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TESTO Commento Giovanni 13,31-33.34-35

mons. Vincenzo Paglia  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (09/05/2004)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Gli apostoli, dopo la risurrezione, incontrano Gesù ora nel Cenacolo, ora sulla via di Emmaus, ora sul mare di Tiberiade. E' quel che accade anche a noi, di domenica in domenica. Ci ritroviamo assieme infatti per incontrare il Risorto, quello stesso Gesù che aveva detto ai suoi: "Figlioli, ancora per poco sono con voi". Lo incontriamo in questo tempo, mentre tanti pensano sia poco importante e poco utile ascoltare la sua voce. Eppure nel cuore degli uomini ci sono lacrime, lutto, lamento e soprattutto l'affanno del vivere. Chi dimentica di incontrare colui che ha vinto la morte risorgendo alla vita, resta da solo con le sue povere energie, con i suoi poveri sentimenti, magari pieni di autosufficienza; costui viene a scoprire presto l'affanno del vivere, mentre la parte migliore della sua umanità finisce con l'oscurarsi. Basta alzare gli occhi dalla propria piccola vita e guardare verso altre terre per accorgersi di quanta morte, di quanti lutti e lamenti ci sono ancora nel mondo. E noi senza far nulla! Senza dubbio potremmo almeno gridare di più contro lo scandalo di tante ingiustizie e prevaricazioni. Come possiamo essere così indifferenti, quasi ubriachi solo dei nostri problemi, individuali o nazionali? Il credente va incontro al Risorto e invoca un giorno diverso: quel giorno in cui non si levino più lamenti poiché la morte è stata debellata. E' un momento, grave ed esaltante. Quella sera di giovedì, Giuda era appena andato via, e l'atmosfera si era fatta come più serena e familiare: allora Gesù diede loro "il comandamento nuovo". Ogni domenica è così. Il comando che Gesù ci rivolge è un comando "nuovo": "amatevi l'un l'altro come io ho amato voi". "Nuovo", ossia "definitivo", "fondamentale". Quando attorno alla tavola del Signore si cominciano ad ascoltare queste parole e ci si ama come egli ci ha amati, si accende in noi un amore più grande che trascende i nostri abituali confini. Di qui nasce il desiderio di un giorno diverso, migliore, il desiderio della fine di ogni tristezza, di ogni dolore, di ogni potere oscuro. Non è chiesto ai cristiani di costruire la città cristiana; tuttavia, sentiamo una voce che dice: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà "il Dio-con-loro". La vicinanza al Risorto ci tocca e ci trasfigura: il cielo e la terra nuova iniziano quando cominciamo ad amarci come il Signore ci ha amati. E' la trasfigurazione non solo di singole persone, bensì di un gruppo, non importa se piccolo o grande. "E' stato soprattutto la pratica dell'amore – afferma Tertulliano – ad imprimere quasi un marchio di fuoco agli occhi dei pagani: "vedete come si amano" dicono (mentre essi si odiano tra loro) "e come sono pronti a dare la vita l'uno per l'altro" (mentre essi preferiscono uccidersi tra loro). Il comandamento "nuovo" non è solo il distintivo di appartenenza a Cristo, è il volto stesso del Signore risorto che vive in quel piccolo gruppo di poveri discepoli che cercano di metterlo in pratica.

 

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