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TESTO Eucaristia, comunione e condivisione

don Alberto Brignoli  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (02/06/2013)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

"Voi stessi date loro da mangiare": con questo invito, nel Vangelo di oggi Gesù provoca i Dodici, che spaventati di fronte ad una folla da sfamare in un luogo deserto, non sanno proprio come poter soddisfare la necessità basilare di questa gente.

Spesso, noi cristiani facciamo tante belle teorie e componiamo molte belle poesie di fronte ai grandi ideali dell'esistenza umana: la pace, la solidarietà, la fraternità, l'amore, l'uguaglianza, la giustizia, e via di seguito. E magari ci dimentichiamo di ció che sta alla base dell'esistenza umana, vale a dire il vivere. Dove non c'è vita, dove non c'è sussistenza, possiamo pure essere prodighi di belle affermazioni intorno agli ideali, alle cose che "vanno oltre", ma tutto è inutile, perché non ci sono le condizioni affinché queste parole siano accolte.

Non ci vuole molto per capire: chi di noi, di fronte a una persona che ha il quotidiano problema di dover sfamare se stesso e spesso anche i propri cari, si rivolgerebbe a questa persona facendole un discorso sugli ideali o sulla necessità di crearsi una coscienza morale o di approfondire le proprie conoscenze in materia di fede? Senza un pezzo di pane da mettere fra i denti (eccezion fatta ovviamente per il digiuno volontario) nessun uomo riuscirebbe ad affrontare un discorso sugli ideali e sui valori della vita...

Poi, c'è da dire che noi siamo anche bravi ad usare la Parola di Dio a nostro piacimento, e magari banalizziamo il discorso che stiamo facendo nascondendoci dietro la laconica affermazione che si rifà all'esperienza di Cristo nel deserto, il quale - per contrastare satana che lo tenta proprio sulla fame - afferma: "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio", ribadendo così l'assoluto primato dei valori dello spirito su quelli della carne. Ma ci troviamo su due piani completamente distinti, perché Cristo, in quel momento, stava digiunando volontariamente per creare un legame ancor più forte con il Padre; eppure, da sempre, lui stesso è cosciente della necessità che l'uomo abbia il minimo necessario per il proprio sostentamento, e il miracolo narratoci oggi nel Vangelo di Luca ne è la conferma.

Anche noi, in alcuni momenti della nostra vita di fede, siamo chiamati a imitare il digiuno di Cristo per cercare un altro tipo di cibo, e facciamo bene: ma non possiamo dimenticare che milioni e milioni di persone digiunano quasi quotidianamente, in maniera certamente non volontaria, e a volte il loro digiuno è interrotto solo dalla morte. Occorre allora innanzitutto saziare la fame dell'uomo, anche se a noi sembrano discorsi generici, pietistici, poco attinenti alla nostra realtà, perché comunque - nonostante la crisi ci abbia ridimensionato nelle nostre entrate e quindi nelle nostre spese - qualcosa da mangiare sempre l'abbiamo, e a volte abbiamo ancora addirittura troppo.

Cristo, alle folle che lo seguono, "parla del Regno di Dio e guarisce quanti avevano bisogno di cure": ma non si dimentica, insieme, di dare loro il cibo quotidiano. E non sta a fare delle congetture, come noi, che spesso neghiamo il pane della carità a un fratello che ha fame perché - diciamo - "potrebbe lavorare anche lui come lavoro io", "perché se ne approfitta", "perché se inizio a dargli qualcosa poi questo non smette più di cercare"; sono tutti pensieri leciti, però nel frattempo quel fratello ha fame e continua a chiederci pane.

La Chiesa, in ogni parte del mondo, ha da sempre compreso che non ci può essere evangelizzazione se non insieme a una profonda opera di promozione umana. L'uomo che ha fame, se continua ad avere fame, non può accogliere il Vangelo come Parola di Vita, perché lui non conosce Vita, perché questa Vita a lui viene meno ogni giorno. E non si tratta solo dell'uomo che ha fame di cibo, ma anche del malato, del disoccupato, del disadattato sociale, del discriminato, e anche di tutto quell'esercito di "nuovi poveri" creati dall'ormai insostenibile crisi socio-economica che stiamo vivendo da almeno cinque anni a questa parte, senza peraltro grandi prospettive.

"Voi stessi date loro da mangiare": Cristo fa rimbalzare il problema della fame dell'uomo sull'uomo stesso. L'umanità spesso ragiona come i Dodici, che vogliono che sia il Cristo a risolvere il problema della fame dell'uomo: " Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni per alloggiare e trovare cibo". Affermazioni che oggi risuonano come un "che vadano ai centri specializzati", "che vadano alla Caritas", "che vadano dai preti".

Certo, è giusto che nella Chiesa ci siano strutture che si facciano carico di queste problematiche: ma la Chiesa siamo noi, le persone, non le strutture. Queste encomiabili strutture caritative della Chiesa stanno in piedi se noi vi contribuiamo, se noi lo vogliamo, se noi facciamo la nostra parte, se, appunto, "noi stessi diamo loro da mangiare". Cristo, nel Vangelo di oggi, è cosciente sin dall'inizio del miracolo che sta per fare: eppure vuole che noi, insieme con lui, facciamo il miracolo di dare da mangiare a chi ha fame. Ecco il senso dell'Eucaristia, che oggi, giustamente, festeggiamo con tanta solennità: Cristo nel pane e nel vino si fa Cibo di vita eterna per l'uomo, ma insieme si fa condivisione, si fa "comunione" con l'uomo, ovvero condivide con lui le bellezze e i drammi della vita di ogni giorno, a partire dalla mancanza del pane quotidiano, come recita la preghiera del Padre Nostro qualche istante prima di ricevere la Comunione Eucaristica. Chiunque, a messa, faccia la comunione, in altre parole chi accetta di condividere la sua vita con Cristo, deve essere disposto ad accettare, direttamente, che Cristo gli chieda di fare comunione anche con il fratello che ha fame, che soffre, che è nella necessità.

Fare la comunione ogni domenica (o magari anche più volte la settimana) e non fare nulla per alleviare le sofferenze dei nostri fratelli è una grave contraddizione che rende vana, inutile, la nostra partecipazione all'Eucaristia. Non ci capiti mai di dire al Signore, magari partecipando alla messa, "Congeda la folla perché possa trovare cibo", come erroneamente fecero i Dodici quel giorno sulle rive del lago di Galilea; al contrario, accettiamo la provocazione di Cristo "voi stessi date loro da mangiare", consapevoli che attraverso i nostri miseri cinque pani e due pesci, ossia la nostra poca ma generosa collaborazione, Cristo, Pane di Vita Eterna, può continuare a saziare la fame di ogni uomo.

 

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