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TESTO Commento su Luca 10,38-42

fr. Massimo Rossi  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/07/2013)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Per molto tempo, questa pagina di Vangelo è stata utilizzata per distinguere la vocazione alla vita contemplativa, da quella alla vita attiva, manifestando, non troppo implicitamente per la verità, il valore maggiore della prima. In realtà non si tratta di due vocazioni distinte, bensì della vocazione cristiana tout court, all'interno della quale, il livello spirituale fa la differenza rispetto ad ogni altro stato di via. In altri termini, la scelta cristiana trae la sua sostanza, la sua verità, proprio dalla (sua) dimensione contemplativa. La relazione con Dio deve essere alimentata, dedicandovi tempo ed energie, affinché anche le relazioni umane vengano fecondate da questa e ricevano il loro imprinting cristiano.

In questo modo potremo rassicurare la nostra coscienza che il bene che facciamo è manifestazione di autentica carità e non soltanto solidarietà umana, filantropia... atteggiamenti nobilissimi, sia ben chiaro - bisogna portar rispetto a coloro che non credono in Cristo, ma fanno del bene -, tuttavia non sono ispirati dalla fede e non realizzano i due relativi comandamenti: amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze; amerai il prossimo tuo come te stesso.

Ritorna l'annosa questione del valore di una fede che non sia anche celebrata, una fede autonoma dalla pratica religiosa: siamo quasi al termine dell'Anno della Fede, dovremmo ormai aver tutti capito che la fede cristiana non è vera fede senza la pratica religiosa.

La vita spirituale ha bisogno come l'aria che respiriamo, di preghiera privata e di preghiera comune - l'una non sostituisce l'altra! -, di Lettura privata della Parola di Dio e di ascolto della stessa Parola, proclamata in assemblea nei giorni di festa; soprattutto (la vita spirituale) ha bisogno di sacramenti, di liturgia; la liturgia non è soltanto l'incontro domenicale con il Signore risorto; la liturgia è una vera e propria palestra di vita, nella quale esercitiamo l'arte del credere e con la quale impariamo i sentimenti che furono di Cristo e sottoscriviamo l'impegno a viverli, di ritorno nelle nostre case, ai nostri affetti, al nostro lavoro, così come Egli li ha vissuti.

Caterina da Siena, laica domenicana, forse il più sublime esempio di radicalità cristiana, di fede vissuta nel mondo, dichiarava di trovare Dio anche fra le pentole della cucina... Tuttavia Caterina non tralasciava mai l'appuntamento quotidiano con il Cristo-Eucaristia, con il Verbo rivelato, alla cui fonte si abbeverava, senza mai riuscire a saziarsi: sto parlando di una donna che favorì il ritorno del Papa a Roma, dopo l'esilio di Avignone; una donna che esortava i Cardinali a diventare sempre più e sempre meglio uomini di Dio; una donna che condusse missioni politiche, diplomatiche e spirituali decisive per ristabilire la pace tra la Chiesa di Roma e i Regni europei... Nonostante questo impegno, di una tale vastità da far tremare i polsi ai più grandi statisti del suo tempo, e non solo, Caterina non trascurò mai la parte migliore, e Gesù non gliela negò mai, anzi, premiò quella ragazza analfabeta con il dono delle stigmate - invisibili -, il sigillo più perfetto del discepolato cristiano.
Donne!

Chissà perché il Vangelo coniuga la contemplazione al femminile? Sappiamo che la vocazione religiosa femminile fu per molti secoli esclusivamente contemplativa, cioè di clausura; per questo Caterina non scelse la vita comune consacrata... Le congregazioni femminili dedite al servizio sociale e alla missione nei continenti di nuova evangelizzazione, risalgono all'800.

Torniamo alla domanda: come ho già avuto modo di rilevare, ogni comportamento religioso, ogni manifestazione della fede possiede aspetti femminili più che maschili; fin dall'antichità più remota, esiste un codice di comportamento, non sempre scritto, ma certamente iscritto nel DNA, in base al quale l'educazione religiosa era, è impartita in casa dalla madre e dalla nonna; nell'antica Grecia, nella Roma imperiale, tutto ciò che aveva a che fare con la ritualità religiosa domestica era affidato alle donne. L'uomo aveva un approccio al sacro più intellettuale, meno emotivo, meno fisico.

Era dunque pacifico annoverare la religione tra i sentimenti, la parte femminile dell'umano; la ragione, il ragionamento corrispondevano invece alla parte maschile... Uno stereotipo non più condivisibile, oggi; ma in antico, nessuno aveva pressoché nulla da obbiettare...tranne pochi outsiders come Caterina.

Beh, maschile, o femminile che sia - vedetela come più vi piace - la fede è il cibo dello spirito, la parte migliore, come dice il Vangelo, di cui non possiamo assolutamente fare a meno!

E visto che ho citato gli stereotipi, sarà forse utile liberarci, anche noi, di alcuni stereotipi; uno di essi è legato proprio a termini come contemplazione, contemplativo, etc.

Sarà che il motto dei Domenicani è "contemplari et contemplata aliis tradere" - la traduzione italiana non è difficile -, ma noi, frati Predicatori, siamo letteralmente tormentati da questa pagina di san Luca... Oddio, non è che ci perdiamo il sonno...! Anche noi, figli di san Domenico, abbiamo operato qualche aggiustamento, che è poi un modo elegante di chiamare il compromesso. Anche noi dobbiamo fronteggiare il rischio insidiosissimo della deformazione professionale e, peggio ancora, del professionalismo: fare, cioè, della vita di fede uno strumento di lavoro; e come ogni lavoro, anche il nostro ha un monteore giornaliero, dopodiché anche noi chiudiamo l'ufficio e ce ne torniamo finalmente a casa.

Nostro malgrado, la nostra casa è la chiesa, è il convento... Non si può andare a casa dalla fede! Se non contempliamo il mistero di Dio, che cosa annunciamo al mondo degli uomini? Senza la contemplazione, la missione sarebbe come un corpo senza testa, o senza cuore, un albero senza radici, un sole freddo... chiudo perché sto già rasentando la retorica. Ma voi avete capito.

Finché avremo fede, il nostro annuncio sarà vitale e concreto. Senza fede, l'annuncio si corrompe, riducendosi a una impersonale esposizione di concetti astratti.

Al contrario, Cristo è spirito, carne e sangue, quanto di più lontano si possa concepire da una dottrina, da un compendio di concetti astratti.

Pregate per noi! per noi che un giorno abbiamo creduto di capire quale fosse la parte migliore, abbiamo creduto di sceglierla, e siamo ancora convinti di averla trovata...
Che non restiamo confusi in eterno.

"Spogliato
della rassicurante gloria dell'io,
trovo, nudo, la mia realtà..."

Billy Brown

 

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