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TESTO Commento su Giosuè, 1-2a. 15b-27; 1Tessalonicesi 1, 2-10; Giovanni 6, 59-69

don Raffaello Ciccone  

VII domenica dopo Pentecoste (Anno C) (07/07/2013)

Vangelo: Gios 1-2a. 15b-27; 1Ts 1, 2-10; Gv 6, 59-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,59-69

59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Giosuè, 1-2a. 15b-27
Prima delle grandi scelte, Giosuè ritiene che sia necessario ricordare la propria storia di popolo e, quindi, consegnare il racconto della propria esistenza al significato della propria consistenza e valore (Giosuè espone la storia del popolo nei vv.3-15 qui omessi). Conoscere il proprio passato crea unità e progetti comuni, mentre aiuta a capire il proprio cammino e aiuta il popolo a continuare in una linea di coerenza e di responsabilità comune. Ma Giosuè stesso, accompagnando passa passo la strada, il crescere e il maturare di questo popolo si stupisce della fedele assistenza di Dio, diventata spesso drammatica nelle battaglie e nelle lotte, e tuttavia coerente con le promesse fatte in tempi lontani.
Gli anni ed i ricordi si allontanano: l'età di Giosuè ci riporta a fatti di due generazioni indietro (Giosuè muore a 110 anni). Le nuove generazioni (allora le generazioni erano valutate di 40 in 40 anni) stanno dimenticando, mentre Giosuè, «ormai vecchio e molto avanti negli anni» (Gs 23,1), vuole richiamare il destino di questo popolo e la sua origine da Dio. Si sono, infatti, persi o diluiti i ricordi e la vita quotidiana. Le difficoltà di ogni giorno hanno ridotto la stretta adesione alla fedeltà con il Signore. Le culture, attorno, vivaci e promettenti, influenzano in modo continuo verso altri riferimenti. La quotidianità e le attese si stancano di una fedeltà coerente.
Così Giosuè vuole compiere una grande manifestazione di fede e un grande gesto corale di culto: sa che è l'ultimo segno di una unità coesa. Poi le tribù si disperderanno sul territorio. Egli compie il rinnovamento dell'Alleanza che già Mosè, ormai vicino alla morte, aveva celebrato a Moab, prima che il popolo, diretto da Giosuè, passasse il Giordano. Ora, con la medesima celebrazione, nella terra ormai conquistata, al centro del territorio, a Sichem, viene sancita la scelta fondamentale, di cui, a dire il vero, v'è già stato un anticipo (Gs 8,30-35). Dio, per sua scelta, ha posto un'Alleanza e il popolo ha accettato questa protezione. Tutto questo ha permesso di conquistare, da soli, la terra su cui le dodici tribù si sono insediate. L'intervento gratuito di Dio ha aperto gli occhi a tutti: per cui Giosuè, per primo, insieme alla sua gente, s'impegna di "servire il Signore", ovvero di avere il Signore come unico punto di riferimento, religioso, morale. E il popolo? Anche il popolo, a sua volta, accetta di essere destinatario, in prima persona, dei fatti passati di salvezza che si prolungano nella propria storia. E se Giosuè ricorda le conseguenze impegnative, facendo presente che tradire un'alleanza è più grave di non averla mai sancita, il popolo accetta insieme la propria storia e le scelte passate che continuamente si compiono. Il brano comunque svela che si sono infiltrate pratiche di culto idolatrico che Giosuè vuole eliminare. A conclusione è ormai abitudine, anche nell'antichità, lasciare dei segni per i posteri: qui un documento e una stele: il documento che contiene uno statuto ed una legge che si rifà alla legge consegnata da Mosè e l'erezione di una pietra, simile a pietre erette dai patriarchi (Gn12,6; 35,4), in continuità con la fedeltà al Signore liberatore.
1Tessalonicesi 1, 2-10.
Paolo ha ricevuto splendide notizie dalla comunità di Tessalonica che egli, per primo, ha visitato annunciando il Vangelo di Gesù. Vi è rimasto qualche tempo, e tutto sembrava procedere in pace, ma poi sono iniziate le persecuzioni ed egli è drammaticamente fuggito, obbligato, comunque, a restare lontano dalla sua comunità (2,17-3,5). Paolo sa che, all'inizio, l'istigazione alla folla è venuta dai giudei, numerosi ed influenti, che si sono serviti di sfaccendati, contrari puntigliosamente a Paolo e ai neo convertiti. Paolo fugge, ma continua a tenere fisso il suo ricordo a loro, mai dimenticandoli, anzi pensandoli con gratitudine e nostalgia, anche se con apprensione, mentre svolge con coraggio il suo compito di annunciatore ovunque si trovi ad abitare. Finalmente lo raggiungono Silvano e Timoteo. Gli raccontano il cammino della comunità di Tessalonica, gli parlano dei cristiani convertiti, della fedeltà e dei progressi che hanno comunque fatto. Paolo si sente rinfrancato, ringrazia con calore i suoi amici e scrive questa lettera, svelando le sue preoccupazioni, le sue superate paure ed ansie. Egli li ha tenuti "incessantemente presenti davanti a Dio" ed ha coltivato nel suo cuore la certezza della "operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo". E nel bilancio sorprendente Paolo scopre e richiama la loro testimonianza, segno della partecipazione coraggiosa e fedele alla Parola del Signore, che si è tradotta in opere e si è sparsa in un vasto territorio con chiarezza e lucidità, tanto che persino la parola dell'apostolo è stata sostituita dai loro racconti.
Sono questi nuovi cristiani che, a loro volta, raccontano i cambiamenti e le rivoluzioni interiori: la conversione dagli idoli, l'operare umilmente servendo Dio e l'attesa fiduciosa di Gesù risorto che sconvolgerà la terra poiché vincerà totalmente la morte.
