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TESTO La lezione di fondo

padre Gian Franco Scarpitta  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2004)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

"Peccati non ne ho; non uccido, non rubo, vado a Messa la domenica, prego e mi confesso...." Questo è quello che si sente dire tante volte da parte dei penitenti che presenziano i nostri confessionali, nella certezza di aver realizzato un buon esame di coscienza e di fare adesso un'accurata accusa delle proprie colpe. Ma non appena il confessore rivolge loro qualche domanda, ecco che vengono a galla innumerevoli peccati commessi in modo grave contro il prossimo e per ciò stesso contro il Signore; e affiorano delle colpe che all'inizio si erano nascoste tante volte per presunzione o falso orgoglio, oltre che per ignoranza su quello che il sacramento della Penitenza comporti. Così capita anche al sottoscritto, che, recandosi anche in vari punti d'Italia per la predicazione, si trova ad ascoltare in più parti parecchie confessioni sacramentali. E in casi come quello appena descritto è mio punto di vista personale che si debba insistere innanzitutto sulla certezza che la presunzione di non avere dei peccati sulla coscienza è peccato già in se stesso; quindi invitare il penitente a prendere coscienza dei propri limiti; richiamarlo al pentimento e alla contrizione e invitarlo alla debita responsabilità per il futuro: una volta assolto, Lei deve almeno tentare di non ripetere più gli stessi errori. Finora è avvenuto, in questi casi, di aver ottenuto sempre un certo successo in merito alla catechesi sul vero senso del Sacramento della Penitenza, ma qualora mi dovesse capitare di dover negare l'assoluzione in presenza di cocciuta ostinazione o giustificazione del proprio peccato, non nascondo che lo farei senza riserva né ritrosia alcuna: in questi casi si mostra di aver infatti confuso il cristianesimo con il bigottismo, secondo una concezione per cui la Confessione sia nient' altro che una... "abilitazione" automatica a ricevere la Comunione e quel che è peggio si esterna la presunzione e il falso orgoglio di essere perfetti e di possedere dei meriti che non si hanno. Che faccia tosta, quella di volersi avvicinare al confessionale giusto il tempo per ricevere... "l'acido muriatico" dell'assoluzione, prendere la Comunione per poi tornare a peccare secondo le abitudini di sempre! E non sono rari i casi in cui le persone interessate da siffatta sfacciataggine siano proprio quelle che frequentano sempre la Chiesa, partecipando ai pellegrinaggi, ai vari gruppi di preghiera e magari pretendendo di insegnare agli altri il retto vivere cristiano...

Invece, come è stata entusiasmante quella esperienza in cui mi trovai a confessare un detenuto per camorra (reo di parecchi misfatti) in libertà vigilata, che avrebbe dovuto celebrare la domenica seguente il suo anniversario di Matrimonio! Basti pensare che inizialmente esitava un po' ad avvicinarsi al sacerdote per la confessione, non già perché non volesse farlo, ma perché... "oggi è Venerdì e di qui a Domenica potrei commettere un qualche peccato e vanificare la confessione, prendendo la comunione illecitamente." (!!) E' soltanto uno dei tanti esempi di come parecchia gente, mentre si considera indegna di Dio e immeritoria del perdono e dei divini benefici, abbia invece già ottenuto dal Signore sia l'uno che gli altri per il fatto che si è pentita sinceramente, non importa quale sia stata l'entità o la natura del peccato commesso... Abbiamo detto parecchie volte – e non ci smentiamo.- che Dio è atto a riconciliare a sé l'uomo peccatore, chiamandolo a nuova vita ed è disposto pertanto al perdono incondizionatamente; tuttavia non è cosa meno importante il fatto che noi si debba sempre avere l'umiltà di ammettere le nostre colpe, nutrire contrizione e dolore, ravvedimento nonché il proposito di non peccare più (proposito, non promessa). E tante volte tutte questi requisiti si verificano nelle persone solitamente lontane dai Sacramenti, del tutto ignare di teologia o materia religiosa, molte volte oggetto di critiche e/o rimproveri da parte dei cosiddetti "giusti", che vantano una presunta perfezione per il solo fatto che si accostano ai Sacramenti.

Quindi, la parabola odierna abbastanza attuale, e di per sé non abbisogna di ulteriori commenti o approfondimenti teologici. Basti pensare che il fariseo era un membro della famosa classe dell'epoca intenta a studiare e conoscere Legge senza tuttavia mai metterla in pratica; il pubblicano era invece uno degli addetto alla riscossione dei tributi e dei gabelli, famosi per i raggiri con cui trattenevano parte del denaro per se stessi con la scusa dell'erario di Roma. E del tutto ignoranti sulla Parola di Dio. Il primo, proprio mentre è in orazione, sta commettendo un peccato grave perché giudica il secondo; il secondo mentre prega, ammette i suoi peccati e chiede perdono al Signore con sincero reale pentimento. Chi può mai giustificare (cioè perdonare) il Signore fra i due?

Ma la lezione di fondo che la liturgia odierna tende a comunicarci è quella relativa all'umiltà e alla fuga dalla vanagloria: se anche si posseggono dei meriti e delle qualità siamo tuttavia "servi inutili" e per niente indispensabili davanti a Dio. In secondo luogo, perché considerarci giusti e perfetti quando il cammino di perfezione non è cosa mai raggiunta nella vita? La conversione è infatti un processo vitale che non si esaurirà se non al momento della morte e sempre avremo di che rimproverarci quanto alle imperfezioni davanti a Dio. Inutile allora che additiamo le colpe degli "ingiusti", quando noi potremmo esserlo più di loro! In terzo luogo, per quanto malvagio e peccatore possa essere, noi non possiamo ritenerci legittimati ad esternare giudizi o condanne verso il fratello, in quanto che proprio il giudizio avventato costituisce di per sé già una colpa suscettibile di condanna; in altre parole, giudicare è già peccato, soprattutto perché nessuno se non il solo Dio conosce a fondo la reale situazione del nostro fratello e per questo solo Lui è in grado di esprimere il giudizio più adeguato. Volerci ergere a giudici degli altri vuol dire invece collocarci al di sopra dello stesso Dio, come del resto afferma anche San Giacomo (Se tu giudichi il fratello, giudichi la Legge).

Ma la considerazione più importante sulla quale occorrerebbe che ci soffermassimo di più, ci viene offerta dalla Prima Lettura dal Siracide, che nel suo insieme descrive una certezza di fondo: nel trattare gli uomini, Dio non sia avvale dei nostri miserandi criteri di giudizio e di valutazione, che molte volte mirano a giustificare errori e legittimare false interpretazioni del Vangelo che inducono alla discriminazione fra uomo e uomo e al compromesso; collocandoci dalla sau prospettiva occorre prescoindere dalla nostra. Egli non è affatto di parte e non ha alcuna preferenza nel concedere privilegi e benefici se non verso gli umili, i mansueti i poveri e gli abbandonati e per estensione verso tutti coloro che esercitano il senso della giustizia e della retttitudine di coscienza, non senza gli scherni e le derisioni da parte degli altri. Se verso tali categorie di persone noi si è soliti usare indifferenza e discriminazione e nella società si è soliti emarginare le persone eticamente fondate e corrette nell'agire, da parte di Dio vi è invece predilezione per costoro, e tale predilezione la si vedrà effettiva quando Egli abbatterà noi per esaltare loro. Come non potrebbe pertanto prediligere e amare il peccatore che desidera cambiare vita in conseguenza dell'ascolto della Sua Parola?

 

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