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TESTO Compassione

Paolo Curtaz  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/07/2013)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Un papa venuto dai confini del mondo è corso ai confini della nostra Italia (pare che all'inizio avesse chiesto di prenotare il volo su un aereo di linea!) per piangere i tanti morti senza nome che riposano nel piccolo cimitero di Lampedusa, figli abortiti di una società che erige mura di difesa illudendosi di tenere le disperazioni mondiali fuori dalle proprie piccole vite.

Per piangere morti che nessuna piange, di cui nessuno chiede notizia, che hanno lasciato famiglie, miserie e guerre alle proprie spalle.

Per donare loro la compassione che non hanno ricevuto e il cordoglio di cui ogni essere umano avrebbe diritto.

Non prima di averci consegnato un'enciclica breve e forte, scritta a quattro mani con Benedetto, un' enciclica sulla fede nell'anno della fede. Una fede detta e raccontata e poi vissuta e manifesta.
Perché fra il "dire" e il "fare" c'è di mezzo il mare.

Un mare che è diventato un cimitero, quello Mediterraneo, in questo caso.

Ma anche il mare delle nostre piccole e grandi incoerenze.

Piroette

Come avviene al dotto dottore della legge che pone al falegname diventato Rabbì una delle tipiche questioni teologico-morali dell'epoca.

Qual è il primo fra i 613 comandamenti? A tanti erano gonfiate le scarne e asciutte dieci parole che Dio diede a Mosè sul monte nel deserto. Domanda semplice, esigenza reale: saper distinguere il centro dalla periferia, l'essenziale dal relativo. Opera, questa, in cui gli ebrei eccellono e che - ahimè - i cristiani stanno dimenticando a causa della pigrizia mentale e di una sconcertante superficialità globale.
Gesù sa che il dottore sa.

È corretto teologicamente: parla di ereditare la vita dell'Eterno sa bene che non si può meritare...

Sa che la sua fede, però, è ferma al sapere. E lo invita, con rispetto e ironia, a far sfoggio della propria cultura. La risposta è esatta, forte, essenziale, presa dalla Parola di Dio, conclusione di un lungo dibattito fra i rabbini dell'epoca.
Il primo e il secondo tra i comandi sono: ama.

Ama Dio come riesci, esplorando l'ampiezza del tuo limite. Amalo pensandolo ed emozionandoti, amalo perché sei amato. E poi scopriti amato per poter amare gli altri, che da avversari divengono fratelli.
Bene: risposta splendida, un applauso.

Cioè?

Il dottore è basito. Sa e sa di sapere e Gesù gli conferma il suo sapere. Sa ma non ama, sa ma non sa che farsene del sapere, non ha sapore il suo sapere. Tentenna, ondeggia, poi replica: chi devo amare?
Domanda arguta, ovvio.

Molti Rabbì contemporanei di Gesù sostengono che bisogna amare il povero, l'orfano e la vedova, pupilla di Dio. O che bisogna amare tutti. Ma solo tutti coloro che appartengono al popolo di Israele.

Gesù sorride e si guarda nel cuore, là dove Dio abita. E in lui Dio è. Non è presente, è sé.
Il racconto della parabola del samaritano spiazza tutti.

Un tale viene rapinato e ferito, l'unico che si occupa di lui è uno straniero, un extracomunitario, uno che non tira diritto. Altri due scendono dalla capitale, bazzicano il Tempio, uno è prete e l'altro un cantore/lettore. Tirano diritto e fanno bene.

Che ne sanno di chi è quel tale e cosa è successo? E se fosse un regolamento fra bande? E se avesse l'AIDS? E se i briganti tornassero?

(Mi raccontava un barelliere che in certe città se si soccorre un ferito da arma da fuoco bisogna andare calmi: se doveva essere ammazzato è meglio che spiri. Un suo collega è stato picchiato a sangue per avere salvato uno che non doveva essere salvato).
Hanno Dio nel cuore, sulle labbra, fanno discorsi sensati.

Gesù non li biasima, né li condanna: sono figli del loro tempo. E del loro Tempio.
Il prossimo è il samaritano.

Un samaritano che scende per caso. Non va a cercarsi la persona da aiutare, è la vita che ce la mette in mezzo ai piedi continuamente. Il samaritano vede un uomo, non un nemico, non uno dell'altra squadra. Un uomo che ha bisogno. E il suo è anzitutto un bisogno di compassione.
Di patire insieme.
Di condividere.

E Gesù conclude: tu di chi vuoi essere prossimo? A chi vuoi avvicinarti?

Soccorsi e samaritani
Siamo stati pestati a sangue. Tutti.

La vita è così, più o meno faticosa o rigida o dolorosa, ma tutti prima o poi prendiamo qualche bastonata. I cristiani sono coloro che sono stati soccorsi da Cristo, buon samaritano, che ha versato sulle loro piaghe il vino della consolazione e l'olio della speranza e si sono visti portare alla locanda che è la Chiesa.

La Chiesa, come canta la comunità di Colossi, segue il buon samaritano e lo imita, lo considera il Capo, cioè la testa e il principale e cerca di imitarlo.

Animo, discepoli del Nazareno, convalescenti della vita: se avete sperimentato la tenerezza del Signore e la sua consolazione siete resi capaci di consolazione, di leggere la legge nel cuore, di passare dalla norma(lità) all'eccezione, dalla testa al cuore.

Per vedere nel volto del fratello il vostro volto, il volto di Cristo.

No, non cambierà la perversa logica del mondo la visita di Francesco. Continueranno i disperati a morire, qui o dopo. Ma sapranno che esiste un Cristo che li ama.

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