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TESTO Sei un tesoro

don Alberto Brignoli  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/08/2013)

Vangelo: Lc 12,32-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Forma breve (Lc 12,35-40):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Il brano di Vangelo di quest'oggi apparentemente può crearci una certa confusione. Ad un primo sguardo, infatti, non si può certo dire che brilli di unitarietà. Dall'esortazione iniziale a rinunciare alle ricchezze per essere parte del Regno dei Cieli si giunge all'affermazione per cui chi è chiamato ad amministrare le cose di Dio è chiamato a una responsabilità maggiore rispetto a chi invece da Dio queste cose le ha ricevute gratuitamente in dono. Cosa c'entrino tra di loro le due affermazioni, non è facile comprenderlo: se poi guardiamo al tema centrale del brano, che invita alla vigilanza per la venuta improvvisa del Signore, ci sembra di essere già entrati nel periodo di Avvento con quattro mesi di anticipo...

Come pure ci sembra di non cogliere il nesso tra questa parte centrale e le altre due periferiche. Ma se è vero, come lo è, che nell'esegesi di un testo biblico ciò che è contenuto tra due parentesi - una iniziale e una finale - costituisce un messaggio di una certa importanza mai disgiunto dalle due, significa che il senso profondo della Liturgia della Parola di questa domenica sta racchiuso nelle tre piccole parabole centrali (quella del padrone che torna tardi dalle nozze, quella del ladro che colpisce all'improvviso e quella dell'amministratore fedele). Se c'è un filo logico che le lega è quello della vigilanza e della prontezza: non - come avviene in Avvento - in senso "escatologico", cioè di tensione verso il Signore che viene all'improvviso nella nostra vita preludendo alla sua venuta alla fine dei tempi, ma nel senso di essere pronti a cogliere l'urgenza del Regno, cioè il nostro rapporto di fiducia con il Maestro.

Ovvero, si tratta di comprendere una cosa molto semplice: così come nella nostra vita, scoprendo ciò che ci rende più felici, facciamo di tutto pur di averlo con noi, allo stesso modo, quando abbiamo compreso che ciò conta nella nostra vita di credenti è il Signore, dobbiamo avere la prontezza di "portare a casa" questo tesoro. Perché dov'è il nostro tesoro, lì sarà pure il nostro cuore, il senso della nostra vita.

Pensiamo a quante volte, nella nostra esistenza, abbiamo incontrato persone talmente importanti per noi e a cui abbiamo voluto talmente bene che siamo giunti a dire loro, magari con un forte abbraccio: "Sei proprio un tesoro". E come mai a Dio, al nostro Dio, a Colui che ci tratta come un Padre e ci da tutto, spesso non riusciamo a dire "Sei il mio tesoro"? Forse perché non riusciamo a confidare in lui così pienamente come confidiamo in noi stessi e nelle persone che ci stanno accanto?

Ecco dove vuole arrivare, alla fine, l'insegnamento di Luca di quest'oggi: nella vita, possiamo avere molti punti di riferimento, molte persone e molte cose che per noi rappresentano una sicurezza. Ma nessuna di esse sarà mai come il nostro Padre celeste. Per comprendere questo messaggio rileggiamo il meraviglioso capitolo 12 del Vangelo di Luca.

Non saranno certo le nostre capacità di calcolo e di risparmio, e nemmeno i progetti e i buoni propositi che facciamo per il futuro a darci una sicurezza: la vanità del nostro affannarci sotto il sole e la fragilità della nostra vita, che può terminare in qualsiasi istante (è il messaggio delle letture di domenica scorsa) rischiano di mandare in fumo qualsiasi proposito, buono o meno che sia.

Non saranno certo le preoccupazioni per il domani a dare un senso al nostro esistere: gli uccelli del cielo e i fiori del campo non lavorano e non si dannano come noi, eppure Qualcuno provvede loro e dà senso anche al loro esistere.

Ancor meno - e Luca è maestro, in questo - saranno i beni materiali accumulati a darci una sicurezza: la ruggine che li consuma (oggi diremmo la svalutazione o la crisi finanziaria) e l'ansia di doverli difendere dai ladri che di certo non avvisano prima quando vengono a rubarci in casa creano molta più tensione e insicurezza che serenità. Non è una novità che chi vive nella ricchezza ha l'ansia di dover difendere dai poveri (che lui a volte ritiene ladri e cattivi) ciò a cui i poveri spesso nemmeno pensano.

Perché i poveri, nel vangelo di Luca, sono e hanno un altro tesoro: possiedono Dio come unica ricchezza e contemporaneamente ne costituiscono il tesoro. Al punto che di fronte a Dio hanno un nome e una dignità che il ricco non ha: quando giungeremo al capitolo 16, Luca ci sconvolgerà con la parabola del ricco e del povero Lazzaro.

Ma continuiamo con il brano di oggi. C'è un'altra sicurezza, ma nemmeno questa conta, se paragonata con il tesoro di Dio: ed è la sicurezza del potere e dell'autorità. Non saranno certo i nostri titoli di studio, le nostre capacità professionali o le nostre più o meno eccellenti cariche a rappresentare il tesoro della nostra vita: di fronte a Dio, siamo tutti servi, e nei suoi confronti non possiamo certo avanzare altre pretese. Dobbiamo servirlo e basta. Anche se arrivasse tardi a casa, anche se ci sembra troppo stare svegli ad attenderlo quando torna dalla festa di nozze. Anche - e soprattutto - quando vorremmo abusare dell'autorità che ci affida sugli altri e ci permettiamo di fare degli altri quello che vogliamo, come se gli altri servissero ai nostri biechi progetti di potere.

E questo non è così scontato e pacifico da accettare per chi esercita un'autorità nella comunità dei credenti, se già allora Pietro si rivolge al Signore chiedendogli se pure loro (i Dodici) sono tenuti ad entrare nell'ottica del servizio e della vigilanza.

Come "uomo del clero", provo un senso di vergogna di fronte a questa domanda così meschinamente umana di Pietro: noi cerchiamo sempre di tirarci fuori da un'ottica di servizio e di sottomissione, perché il Signore a noi ha dato una responsabilità, ci ha affidato il suo gregge. Già, è vero, ci ha affidato il suo popolo, come a degli amministratori: proprio per questo, allora, è tenuto a chiedere a noi molto più che agli altri... perché "a chi fu affidato molto sarà richiesto molto di più".

Del resto, di cosa vogliamo lamentarci, se ciò che chiamiamo "Tesoro" nella nostra vita non è l'abbraccio di una persona amata e che ci ama, ma è un Dio che ai suoi amici e servi fedeli prepara un banchetto, e passa a servirli, e si toglie le vesti, si cinge i fianchi, e lava loro i piedi?

Sei un Tesoro, Maestro: e in te, e grazie al tuo esempio, ogni fratello da amare e che ci ama diventa un Tesoro grande!
E se povero, molto meglio!

 

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