudicare.

Così come sono rimasto colpito, durante un pranzo del viaggio che ho appena concluso in Turchia, della riflessione di alcuni pellegrini che mi dicevano la fatica che fanno quando fanno pranzo di lavoro senza dire nulla di vero e profondo...

Moralismi

Sei quel che appari, vali se ti si nota, sopravvivi se finisci in qualche metro di pellicola come comparsa di uno dei talk show di successo.

Il dramma è che qualcuno ci crede, che pensa che sia quella la strada, che l'origine della propria insoddisfazione consiste nell'invisibilità. Peggio: il mondo senza Dio si scopre esigente, moralista, spietato nei giudizi, intransigente (con gli altri).
Aiuto!

Vai dentro

Ma, grazie a Dio, Gesù ci dona un messaggio opposto: non hai bisogno di mostrarti, di apparire, tu vali. L'autostima che nasce nel tuo cuore non è misurata dalle tue abilità, no, ma dal fatto che sei pensato, voluto e amato dal tuo Dio.

Tu vali, questo è il messaggio della Scrittura, sei prezioso agli occhi di Dio.

Non importa il tuo limite, né la misura della tua paura. Non importa cosa gli altri pensino di te: tu vali, sei prezioso agli occhi di Dio. Perciò non hai necessità di ostentare, di cercare ossessivamente una visibilità che il mondo ti nega o riserva a pochissimi eletti.

Tu vali, anche se non vincerai mai nessuna medaglia d'oro e la tua piccola vita si perderà nei ricordi di una generazione.

Tu vali, non svendere la tua dignità, coltiva il dentro e se coltivi il fuori, e coltivalo, che sia sempre e solo trasparenza del dentro.

I tuoi limiti? Un recinto che delimita lo spazio in cui realizzarti.

I tuoi peccati? Esperienza della finitudine e della libertà ancora da purificare, da accogliere da adulto e da mettere nelle mani di Dio.

Non hai bisogno di metterti ai primi posti: solo Dio conosce il tuo cuore, lo conosce più di quanto tu lo conosca, non lasciarti travolgere dai falsi profeti del nostro tempo.

Umiltà
Umiltà, dunque.

Coltiviamo la virtù della modestia e dell'umiltà, virtù preziosa agli occhi degli uomini, che ci spiana la strada per incontrare Dio.

Umiltà: difficile equilibrio fra la conoscenza del proprio limite e la grandezza delle cose che Dio opera in noi.

La persona che sostiene di non valere niente, di essere ignobile e disprezzabile, commette un grave peccato di fronte a Dio, non è umile, ma depresso!

La persona che nasconde le proprie fragilità dietro l'ipocrisia di un'immagine di sé eccessiva e distorta, costruisce la sua autostima su fragilissime basi.

Il discepolo che ha conosciuto la misura dell'amore di Dio, invece, accoglie con gioia le proprie capacità, le mette a servizio del Regno, loda il Signore per i tanti doni che gratificano la sua vita e che ha imparato a riconoscere. Conosce anche la misura della propria fragilità, e non se ne preoccupa, ma la affida al Signore con immensa tenerezza, sapendo che nella propria fragilità si manifesta pienamente la gloria di Dio.
Uomini e donne luminosi.

Così facendo, credetemi, la nostra vita si trasfigura. Anche le inevitabili difficoltà della vita finiscono col diventare occasione di crescita, se affrontate con senso della misura e del relativo. Solo Dio conta, solo la presenza del Maestro resta il centro della nostra vita.

A questo punto, vi interessa davvero prendere i primi posti?

Clicca qui per guardare il video del commento di Paolo Curtaz per la stessa domenica

- Restiamo in contatto: www.tiraccontolaparola.it: www.paolocurtaz.it: www.zaccheo.org. Buona estate!

Libri di Paolo Curtaz

 

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