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TESTO Il segreto della pace

mons. Antonio Riboldi

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/09/2002)

Vangelo: Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

A volte la liturgia ci fa incontrare con la Parola, la grande testimonianza della verità e della meraviglia stessa di quanto il Padre ci ha insegnato. Oggi, infatti, sia il Vangelo che il Siracide toccano un argomento allo stesso tempo meraviglioso ma difficile.

Oggi la Chiesa fa memoria anche della Addolorata, ossia ci ricorda i tanti dolori che Dio permise toccassero anche l'irrepetibile bontà di una donna che fu tutta amore e grazia.

E il momento più solenne della sua sofferenza fu quando fu chiamata a seguire il Figlio fin sul sentiero del Calvario.

Deve essere davvero un morire lentamente anche solo accompagnare il Figlio nel portare la croce tra il divertimento di tanti che, troppe volte, anche oggi sono capaci della follia di un cuore senza pietà, è morire "lo stare sotto la croce del Figlio".

"Stare": è il modo dell'Evangelista Giovanni di descrivere l'atteggiamento di una Mamma che, non solo non voleva perdere una goccia della sofferenza del Figlio, ma voleva farla sua partecipando interamente,

comprendendo "la necessità" di quella morte agli occhi del Padre, per ottenere il perdono di tutti noi che avremmo giustamente dovuto essere noi in croce, per avere immensi debiti verso Dio e non Dio al nostro posto.

Non so come abbia accolto Maria il culmine dell'amore di Gesù per noi quando dalla croce, guardando non solo a tutte le offese che gli arrecavano i suoi crocifissori,

ma a tutti i peccati del mondo fino ai nostri di oggi, disse quelle stupende parole, senza delle quali noi, tutti noi, con i nostri peccati avremmo potuto essere il numero incalcolabile dei condannati all'inferno.

"Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno". Lo disse per quelli che erano sotto la croce e per tutti noi.

Ci vuole davvero un cuore da Dio, da Padre che non vuole mai venire meno alla fedeltà del suo amore, per arrivare a tanto.

Come si fa a dire che Dio non ci vuole bene? E come non credere nella sua infinita misericordia?

Ma Gesù dà compimento al suo infinito amore, donandoci oltre la vita, anche quello che certamente Gli era tanto caro.

Ossia ci consegnò sua mamma, perché questa fosse partecipe di tutte le vicende della nostra vita e continuasse ad essere Mamma e Addolorata per noi, ai piedi della nostra croce, dove troppe volte gli uomini o ancora meglio i nostri peccati ci mettono,

insegnando anche a noi le parole del Figlio: "Perdono a tutti quelli che mi fanno del male perché a volte non sanno quello che fanno". E' l'atto più difficile, ma è la sola via possibile per ogni discorso di riconciliazione e di pace tra noi uomini.

In questi giorni passati, giustamente, tutto il mondo si è interrogato sui gravi atti di terrorismo, che sconvolsero la coscienza del mondo, dopo l'attentato alle torri di New York.

Quante volte i massmedia ci hanno mostrato fin dove arriva la follia di un odio che si fa violenza, fino ad irridere della morte di migliaia di persone civili...solo per dimostrare quanto sia immensa la capacità dell'odio divenuto violenza.

Ma c'è proprio bisogno di dimostrare questa follia? Non basta la memoria di una storia? Non serve la ferocia appena vista nei campi di sterminio di Auswitz, Buchenwald e tanti altri in ogni angolo della terra? "Mai più guerre! Mai più!" ha ripetuto la Chiesa più volte.

"La pace, hanno detto tutti gli esponenti delle religioni ad Assisi il 24 febbraio, in comunione con il Papa, è frutto di giustizia e perdono". Ma sembrano parole deboli di fronte alla diabolica potenza della violenza. Pare davvero che l'uomo, perdendo le ragioni del cuore, abbia scelto le vie di un infinito dolore, che tocca tutti, non risolvendo nulla ma riuscendo solo a mostrarci l'inferno dell'odio.

