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TESTO Non c'è più religione!

don Alberto Brignoli  

XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/06/2013)

Vangelo: Lc 7,36-8,3 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 7,36-8,3

In quel tempo, 36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Forma breve (Lc 7,36-50):

In quel tempo,36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Una volta - spero che ora non sia più così - era diffusa la cultura del "lei non sa chi sono io!", con la quale una persona di preminente posizione sociale assumeva di fronte al proprio interlocutore l'importanza dovuta, rimettendo l'altro immediatamente al proprio posto, ovviamente inferiore al suo. Era un modo - o forse lo è ancora - per sentirsi importanti, e soprattutto per ottenere favori e privilegi, in modo particolare di fronte alle leggi che tutti (famosi o no) siamo chiamati a rispettare. Nessuno di noi è obbligato a saper riconoscere una persona importante, quando ci si presenta di fronte, e comunque, ciò non toglie nulla alla nostra dignità, grande e valida quanto quella della persona famosa. La quale, però, non lo sa, e quindi per sentirsi superiore e diversa dagli altri, mette in atto altre strategie, come quella di gettare discredito sugli altri, soprattutto sulle persone che lei non sopporta, perché agli occhi di tutti appaiano come cattive e indegne di fiducia. Questo atteggiamento è ancor più diffuso, e spesso si materializza in una sorta di consiglio fraterno che aiuta le persone a non farsi trarre in inganno da altri, da quelli ritenuti "inferiori". Del tipo: "Si guardi bene da quello o da quell'altro, se lei sapesse che tipi sono..."..."Stia attento a quello, mi raccomando...è un truffatore e un traditore! Davanti a lei fa la bella faccia, poi girate le spalle...". E via di seguito, con giudizi temerari sulle persone, volti a ristabilire le giuste distanze da loro, perché "inferiori" al nostro rango.

Neppure le nostre comunità cristiane, le nostre parrocchie, i nostri gruppi, sono scevri da questo tipo di atteggiamenti, a volte espressi in maniera evidente, e fin troppo priva di pudore (con conseguenti contrasti tra gruppi di persone che minano l'unità della comunità stessa), altre volte solamente insinuati sottovoce a chi nella comunità ha la funzione di coordinare, di guidare, perché si guardi beni dal dare appoggio a gente ritenuta poco valida o poco raccomandabile: come se coloro che hanno questo atteggiamento subdolo e insinuante fossero persone rispettabili da tenere in considerazione...

Come Simone il fariseo, che pensa di aver riaffermato la propria importanza e la propria dignità di alto rango nella compagine religiosa del suo tempo solo per avere invitato a casa sua il Maestro di Nazareth, quello di cui tutti dicono sia il Messia; poi, però, rivela la sua bassezza d'animo permettendosi di insinuare, nella coscienza del Maestro, giudizi magari non così temerari perché forse corrispondenti a verità, ma certamente poco nobili e poco rispettosi della dignità altrui, bollando il gesto di affetto e insieme di pentimento di una donna nei riguardi di Gesù come un'azione sfacciata e irriguardosa, tipica delle donne del suo rango. E purtroppo non si ferma lì, Simone, perché a questo aggiunge un giudizio sull'ignoranza del Maestro, e sulla sua scarsa capacità profetica nel conoscere il cuore delle persone: perché se lui fosse un profeta e un uomo giusto, non permetterebbe che un peccatore si avvicini a lui per contaminarlo. Atteggiamento tipico della setta dei "separati" (questo significa "farisei"), assolutamente avversi a ogni forma di peccaminosità, soprattutto se pubblica come si presume fosse la vergogna di quella donna. Il fariseo Simone di fronte a Dio si riteneva perfetto. Poco importa se la sua "perfezione" crolla miserabilmente e cade nella banalità di trattare Gesù in casa sua non con i riguardi dell'ospite, ma con la superiorità del padrone di casa (e Gesù non gliela manda certo a dire): egli era talmente perfetto da ritenere che Dio lo dovesse premiare, che fosse in debito nei suoi confronti, e che lui fosse "creditore" nei confronti di Dio. Dio gli doveva qualcosa, per la sua santità e per il suo comportamento integerrimo. E se Dio - il Santo dei Santi - gli era creditore, quanto più gli uomini, e quanto più una donna di malaffare come quella che era entrata in casa sua, alla quale certamente avrà cercato il modo per farle pagare l'insolenza di essersi permessa di entrare a toccare il suo ospite d'onore! "Che gentaglia che c'è in giro...e questo presunto profeta e maestro permette loro qualsiasi cosa...non c'è più religione!".

Sì, è vero: non c'è più religione. Non c'è più la religione di Simone il fariseo: c'è la religione del Maestro di Nazareth. Non c'è più una religione in cui Dio sia debitore nei confronti dell'uomo per le sue buone opere: c'è una religione in cui tutti, peccatori e presunti giusti, siamo debitori nei confronti dell'amore di Dio, e quanto più siamo debitori, tanto più abbiamo la possibilità di amarlo, perché tanto più siamo da lui amati e perdonati.

Non c'è più la religione delle cariche e dei titoli da sbattere in faccia alla gente: c'è la religione degli incarichi e dei servizi. Non c'è più la religione del "lei non sa chi sono io": c'è la religione del "io so chi è Dio, e so quanto mi ama, perché so bene chi sono io".

Non c'è più la religione del giudizio temerario nei confronti degli altri: c'è la religione dell'esame di coscienza, del "perché giudichi il tuo fratello?", quando tu sei il primo a dover giudicare te stesso. Non c'è più la religione dei discepoli raccomandati, scelti tra gli uomini migliori e offerti a Dio in quanto tali: c'è la religione dei discepoli amati e scelti da Dio nonostante tutto, nonostante siano peccatori, pubblicani, zeloti, prostitute, pescatori, falegnami, ignoranti, senza cultura, "donne guarite da spiriti cattivi e da infermità".

Non c'è più la religione delle opere: c'è la religione della fede. Non c'è più la religione della carne: c'è la religione dello spirito. Non c'è più la religione della legge: c'è la religione della Grazia.

E questo perché "dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno"; chi giustifica è la Grazia di Dio, che ci salva nonostante, anzi "a motivo" del nostro essere peccatori. Dei giusti, e degli uomini del "lei non sa chi sono io", Dio non sa proprio che farsene: perché - conclude Paolo nella seconda lettura di oggi - "se la nostra giustizia venisse dalla legge, Cristo sarebbe morto invano".

Ma Cristo non è morto invano, e neppure noi moriamo invano alle logiche della legge: "Sono stato crocifisso con Cristo, e per questo non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me".

 

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