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TESTO L'arte dell'ospitalità

mons. Roberto Brunelli

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/07/2013)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

L'arte di ospitare: potrebbe essere questo il tema delle letture di oggi. La prima (Genesi 18,1-10) narra di Abramo che senza rendersene conto accoglie con ogni premura il suo Dio, ed è ricompensato con la nascita del tanto atteso figlio. Il vangelo (Luca 10,38-42) presenta Gesù a Betania, in casa di Lazzaro (l'amico che poi risuscitò), accolto dalle sue sorelle Marta e Maria. Entrambe onoratissime di riceverlo, entrambe preoccupate di offrirgli una degna accoglienza, lo manifestarono però in modo diverso: Marta si fece in quattro nei lavori domestici (possiamo immaginarla indaffarata a riordinare la casa, cucinare, imbandire la mensa); Maria invece si assunse il compito di tenergli compagnia: "Sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola". Comodo, deve aver pensato la prima, la quale se ne lamentò: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Richiesta ragionevole, a prima vista; non però agli occhi di Gesù, il quale ne profittò per lasciarci un insegnamento di perenne validità: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta".

Taluni hanno inteso l'episodio come una contrapposizione tra l'azione concreta, anche buona, e l'ascolto, la meditazione, la preghiera; insomma tra la vita attiva e la vita contemplativa, tra il fare e il pensare, concludendo che Gesù privilegia il secondo. Quando nel Settecento i governi cominciarono a sopprimere i monasteri incamerandone i beni, la motivazione formalmente addotta fu che i monaci e le monache, ritenuti impegnati solo nella preghiera, erano inutili perché privi di una funzione sociale. Quando poi soppressero anche i frati, le suore e le confraternite di laici pur se accanto alla preghiera svolgevano svariate opere di carità, il vero intento divenne palese: indebolire la Chiesa, privandola di uomini e mezzi. Ma quelle decisioni nascevano anche da una motivazione che tuttora qualcuno condivide: l'uomo, dotato di ragione, opera bene, anche a beneficio di altri, senza bisogno di "perdere tempo" a pregare.

Una tale fiducia nell'uomo, capace da solo di vivere rettamente, è contraddetta in modo clamoroso dalle cronache quotidiane e dalla comune esperienza. Il male dentro e intorno a noi non lo possiamo vincere da soli; tutti abbiamo bisogno di quell'aiuto che unicamente Dio ci può dare. E ce lo dà, tanto quanto ci mettiamo in ascolto di lui, in sintonia con lui attraverso la riflessione e la preghiera. Anche il bene (di cui pure siamo capaci), perché non sia semplice frutto delle nostre corte vedute, perché non si risolva in un autocompiacimento, deve essere quello di cui Gesù ha dato l'esempio, deve sgorgare dall'amicizia con lui. Questo dicono le sue parole a Marta: egli non nega il valore di quello che la donna fa; ne contesta l'eccesso e stabilisce la gerarchia dei valori. Essere è più importante che fare. Essere in sintonia con lui è più importante anche del fare, apparentemente, per lui o in suo nome.

Gesù dunque non contrappone vita attiva e vita contemplativa, come se pregare fosse da preferire al servizio del prossimo (del resto, anche nella casa di Betania doveva pur esserci chi preparava la cena). Il richiamo a Marta è a non affannarsi, a non esaurire il suo impegno in cucina; accogliere un ospite non significa soltanto fare cose per lui, ma anche offrirgli la disponibilità del proprio tempo, della propria attenzione. Tanto più se l'ospite è il Signore, che accogliamo, magari con gioia, nella "casa" della nostra vita. Ne va della qualità e dell'efficacia di quello che pensiamo di fare per lui. La vita attiva non dev'essere "altro" da quella contemplativa, ma una sua traduzione, come lui stesso in un'altra circostanza (Luca 11,28) ha sintetizzato: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica".

 

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