Questo brano illumina uno stile ed una consistenza credente che viene ripresa dal Concilio Vaticano II quando propone il mistero della Chiesa come popolo in cammino nel tempo. Ogni credente è missionario, è testimone ed ogni comunità sente la responsabilità di portare la speranza e la novità di Gesù attraverso lo stile dei credenti che, insieme, manifestano pienezza e presenza di Gesù tra loro. Non trainati, non delusi e pigri, non sfiduciati e frastornati, non diffidenti ed individualisti.
E' veramente il dono dello Spirito.
Giovanni 6, 59-69
Gesù ha spezzato il pane per 5000 persone al di là del lago, a conclusione di una giornata di preghiera e di ascolto della sua parola. La gente ha tradotto questo gesto di attenzione e di misericordia come il segno di un potere enorme, proprio del Messia che può finalmente governare il mondo perché ha forze inimmaginabili. Ma Gesù non accetta queste conclusioni e si rende irreperibile a tutti. Alla fine di una lunga ricerca tutti se ne vanno, compresi i discepoli, salendo come gli altri sulla barca. Gesù li raggiunge nella notte, camminando sull'acqua, li rassicura, e sbarcano a Cafarnao. Giovanni ci fa leggere quindi, lungamente, nel cap 6, le riflessioni di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, aiutandoci a cogliere il significato del miracolo del pane, prospettando segni impensabili, e delineando le grandi esigenze che vanno maturate come credenti nel caso lo si voglia seguire. Quali sono le scelte di Gesù? Sono le scelte della carne, ricca dello Spirito. Senza lo Spirito la carne aspira al potere, alla potenza, alla gloria e assoggetta gli uomini alla schiavitù e alla morte definitiva. Con lo Spirito la carne di Cristo diventa vita poiché entra nelle scelte del Padre che vuole restituire ad ogni uomo libertà nell'amore. A Gesù il Padre ha fissato un itinerario di amore, una parola di verità, un sentire aperto ad ogni povertà per cui la sua carne deve passare attraverso la morte, come ogni carne, ma non vi si ferma poiché lo Spirito la vivifica e la innalza alla pienezza della vita di Dio, "dov'era prima".
Gesù sa che non lo possono capire e conosce la guerra nel cuore dei suoi discepoli che, lentamente, se ne vanno. Essi pensano: "Non è accettabile un tale progetto, non può essere da Dio".
Gesù chiaramente pone la sua scelta non su un piano razionale, di condivisione di orizzonti, di obiettivi condivisibili, di comprensioni di scelte. Siamo arrivati alla nuda fede in Lui. Non c'è altro.
Gesù lo sa e non vuole manipolare, falsare, addolcire il cammino che sarebbe stato sempre più palese e drammatico. "Volete andarvene anche voi?" Non ci sono spiegazioni, novità, altro da aggiungere. Si sono sentiti dire che devono entrare in una comunione con Gesù così intima e così profonda da assomigliare al rapporto tra chi mangia e ciò che si mangia. "«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (51)». E ancora: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (53-56).
I Dodici, gli ultimi discepoli rimasti, si sentono traditi dalle tante persone che se ne vanno, ma di cui, in fondo, in linea di logica, capiscono le loro ragioni. Si sentono, però, improvvisamente soli di fronte al mondo. Chissà se hanno pensato a quel sangue dell'Alleanza versato da Mosé? (Es 24,8): "Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»".Chissà se hanno immaginato di dover rivoluzionare il loro presente con prospettive di futuro nuovo, con Alleanze nuove ed eterne, benedette dal sangue del giusto?
Gesù chiede ai Dodici e chiede anche a noi se vogliamo trovare altri punti di riferimento diversi nella nostra vita. "Coraggio, scegliete. Scegliete per i vostro futuro". Pietro, a nome di tutti, risponde: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». Ci sentiamo chiamati a credere in Te. Il confronto tra la carne e lo Spirito, tra la fede e l'abbandono, tra il mangiare di lui o il lasciarlo ci rimandano alla Eucaristia, al segno di una presenza. Eppure non basta poiché a sua volta l'Eucarestia ci rimanda alla Parola nuova e ci indica scelte di amore. Se ci si ferma al "mangiare il corpo e bere il sangue di Gesù", ci si ferma al rito. Il rito è segno e ci riconsegna a scelte di amore, quali Gesù si è apprestato a compiere nella sua morte. Il gioco tra Parola di Gesù, esigente e irreversibile, e la libertà che Egli ci riconosce, in questo testo, pur drammatico, si conclude, da parte dei Dodici, in una fiducia incondizionata in Gesù, pur nella testimonianza di una incapacità a comprendere fino in fondo. Sarà possibile capire nel viaggio della vita, fedeli alla Parola di Gesù.
Perciò l'Eucaristia non è il dono per i santi. ma è il pane per un cammino, il viatico per i poveri e Gesù lo ha ripetuto con chiarezza. Essa è "il sangue dell'Alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26,27-28). Se nell'Eucarestia ci sentiamo gratificati, tranquilli, abbiamo mangiato la carne senza aver incontrato lo Spirito. Siamo rimasti egoisti, ci fa ancora escludere gli altri, fa ghetto. L'Eucarestia ci mette invece in cammino alla ricerca del pensiero e della volontà del Padre che ci accompagna. Egli ci incoraggia ad allargare, insieme, orizzonti e speranza.

 

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