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TESTO La lezione dell'"ascoltare"

don Mario Campisi  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2004)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,27-30

27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

In tutti gli anni questa domenica pasquale è focalizzata sull'immagine teologica di Cristo-Pastore: di questa oggi viene evidenziato l'"ascolto" che i cristiani gli debbono. Infatti essi sono necessariamente un "popolo in ascolto" in tutte le situazioni della loro vita. Tale ascolto trova il suo punto di verifica nel realismo della sequela del "buon Pastore". E con i cristiani cammina la moltitudine dei santi, che hanno raggiunto la mèta alla quale conducono l'ascolto della Parola e la sequela del buon Pastore.

La dimensione dell'"ascolto" è certo importante nel nostro quotidiano. L'adulto sa quanto sia importante ascoltare. Chi non è ancora diventato adulto si comporta spesso come i bambini più piccoli: sono ansiosi di parlare e poco attenti a quanto viene detto. Invece il dialogo è fatto di ascolto. Altrimenti ogni conversazione è solo una somma di tristi monologhi. "Tristi", perché sono espressione di solitudine, di chiusura. E il dialogo è una dimensione dell'uomo.

In una civiltà tutta dominata dall'avere e dal fare può sembrare che l'ascolto sia determinato della propria personalità. Si pensa e si descrive tutta l'importanza della persona; poi si aggiunge che la personalità uno deve costruirsela; si conclude che l'azione, quella sì che conta. Non lo starsene passivi, in attesa. Per "essere qualcuno", per "essere di più" occorre avere. Ancor meglio, occorre saper fare. Altro che mettersi nell'atteggiamento passivo di chi si limita ad ascoltare!

Eppure si tratta di una menzogna! Una cisterna vuota non dà acqua; un uomo che non ascolta, che non è disposto a ricevere, non è in grado di dare. Se si vuole "essere di più", occorre l'umile atteggiamento di chi sa di avere bisogno di stare molto in ascolto.

E' questo lo stile di chi vuol servire: "Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta" (1Sam 3,9). Per essere pronto a parlare occorre che prima ci si metta in ascolto: per cogliere le esigenze, per comprendere gli autentici bisogni, per meditare con sapienza, quella della croce, la parola di Dio nelle Scritture e nella Tradizione della Chiesa, col senso di fede dei cristiani, con la parola di Dio riechieggiante nella storia e nei segni dei tempi.

Per vivere da cristiani, per essere Chiesa missionaria, non si parte mai da noi stessi. Non inventammo noi la nostra fede, non siamo parte di una religione naturale. Fummo raccolti dal "Pastore delle anime nostre"; la fede ci fu annunziata e ora ne possediamo il dettato nella Sacra Scrittura e nella sacra Tradizione che ci sono intarpretate dal magistero della Chiesa. Siamo un popolo "in ascolto". Senza questo "ascolto" non c'è fede, senza perseverarvi la fede non si mantiene, tanto meno arriva alla sua piena maturità esemplare. Ed è una riflessione importante specialmente oggi quando i cristiani ascoltano molte cose divergenti alla fede, molti magisteri degli uomini, sono "teledipendenti" e agganciati alla stampa di ogni genere. Ma il Cristo che parla lo ascoltiamo? Come valutiamo nell'Eucaristia e nelle altre circostanze del ministero pubblico della chiesa la celebrazione della parola di Dio? Si attua con la dovuta solennità, con fede e con spazio adeguato? Si ascolta come se Cristo parlasse in quel momento a noi?

C'è nell'aria del nostro tempo un grande tormento di solutidine, c'è un'incertezza diffusa che minaccia molti di un affidamento insignificante ad una qualunque deludente certezza.

La parola di Dio in questa domenica esalta Gesù Pastore che esprime la sua divina sicurezza: "Io do la vita eterna e non andranno perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano" (V.28). Essere cristiani è appartenere a questo Pastore, tenere gli occhi fermi a lui, riposare sulla sicurezza di custode della nostra vita. Ma la vittoria del pastore sicuro sulla nostra vita, sulla nostra storia, sulla storia del mondo, non avviene meccanicamente. L'ascolto si compie nel coerente discepolato cristiano. Siamo "segno levato fra le genti" e dobbiamo coltivare ogni giorno, nella vita quotidiana, la nostra coerenza evangelica e cattolica.

 

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