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TESTO Strazi e speranza

Paolo Curtaz  

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/06/2013)

Vangelo: Lc 7,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 11Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Chiudiamo la lunga parentesi iniziata con la quaresima e proseguita col tempo pasquale.

Un tempo straordinario che ci ha visti accogliere il nuovo papa Francesco che ha dato e sta continuando a dare energia e forza alla Chiesa.

Abbiamo riflettuto sul mistero di Dio e sul dono dell'eucarestia e ora riprendiamo con gioia interiore il cammino del tempo ordinario interrotto poco dopo febbraio. Luca ci accompagna, lo scriba della mansuetudine di Cristo.
Fantastico!
Non fosse per il vangelo che ci aspetta.

Nain

Veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova.

L'inizio del brano di oggi raggela, ci obbliga ad abbassare lo sguardo. Con il sorriso sulle labbra per la buona notizia pasquale ci scontriamo con la drammatica e insostenibile scena di un funerale. Figlio unico di madre vedova.
Sembra l'inizio di un film horror.
Nain, in ebraico significa la deliziosa.
Gesù entra e la folla esce.
Esce dalla delizia. Esce dalla festa.
E si scontra con la realtà insostenibile.

Come la vedova di Sarepta di Sidone della prima lettura che, pure, ha accolto il profeta e ha condiviso le sue misere risorse. Ma, ora, anche lei fa i conti col demone della morte e, quel che è peggio, col suo senso di colpa. Forse è stato Dio a punirla a causa di un non meglio specificato peccato di gioventù. E Dio, vedendo quel profeta santo, ha preso le distanze e le ha ucciso il figlio. Questo pensa la madre affranta.

Quanti, ancora oggi, pensano che la morte sia una punizione divina.

Non può accettare questo strazio, Elia, e quasi obbliga Dio ad intervenire.

No, la morte non è mai una punizione, non scherziamo.

Signore

Luca parla di Gesù: ha compassione, tocca la salma (contaminandosi), invita il ragazzo ad alzarsi. Cioè a risorgere.

Per la prima volta nel suo vangelo Luca chiama Gesù col titolo Signore, Kuryos, il titolo che rimanda a Dio. Gesù dimostra la sua identità donando la vita piena, la vita vera. E il suo sentimento, in greco, è reso da un verbo che Luca riserva a Gesù: una compassione viscerale.

No, Dio non è un indifferente, è il misericordioso, il compassionevole.
Perché la morte, allora?
Non lo dice Luca, né la Bibbia.

Ma annuncia una notizia sconcertante: il ragazzo non solo è rianimato, donato alla madre per qualche anno ancora. È risorto, per sempre vivente, come diventiamo noi discepoli quando accogliamo la vita eterna, cioè la vita dell'Eterno in noi.

Tutta la pagine è impregnata di fede: la vedova, l'umanità dolente, vede il fanciullo risorgere.
Siamo immortali.

No, certo, questo non allevia lo strazio di chi perde un figlio, non scherziamo.

Ma offre un orizzonte infinito, un senso alla vita e alla morte, la vita dell'Eterno che già scorre nelle nostre vene.

Allora
La morte di un figlio.

Come possiamo immaginare un dolore più grande? Una madre vedova che seppellisce il unico figlio. Luca presenta Gesù come l'unico che ridona vita alla nostra quotidianità.

Davanti al miracolo della resurrezione del figlio unico della madre vedova a Naim, davanti al volto di un Dio che non punisce ma si commuove e salva, la folla si lascia andare a questo giudizio entusiasta: Dio visita il suo popolo.

Sì, davvero il Signore è venuto a visitare il suo popolo.

Non capiamo la ragione ultima della morte, tanto meno della morte di un giovane che, ai nostri occhi, appare ingiusta e orribile. Ma il vangelo ci invita a superare lo sconcerto: nonostante ci siano delle cose che non capiamo, Dio è buono e misericordioso.

Ogni volta che compiamo un gesto che ridona vita, la folla si accorge che Dio visita il suo popolo. Ogni volta che come credenti compiamo gesti profetici di luce, rendiamo testimonianza all'azione salvifica di Dio.

Dare vita nelle piccole cose, nel quotidiano, nell'accoglienza dei ragazzi al catechismo, nella preghiera gioiosa e piena di fede, nell'affrontare la vita con onestà e trasparenza, con fede cristallina... tutto ci porta a testimoniare che siamo pieni di vita perché Dio ci ha ridato vita in Gesù Cristo.

Che le nostre comunità, radunate oggi nel proclamare la propria fede, siano continuamente capaci di ridare vita a chi incontrano!

Che il fanciullo che c'è in noi, il giovane che sa sognare e credere e che troppo spesso mortifichiamo, si rialzi.

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