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TESTO Commento Giovanni 13,31-33.34-35

Totustuus  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (09/05/2004)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

NESSO TRA LE LETTURE

"Io, Giovanni, vidi un nuovo cielo e una nuova terra". La seconda lettura, presa dell´Apocalisse ci introduce in un mondo nuovo, il mondo che avrà il suo compimento alla fine dei tempi, ma che ha avuto inizio in questo dal momento in cui Gesù Cristo si è offerto in sacrificio e ha proclamato solennemente: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Il mondo non conosceva in pienezza l´amore, non conosceva quella forza sovraumana che spinse gli apostoli, Paolo e Barnaba, a logorarsi e consumarsi per donare agli uomini il tesoro della fede, come ci mostrano gli Atti degli Apostoli. È Dio fatto uomo che ci ha manifestato nell´amore il senso ultimo dell´esistenza umana, Dio che è "paziente e misericordioso lento all´ira e ricco di grazia", "buono verso tutti, e la cui tenerezza si espande su tutte le creature". L´amore apre un´altra tappa nella storia dell´uomo: "io faccio nuove tutte le cose".

MESSAGGIO DOTTRINALE

Nel cuore dell´Ultima Cena, il momento di maggior intimità tra Gesù e i suoi — "Figlioli, ancora per poco sono con voi" —, risuonano alcune parole che hanno segnato una pietra miliare definitiva: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". E indica fino a che punto: "come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Il suo primo e più grande atto d´amore per noi è stato l´incarnazione, mistero insondabile della nostra fede. Egli, che è Dio, si fa carne, l´Invisibile diventa visibile, l´Immortale diventa mortale, il Creatore si fa creatura, l´Eterno comincia nel tempo. La mente sente vertigine davanti ad una realtà tanto sorprendente. Egli è diventato povero, e noi, con Lui, siamo diventati immensamente ricchi. Cosa ha potuto spingerlo fino al punto di umiliarsi? La forza del suo amore per noi.

Prendiamo in mano il vangelo, apriamolo a una qualsiasi pagina e vedremo Gesù che insegna alla gente, che percorre le strade, si esaurisce in giornate spossanti, guarisce i lebbrosi, scaccia i demoni, ridona la vista ai ciechi, perdona i peccati. Lo vedremo dormire in terra il più delle volte, perché non aveva un luogo dove posare il capo, sacrificando il tempo del riposo per dedicarlo alla preghiera; lo vedremo per tutta la vita incompreso, calunniato, perseguitato, e infine sottoposto ad un processo farsa, accusato di falsità, condannato al supplizio più orribile senza prove. Cosa lo spinse a sopportare una vita così? Ogni frase del Vangelo ci grida che Cristo ci ama alla follia.

Ora, nella vigilia della sua Passione, sul punto di versare il suo sangue per noi, ci spalanca il suo cuore e ci lascia come testamento il "suo" comandamento: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". Ed aggiunge queste altre parole, che dovrebbero toccare le fibre più profonde del nostro essere cristiani: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". I primi cristiani compresero davvero bene queste parole! Così un convertito del II secolo riferisce quel che dicevano i pagani al vedere la condotta dei credenti: "'vedete come si amano´ dicono (mentre essi si odiano tra loro), 'e come sono pronti a dare la vita l´uno per l´altro´ (mentre essi preferiscono uccidersi tra loro)" (Tertuliano, Apologeticum, n.39).

SUGGERIMENTI PASTORALI

Generazione dopo generazione, la Chiesa ha trasmesso questo comandamento di Cristo. Dovunque sia stato posto in pratica ha prodotto frutti mirabili di pace, gioia e vera santità nelle anime. La carità ha asciugato lacrime, ha strappato sorrisi, ha cancellato rancori e ha illuminato con la speranza ambienti e situazioni segnati dal dolore e dalla desolazione. Indubbiamente, si tratta di quella carità che suppone la donazione generosa e sacrificata di noi stessi agli altri per amor di Dio. Si tratta di dimenticare se stessi per far felici gli altri, a costo di vincere le nostre tendenze all´orgoglio e alla sensualità. Le persone si tormentano e si ingannano per essere felici. Pensano che la felicità stia nell´avere, nell´ostentare, nell´occupare una posizione sociale, in un certo modello politico. Non è così: conosce la vera felicità solo chi, per amore di Cristo, è capace di donarsi agli altri. "La perfezione esige quella maturità nella donazione di se stesso a che è chiamata la libertà dell´uomo" (Veritatis splendor, n. 17).

La carità ha molte manifestazioni. Innanzitutto, si manifesta nella parola. Quanto suona falsa una spiritualità fatta sì di preghiere e devozioni, ma che si fa compatibile con la critica e la mormorazione, che sono la negazione stessa della carità! Al contrario: fissiamo lo sguardo sulle cose buone che ci sono negli altri, ponderiamole nel nostro parlare e respingiamo inflessibili le critiche. Poi, bisogna passare alle opere. ´E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l´occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fedeª (Gal 6,9-10). Sì, è necessario cominciare dalla propria famiglia, dalla parrocchia, dai compagni di studio o lavoro. Diffondiamo intorno a noi un amore soprannaturale, un´accoglienza affabile, un sostegno sincero e generoso in ogni circostanza: ´Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel piantoª (Rm 13,15).

Ci sono molte forme di esercitare la carità: perché molte sono le forme di miseria che angosciano l´uomo. Ma non dimentichiamo che la miseria più grande è quella di chi non conosce Dio e, pertanto, la manifestazione più alta dell´amore è far conoscere il tesoro della nostra fede a coloro che sono lontani da Dio. È ciò che c´insegna la prima lettura, nelle figure di Paolo e Barnaba. Tutti i cristiani sono chiamati ad essere predicatori del vangelo tra le persone con cui convivono. Ma non dimentichiamo che il mandato dell´apostolato è possibile solo in un´anima che sente molto profondamente per i suoi fratelli lo stesso amore e la stessa compassione che ha il Cuore di Gesù.

 

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