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TESTO Voi stessi date loro da mangiare

mons. Gianfranco Poma

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (02/06/2013)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

La Liturgia nella festa del "Ss. Corpo e Sangue di Cristo" ci invita a sostare per comprendere il senso dell'Eucaristia "fonte e culmine della vita della Chiesa", leggendo un brano del Vangelo di Luca, (9,11-17): entriamo così nel lungo periodo dell'anno liturgico nel quale questo Vangelo ci accompagnerà nella crescita della nostra esperienza della fede.

Già nell'A.T. sono presenti racconti nei quali, in modo miracoloso, viene saziata la fame della folla: il dono della manna nel deserto (Es.16; Num.11) o i miracoli di Elia e di Eliseo (1Re,17; 2Re 4,42-44).

Gesù riprende la tradizione e la assume, portando a compimento l'antica promessa.

È illuminante il contesto in cui l'episodio evangelico della "moltiplicazione dei pani" è inserito: al centro è collocato Gesù che comprende sempre meglio la sua identità e la novità della missione messianica a cui è chiamato (vd. Lc.9,18-24).

Narra Luca, che Gesù, al ritorno dei discepoli che vogliono raccontare della loro missione, "li prese con sé e si ritirò in disparte. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e parlava loro del regno di Dio e sanava quelli che ne avevano bisogno" (Lc. 9,11)

È una piccola frase ma che ha una importanza fondamentale: il cuore di tutto è il verbo "le accolse". Le folle ostacolano il progetto primitivo di Gesù che "ha preso con sé i discepoli e li ha portati in disparte". Gesù le "accoglie": non vede nelle folle un ostacolo che disturba, ma il mondo da amare. E cambia il suo progetto: da una comunità di coloro che "prende con sè e si ritira in disparte", ad una folla che egli accoglie, sente, ama, al di fuori di ogni recinto; Gesù comprende di "essere per" le folle, manifestazione di un Dio che accoglie dentro di sé l'umanità implorante.

Se qualcuno segue Gesù, non è per stare in disparte, in una nicchia felice separata dal mondo, ma per essere come lui, imparando da lui, accoglienti, in ascolto del grido dell'umanità, per comunicarle l'Amore del Padre.

In Gesù si rende presente quel Dio che si è manifestato quando il suo popolo soffriva in Egitto: "Ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo...per farlo salire da questa terra, verso una terra bella e spaziosa..." (Es.3,7-8)

Gesù accoglie le folle, parla con loro del Regno di Dio, di un Dio che condivide, compatisce, guarisce: il Messia che si immerge nelle folle, dà inizio ad una Chiesa che non sta in disparte, educa i discepoli a seguirlo là dove Dio costruisce il suo regno.

L'episodio che segue rende evidente che cosa significhi per Gesù, accogliere le folle e costruire il regno di Dio.

"Il giorno cominciava a declinare...": la stessa osservazione tornerà la sera del giorno in cui i discepoli di Emmaus si allontanavano da Gerusalemme, tristi e delusi per quello che era accaduto (Lc.24,29). Il buio incombente manifesta il bisogno, la solitudine...la fame della folla: a questo bisogno Gesù risponde.

"I Dodici gli si avvicinarono dicendo: Congeda la folla..." Sono i Dodici che si accorgono della situazione precaria della folla, ma chiusi nella loro autoreferenzialità, coscienti dell'insufficienza dei loro mezzi, ma soprattutto ancora lontani dalla mente e dal cuore di Gesù, gli dicono che cosa deve fare: "Congeda la folla perché vada... siamo in una zona deserta". A lui che "accoglie", "parla con loro", "guarisce", oppongono la loro logica così grettamente umana: "Congeda...vada...non possiamo fare niente...si arrangi...".

La logica di Gesù è decisamente opposta: "Date loro voi stessi da mangiare", è la logica della responsabilità, del farsi carico, del dono.

I Dodici insistono, rimanendo all'interno dell'unica logica per loro ipotizzabile, quella del "comprare", sottolineando la loro impotenza calcolata sulle forze che pensano di non avere: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che, muovendoci noi, comperiamo i viveri per tutto questo popolo". E Luca sottolinea: "C'erano infatti circa cinque mila uomini".

