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TESTO Commento su Genesi 18,20-32; Salmo137; Colossesi 2,12-14; Luca 11,1-13

mons. Vincenzo Paglia  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/07/2013)

Vangelo: Gn 18,20-32; Sal137; Col 2,12-14; Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Introduzione
Grazie alle letture bibliche, oggi la Chiesa ci insegna quello che significa la preghiera e come bisogna pregare. Il racconto dell'intercessione di Abramo in favore delle città depravate di Sodoma e Gomorra (Gen 18,20-32: 1a lettura) dimostra che i castighi di Dio non sono la conseguenza di una predestinazione irrevocabile. L'intercessione degli uomini che conoscono l'amore di Dio è capace di risvegliare la sua misericordia.
San Luca ci riporta una serie di insegnamenti di Gesù su come bisogna pregare. Gesù invita innanzitutto a pregare, per qualsiasi richiesta, con fiducia, ed assicura ad ognuno che tutte le preghiere sincere saranno esaudite: "Chiunque chiede ottiene; chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa". Poi Gesù dice che un padre terreno dà solo buone cose ai suoi figli e non vuole ingannarli. Come potrebbe Dio, il migliore dei padri, mandarci qualcosa di cattivo quando noi suoi figli gli chiediamo il suo aiuto?
La parabola dell'uomo che sollecita il suo amico è basata sulla regola del rilancio: se un amico terreno non è capace di mandare via colui che è venuto per pregarlo, anche se chiede il suo aiuto nelle peggiori circostanze, a maggior ragione Dio - che è il nostro migliore amico - esaudirà le nostre preghiere! Tanto più che noi per lui non siamo mai importuni.
Tutto questo trova la sua espressione più convincente nella preghiera che il Signore insegna ai suoi discepoli. Se abbiamo fatto nostra la preoccupazione di Dio: cioè che il suo nome sia conosciuto e riconosciuto e che il suo regno venga nel mondo, egli stesso farà sue le nostre preoccupazioni. La preghiera del Signore è il riassunto di tutto il Vangelo. Ed è per questo che è il fondamento e il cuore di tutta la preghiera umana.
Omelia
Il vangelo della XVII Domenica del Tempo Ordinario comincia con queste parole: "Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Ed egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno".
Cosa diventava il volto e tutta la persona di Gesù quando era immerso in preghiera, lo possiamo immaginare dal fatto che i discepoli, solo vedendolo pregare si innamorano della preghiera e chiedono al Maestro di insegnare anche a loro a pregare. E Gesù li accontenta, come abbiamo sentito, insegnando loro la preghiera del Padre nostro.
Anche questa volta vogliamo riflettere sul vangelo ispirandoci al libro di papa Benedetto su Gesù. "Senza il radicamento in Dio, scrive il papa, la persona di Gesù rimane fuggevole, irreale e inspiegabile. Questo è il punto di appoggio su cui si basa questo mio libro: esso considera Gesù a partire dalla sua comunione con il Padre. Questo è il vero centro della sua personalità".
I vangeli giustificano ampiamente queste affermazioni. Nessuno può contestare dunque storicamente che il Gesù dei vangeli vive e opera in continuo riferimento al Padre celeste, che prega e insegna a pregare, che fonda tutto sulla fede in Dio. Se si elimina questa dimensione dal Gesù dei vangeli non resta di lui assolutamente niente.
Da questo dato storico deriva una conseguenza fondamentale e cioè che non è possibile conoscere il vero Gesù se si prescinde dalla fede, se ci si accosta a lui da non credenti o atei dichiarati. Non parlo in questo momento della fede in Cristo, nella sua divinità (che viene dopo), ma di fede in Dio, nell'accezione più comune del termine. Molti non credenti scrivono oggi su Gesù, convinti che sono essi a conoscere il vero Gesù, non la Chiesa, non i credenti. Lungi da me (e, credo, anche dal papa) l'idea che i non credenti non abbiano diritto di occuparsi di Gesù. Gesù è "patrimonio dell'umanità" e nessuno, neppure la Chiesa, ha il monopolio su di lui. Il fatto che anche dei non credenti scrivano su Gesù e si appassionino di lui non può che farci piacere.
Quello che vorrei mettere in luce sono le conseguenze che derivano da un tale punto di partenza. Se si nega o si prescinde dalla fede in Dio, non si elimina solo la divinità, o il cosiddetto Cristo della fede, ma anche il Gesù storico tout court, non si salva neppure l'uomo Gesù. Se Dio non esiste, Gesù non è che uno dei tanti illusi che ha pregato, adorato, parlato con la propria ombra o la proiezione della propria essenza, per dirla con Feuerbach. Ma come si spiega allora che la vita di quest'uomo "ha cambiato il mondo"? Sarebbe come dire che non la verità e la ragione hanno cambiato il mondo, ma l'illusione e l'irrazionalità. Come si spiega che quest'uomo continua, a distanza di duemila anni, a interpellare gli spiriti come nessun altro? Può tutto ciò essere il frutto di un equivoco, di un'illusione?
Non c'è che una via d'uscita a questo dilemma e bisogna riconoscere la coerenza di coloro che (specie nell'ambito del californiano "Jesus Seminar") l'hanno imboccata. Secondo costoro Gesù non era un credente ebreo; era nel fondo un filosofo nello stile dei cinici; non ha predicato un regno di Dio, né una prossima fine del mondo; ha solo pronunciato massime sapienziali nello stile di un maestro Zen. Il suo scopo era di ridestare negli uomini la coscienza di sé, convincerli che non avevano bisogno né di lui né di altro Dio, perché loro stessi portavano in sé una scintilla divina. Sono però? guarda caso - le cose che va predicando da decenni New Age!
Il papa ha visto giusto: senza il radicamento in Dio, la figura di Gesù rimane fuggevole, irreale, io aggiungerei contraddittoria. Non credo che ciò debba intendersi nel senso che solo chi aderisce interiormente al cristianesimo può capire qualcosa di esso, ma certo dovrebbe mettere in guardia dal credere che solo ponendosi al di fuori di esso, fuori dei dogmi della Chiesa, si possa dire qualcosa di oggettivo su di esso.

 

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