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TESTO Vi do un comndamento nuovo

don Romeo Maggioni  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (09/05/2004)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

"Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". Ma che novità c'è parlare d'amore? Tutto il mondo si muove per l'amore. Nessuno fa niente se non ne è innamorato, diceva già sant'Agostino.

Allora in che consiste la novità del comando di Gesù? E' domanda interessante, perché l'amore di cui è pieno il mondo pone problema, puzza d'ambiguo perché troppo spesso l'amore è una delusione e non mantiene le promesse di felicità che sembra dare. Forse non si vive l'amore giusto, o forse non se ne ha la capacità, ma solo velleità.

In che consiste allora la novità di Gesù? L'ascolto e l'accoglienza della parola di Gesù oggi, forse può risolvere un problema esistenziale drammatico attorno al quale gira tutta la nostra vita.

1) "IL FIGLIO DELL'UOMO E' STATO GLORIFICATO"

"Quando Giuda fu uscito, Gesù disse: Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato". Giuda esce per tradire: inizia la passione. La croce è la "glorificazione" di Gesù e del Padre, cioè la manifestazione della sua "gloria", della sua identità nei nostri confronti. E l'identità di Dio - rivelatasi nella carne di Cristo (Gv 1,14) - è l'amore che si dona fino alla morte di croce: "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici" (Gv 15,13). "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Gv 4,10). La croce è la manifestazione più alta del cuore di Dio, e, dice san Giovanni: in questo sta l'amore. Lì è la radice e l'immagine più vera dell'amore.

Gesù, di questo atto fontale di tutta la nostra fede che è la croce, ha come voluto Lui inventare un segno perché se ne facesse memoria: è l'Eucaristia. "Fate questo in memoria di me"; e i cristiani si riconoscono dal fatto che si ritrovano ogni domenica a fare questa memoria che contiene e comunica la "croce", cioè tutto il dono di Dio per noi. Ma san Giovanni non racconta l'istituzione dell'Eucaristia: al suo posto, come segno complementare di quel segno del pane e del vino, racconta la lavanda dei piedi, come altro segno della croce, sottolineando così la valenza etica, cioè l'impegno operativo a tradurre nella vita quotidiana quell'amore che Cristo ha avuto per noi fino alla morte. Aggiungendo appunto: "Amatevi tra voi, come io ho amato voi". "Come io ho lavato i piedi a voi, così anche voi lavatevi i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,14). L'Eucaristia - si dice – è "forma" dell'amore.

Ecco allora la novità: "come io ho amato voi". L'idea giusta dell'amore è lì, come l'ha vissuto Gesù. Ma più profondamente, la fonte di questo amore è l'Eucaristia, cioè la capacità stessa d'amare che ha il cuore di Cristo resa accessibile attraverso il sacramento. Dal suo cuore viene riversato nel nostro quella forza e purezza d'amore che corregge e rafforza la nostra fragile e iniziale voglia d'amare. San Paolo dice che la nuova legge del cristiano (appunto il comandamento nuovo) è la grazia dello Spirito santo (Rm 8,2); infatti "l'amore è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

2) "DA QUESTO SAPRANNO CHE SIETE MIEI DISCEPOLI..."

"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". Se "Dio è amore" (1Gv 4,8), se il "mestiere" di Dio è amare fino alla fine, il nostro progressivo divenire "simili a Lui" non dovrà avere altra espressione che l'amore proprio di Dio. "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1Gv 4,12). L'amore esprime la nostra identità divina; tanto siamo figli veri di Dio quanto amiamo! E l'amore di Dio ha sue caratteristiche specifiche: è gratuito, fedele, misericordioso, e quindi universale, perché "Cristo è morto per tutti, e quando noi eravamo ancora peccatori" (Rm 5,8). L'amore non è ricerca di sé, ma dono totale per il bene dell'altro, è gratuità assoluta che non guarda sacrifici, ed è ricerca di quel bene integrale dell'uomo come lo ha voluto Dio stesso per ognuno noi.

In fondo intuiamo anche noi che questo è il tipo d'amore che ci vuole, ne sentiamo tanta nostalgia, e in quegli attimi che riusciamo a viverlo, ne cogliamo tutto l'arcano mistero di vita, di pienezza e di felicità...: lo sentiamo sì un po' divino! Il punto sta che, in questo campo, noi ci sentiamo molto gelosi e autonomi, e spesso noi prendiamo quell'avvio spontaneo dell'amore che è in noi come realtà piena e autosufficiente, senza purificarla dalle ambiguità e debolezze, e senza radicarla nella fonte stessa dell'amore che è il cuore di Dio. E così ci sfugge di mano, e così prevale l'egoismo e il possesso, e così rimaniamo schiavi di istintualità che producono competizione non comunione, e quindi non autentica e vera felicità. Proprio perché l'amore combacia con la vita, richiede il massimo delle risorse umane e tutto l'aiuto di Dio. Se Cristo è salvatore, lo è proprio di queste realtà decisive dell'uomo.

Da qui la cura di far riferimento al modello evangelico dell'amare, con una verifica costante. Da qui la necessità della grazia dello Spirito santo per poter amare col cuore di Cristo. Da qui l'impegno di testimonianza che il cristiano è chiamato a dare di questa "novità" dell'amore, perché costituisce l'unica risorsa per quella pienezza di vita individuale, familiare e sociale di cui tutti sentiamo il bisogno. E' la base d'ogni autentica riforma dei rapporti umani, per creare quella "civiltà dell'amore" di cui la Chiesa deve essere inizio e strumento. E' il dono della carità che noi riceviamo nel battesimo, cioè l'amore dello stesso Dio fatto uomo, e quindi dell'uomo che ama come Dio, e salva come Lui.

La novità dell'amore anticipa qui in terra la novità di quel "nuovo cielo e nuova terra" che costituirà la Gerusalemme celeste del paradiso, come ci richiama oggi l'Apocalisse. "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". Come sarebbe davvero diverso il mondo se crescesse già da oggi questa umanità divinizzata: sarebbe un anticipare il paradiso in terra.

Non è utopia. Quando la Chiesa primitiva "viveva un cuor solo e un'anima sola" persino nei beni economici, tutto il mondo pagano era rimasto meravigliato e andava dicendo con invidia: Guarda come si vogliono bene!

All'inizio del terzo Millennio, è ancora oggi la sfida di noi cristiani: la nuova evangelizzazione sarà credibile solo se sostanziata di tanta carità.

 

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