E ancora una volta Gesù ripete: "Padre, perdona loro non sanno quello che fanno". Ed affida a Maria, come Mamma Addolorata, di fare breccia nel cuore di noi figli per capire che tutto è possibile con l'amore: nulla senza l'amore. Quello che, a volte ci rende pensierosi è vedere come sia difficile che anche noi cristiani sappiamo accogliere l'invito di Gesù, fino a farlo nostro, di fronte al male che riceviamo.

Sembra proprio che il nostro orgoglio sia incapace di umiliarsi di fronte all'offesa o al male per fare crescere il meraviglioso albero del perdono. Si arriva al punto che si ritiene "onore" non solo non perdonare, ma ricambiare l'offesa con la stessa moneta.

Ricordo come un giorno andando a visitare e pregare in casa di un ucciso dalla mafia, per assurde leggi della mafia o della criminalità, che ritiene dover vendicare l'offesa con lo stesso prezzo,

vidi la vedova che teneva vicino a sé i due figli piccoli, dicendo loro in continuità e costringendoli a fissare la pupilla degli occhi del padre ucciso: "Guardate bene in fondo agli occhi di papà, vi vedrete l'immagine di chi l'ha ucciso. Quando sarete grandi, se vorrete essere veri uomini, vendicatelo". Al nostro, orgoglio insomma sembra proprio scalfire una nostra presunta grandezza, umiliandoci, nel perdono...Non pensando minimamente che questo il "abbassarsi" non solo ricuce uno strappo doloroso, ma davvero ci eleva agli occhi di Dio.

Non è possibile, vivendo accanto all'altro, nelle famiglie o nella società, non aver motivi di attrito.

Fa parte della ascesi della carità, della natura della croce, che costruisce l'amore; come quello di Gesù Crocifisso: di Maria, nostra diletta Mamma Addolorata, sotto la Sua e nostra croce.

Fa parte veramente della scelta di campo che noi cristiani dobbiamo fare, o stare dalla parte dell'occhio per occhio, dente per dente, impedendo ogni tentativo di primavera di civiltà, o dalla parte di chi si addossa i torti degli altri, con il perdono, creando motivi di resurrezione.

Non possiamo avere un cuore pieno di spine, difficile da offrire a chi vorrebbe forse volerci bene. Ha l'impressione il fratello che, toccandoci, rimanga ferito.

Occorre avere un cuore semplice, che si lasci anche ferire, ma dalla cui ferita, come da quella dei Cuori di Gesù e Maria esca solo amore. Oggi non bastano più parole per superare la violenza, il terrorismo che sembra avere impaurito il mondo, come fossimo nelle mani del demonio e non di Dio. Occorre costruire giorno per giorno, con l'arte del perdono, un mondo che sappia di giustizia, bontà, pace.

Il resto sono parole che fanno solo del chiasso o paura. A Pietro che gli aveva chiesto "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?" Gesù rispose:

"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette" E in un altro passo del Vangelo, il vangelo della montagna, arriva a dire di "amare i nostri nemici e pregare per loro", non solo, ma detta la regola suprema di un vivere insieme amandosi, mettendosi Lui al secondo posto dopo il fratello.

"Se andando all'altare, afferma, a portare la tua offerta, ti ricordi che un tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta e va prima a fare pace con tuo fratello, poi torna a portare la tua offerta".

Questa è la regola di Gesù...Ma è così nelle nostre comunità? "Il rancore e l'ira, dice il Siracide, sono un abominio, il peccatore li possiede.

Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i tuoi peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per l'uomo suo simile e osa pregare per i suoi peccati? (Sir.27,30).

In questo momento il mio pensiero e la mia preghiera vanno al Calvario, a quell'altare dell'amore e del perdono sul mondo, chiedendo a Maria, nostra Mamma, a Gesù, Suo Figlio che donino a noi, il loro Cuore, perché il nostro si riempia di voglia di perdonare, per la serenità del mondo.

 

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