Evidentemente Luca ricorda l'episodio narrato in 2 Re 4,42-44: ad Eliseo che gli ordina di dare da mangiare alla gente, il servo risponde: "Come faccio a dare questo a cento persone?" Ed aveva venti pani d'orzo per cento persone mentre qui i Dodici hanno cinque pani per cinque mila: Gesù è infinitamente più grande degli antichi profeti.

Ma perché è infinitamente più grande? Perché ha compiuto gesti "potenti"?

In realtà ha compiuto gesti "significativi". Anzitutto ha detto ai Dodici: "Fateli sedere..." Ed essi lo fecero. È la logica nuova che viene attuata, non fondata sul calcolo umano, sulla progettualità chiusa, sulla paura, ma sul progetto che Dio ha manifestato nel corso della storia: Dio costruisce il suo popolo, lo guida nel deserto, lo nutre, lo arricchisce con i suoi doni...La logica di Dio è il dono: è la logica che Gesù realizza.

I Dodici vorrebbero mandar via la folla: Gesù li fa sedere a gruppi ordinati e dà forma alla gente dispersa.

Hanno solo cinque pani e due pesci: sono poca cosa? La soluzione è solo comprare?

"Gesù prendendo i pani e i pesci, alzando gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla": sono i gesti semplici ma di chi sa accogliere le poche e piccole povere cose che sono comunque segno dell'infinito Amore del Padre che sta nel cielo, i gesti di Gesù, che nella sua carne rivela l'Amore che si dona, si spezza per moltiplicarsi, per trasformare il mondo. Le piccole cose sono un dono di Dio: la piccola umanità di Gesù è l'infinito Amore. Benedire significa riempire il presente della ricchezza infinita dell'Amore di Dio che va percepita, gustata, condivisa. È l'Eucaristia, memoria-ringraziamento del dono infinito di Dio nella Carne di Gesù, che ricorda che tutto è Amore, e lo attualizza perché anche la nostra vita è dono che chiede di essere accolto perché possa essere gustato, dono di un Dio che è tanto più grande quanto più si fa piccolo, che chiede di essere donato, spezzato, condiviso, per creare l'unità nella molteplicità infinita delle cose che senza l'Amore si disperderebbero.

È l'Eucaristia, la sintesi della logica di Dio che Gesù ha rivelato, vivendola, la logica del dono.

"Come è possibile...?" si chiedevano i Dodici "abbiamo solo pochi pani...Non possiamo comprare...Congeda la folla...si arrangi". Gesù con la sua Parola, i suoi gesti, la sua vita, ha mostrato che è possibile: basta accogliere i doni del Padre, aprire il cuore, non chiudere le mani, non fermare i doni.

I Dodici sono coinvolti da Gesù per distribuire il cibo alla folla: "tutti mangiarono e furono saziati e furono raccolti i pezzi avanzati: dodici ceste!"

Luca lascia ai suoi lettori (a noi, oggi), di pensare allo stupore dei Dodici, allo sconcerto di fronte alla novità di una logica che metteva in crisi la loro, il loro realismo.

Oggi, Gesù coinvolge noi, nel donare il pane spezzato da lui al mondo in attesa: noi, che come i Dodici, dobbiamo anzitutto lasciarci smuovere dal nostro realismo, dalle nostre logiche, dalle nostre leggi di mercato, dalle nostre teorie scientifiche, che alla fine lasciano la folla nella sua solitudine. Noi che fidandoci di Lui, ascoltando la sua Parola, credendo nella follia del suo Amore, possiamo generare veramente la civiltà dell'Amore.

Il Vescovo nel suo messaggio nella festa delle S.Spine ci ha invitati alla solidarietà come via per farci carico delle attuali povertà: solo chi crede l'Amore, chi sa vedere il Dono e spezzarlo per condividerlo, può dar vita ad un popolo la cui legge è l'Amore che diventa concretamente la solidarietà.

"La solidarietà - dice il Vescovo - è la responsabilità da parte di ciascuno di farsi carico dell'altro... che dobbiamo imparare a coltivare e a manifestare nei confronti di chi ci è prossimo e ancor più di chi ci è lontano fisicamente, socialmente, culturalmente o spiritualmente...che non deve essere espressa in modo episodico o casuale...che non richiede gesti grandi, fuori dalla nostra portata...che si può esprimere anche in piccoli attenzioni, che mette a disposizione dell'altro beni materiali, quando possibile, senza dimenticare altre risorse tangibili, sempre più scarse e forse per questo più preziose, come il tempo e l'amore".

 

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