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TESTO Commento su 1Re 17,17-24; Gal 1,11-19

fr. Massimo Rossi  

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X Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/06/2013)

Brano biblico: 1Re 17,17-24|Gal 1,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 7,11-17

In quel tempo, 11Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

La vedova di Zarepta di Sidone è una delle figure più significative dell'AT, tanto da essere portata ad esempio di fede dallo stesso Gesù di Nazareth, il quale, per questo accenno, subì l'ostracismo dei suoi compaesani, e a quanto sappiamo, non fece più ritorno nel suo paese natale.

Richiamare in vita un innocente non fu soltanto una ‘trovatà del Signore; come abbiamo appena sentito, anche il Vecchio Testamento contiene casi di risurrezione operate dai profeti: è vero, Elia non era un profeta come gli altri. La tradizione vuole che Elia non sia morto, ma assunto in cielo su un carro di fuoco (cfr 2Re 2,1), in prospettiva di un suo ritorno sulla terra. Ecco perché, quando arrivò Gesù e cominciò a far miracoli, molta gente si mise in testa che fosse tornato Elia, il grande profeta, il potente taumaturgo, l'eroe che aveva ucciso tutti i sacerdoti della regina Gezabele, 450 ministri di Baal (cfr. 1Re 18). Andate a leggervi la storia di Elia, è un'epopea straordinaria, avventurosa, la storia di un uomo letteralmente divorato dallo zelo per Dio, che certo ha molto in comune con Gesù. L'episodio cacciata dei mercanti dal Tempio (cfr. Gv 2,17), richiamò alla mente dei testimoni le parole di Elia: "Sono pieno di zelo per il Signore" (1Re 19).

Non meno zelante, non meno coraggioso, non meno radicale e violento è Paolo di Tarso, l'apostolo dei pagani. La sua testimonianza è emblematica: Paolo seppe mettere a servizio del Vangelo non solo le sue virtù, la sua cultura, le doti di abile oratore, di sottile teologo, ma anche gli aspetti meno simpatici del suo carattere - tanto per usare un eufemismo benevolo -, i lati più spigolosi del temperamento. Talvolta tornano utili anche i propri difetti, se il fine è l'annuncio di Cristo, il mistero della Sua passione, il prodigio della Sua risurrezione, l'amore per il quale ci ha riconciliati con Dio.

San Paolo non si vergogna del suo passato, sebbene non ne vada fiero. I suoi trascorsi furono anzi un pesante fardello che pregiudicò il ministero per più di dieci anni, prima che le comunità cristiane si convincessero che la sua conversione era autentica; i fedeli che fino a poco prima aveva perseguitato con violenza brutale, rimanevano letteralmente sconcertati: ma prima dello sconcerto c'è la paura, a fronte della paura, la diffidenza. E, visto che il tentatore approfitta di queste situazioni per trarre in errore gli sprovveduti, ricorrendo a stratagemmi apparentemente innocui e innocenti, coloro che ascoltavano Paolo predicare Cristo e questi crocifisso e risorto, nutrivano il sospetto che sotto sotto ci fosse lo zampino di satana.... E ne avevano ben donde! Vedete, quando un uomo si converte e cambia vita, per coloro che gli stanno accanto, non è facile credere che il passato è passato e non tornerà più. È l'esperienza scoraggiante di molti convertiti: l'incredulità del prossimo. La gente ricorda i peccati più delle virtù... Non è mai facile perdonare un peccatore, riabilitarlo e accoglierlo ex novo nella comunione della fede. Lo spettro della recidiva aleggia intorno a lui e la cattiva fama lo precede ovunque vada. Non di rado il ritorno di lui alla vita (sbagliata) di prima è l'effetto fatale della chiusura da parte degli altri, della sfiducia nelle sue buone intenzioni, e soprattutto nel suo coraggio, nella sua buona volontà.
Maledetta paura! la fa sempre da padrona.

E la paura mette in crisi anche la fede della povera vedova di Zarepta: dopo aver creduto nella santità di Elia, ecco che le muore il figlio, l'unica ragione della sua vita.

"Vatti a fidare di uno straniero! Un giorno bussa alla tua porta, ti chiede aiuto; lo fai entrare, dividi con lui quel poconiente che hai... E dopo tutto questo bene, la maledizione si abbatte nuovamente sulla tua famiglia; non bastava aver perduto il marito; la morte pretende un nuovo tributo e questa volta ti porta via la luce dei tuoi occhi. E ti uccide dentro!". Fine.

Dopo dieci secoli la storia si ripete... ma quel giorno passava Gesù con i suoi discepoli: le strade si incontrano per puro caso e, miracolo! cambia tutto: torna la speranza, la vita ricomincia a sorridere... È sempre così, quando si incontra il Cristo! Il difficile, ai nostri giorni, è riconoscerlo. Siamo un po' tutti "sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti" (Lc 24,25): la paura di esserci fidati invano è troppo forte! e se appena appena abbiamo avuto il coraggio della fiducia... altro che "il coraggio premia gli audaci!" ...subentra la paura di essere abbandonati dalla buona sorte. L'esito è lo stesso. Vacilla la fede, la speranza svanisce, e lo slancio della carità si rattrappisce in una pratica tutt'al più esterna, in fin dei conti inutile...E il diavolo se la ride! Anche questa volta è riuscito ad allontanarci da Dio, ce l'ha fatta ad annullare i meriti della Passione di Cristo per la nostra vita.

Non sono incline a parlare di meriti; ma quando si parla di Cristo sì! "per le sue piaghe siamo stati guariti." (Is 53,5). Provvidenza vuole che le ferite di Cristo non si rimarginino, neppure dopo la sua resurrezione. Non guariscono mai,...perché devono guarire le nostre (ferite)!

Rimettiamoci in cammino alla ricerca del Signore! Lui ci sta già cercando.

Non crederete mica che l'incontro di Gesù con la vedova di Naim sia stato un caso!
Nel cammino della fede, niente avviene a caso!

Ma bisogna camminare! Contemplare la discarica delle nostre sciagure e dei nostri fallimenti è un atto contro la fede: non permette a Dio di salvarci dalle sabbie mobili del dolore... va a finire che ci anneghiamo dentro... Invece di abbandonarci all'amore consolante di Dio, ce la prendiamo con Lui: col tempo smettiamo di andare in chiesa, non preghiamo neanche più... E se non avremo il coraggio di bestemmiarlo a parole, lo malediremo certamente in cuor nostro; il che non fa granché differenza...

Storie di ordinaria sofferenza. Ne sappiamo qualcosa, perché ci siamo passati, me compreso.

Chi non è mai stato sfiorato dal pensiero del suicidio, lanci la prima pietra!

Beh, non si può finire così un'omelia sui miracoli di Gesù...

Già, ma come finire? Francamente non lo so. L'unica è dare la parola e l'iniziativa a Lui, a Cristo: tra pochi istanti spezzeremo di nuovo il pane del suo corpo. Spero ardentemente, ve lo auguro con tutto il cuore, che accada di nuovo il prodigio di Emmaus: la disperazione svanisca e una piccola gioia nasca nei nostri cuori. Questa è la vera risurrezione. Ed è per voi, è per noi, è per tutti!

 

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