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TESTO No man's land

don Cristiano Mauri  

SS. Trinità (Anno C) (26/05/2013)

Vangelo: Gv 14,21-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,21-26

21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

La soglia è uno spazio strategico. Quel lembo di terra che separa il privato dal pubblico, il familiare dall'estraneo, il proprio dall'altrui. Terra di nessuno, né dentro né fuori, che vive e soffre questa duplice identità. No man's land. Spazio ambiguo e ambivalente, per quanto definito e determinante: luogo di passaggio o muro invalicabile; ponte di collegamento o trincea difensiva; segno di distinzione o inizio di comunione. Quella della propria casa, di un'istituzione, del proprio ufficio. Comunque sia e dovunque sia collocato: il limitare del mio spazio esistenziale che entra in contatto con l'esistenza altrui. Quella striscia di terra è un luogo determinante.

Abramo abita la soglia. Per come la abita potremmo dirlo addirittura un «uomo della soglia». La porta della sua tenda non è uno spazio vuoto, perché a riempire quella terra di nessuno c'è tutta la sua umanità, disposta in modo che la soglia senza più alcuna ambiguità assuma un volto preciso e un senso definito. C'è Abramo a fare da ingresso. La sua storia, la sua fede, le sue radici, i suoi desideri, i suoi fallimenti, le sue speranze, le sue ricchezze, le sue miserie. Il volto di un nomade è la soglia. Uno straniero per vocazione, uno che non ha patria ma fa di ogni luogo una casa, che non ha appartenenze definitive se non al suo andare e a tutto ciò che comporta. Abramo è quella tenda ma anche tutto ciò che le sta intorno. Un uomo, come un incessante e virtuoso dialogo di reciproco arricchimento tra la propria identità e ciò che la circonda.

Così sta sulla soglia vigile e attento, non come una sentinella sui bastioni ma come chi su un blocco di partenza è pronto a scattare in avanti. Vi rimane anche perché sia distinto l'esterno dall'interno, ciò che è familiare da ciò che ancora non lo è. D'altronde come potrebbe esserci ospitalità senza un vero spazio di accoglienza originale e unico? La distinzione è la condizione della comunione. Come parlare di accoglienza se non esiste una differenza in cui ti introdurre? Il segno della propria diversità è però, per Abramo, il trampolino in direzione di quella altrui, per poterla incontrare e assumere offrendo la propria. Il permanere stabile sulla porta della sua tenda, dichiara la duplice appartenenza di quell'uomo: nulla di ciò che sta all'esterno è definitivamente estraneo, tutto lo chiama in causa e tutto lo riguarda.

Abramo fa', così, della sua soglia il luogo delle occasioni da cogliere, avendo anzitutto il coraggio di accettare la possibile ambiguità delle situazioni, evitando la fretta di definirle e inquadrarle in modo rigido e soffocante. Così fa' chi ha l'animo nomade e straniero e sa che ogni cosa è in costante evoluzione e difficilmente classificabile con immediatezza. Nemico o amico? Opportunità o pericolo? Temporaneo o definitivo? Lo spazio in cui la sua esistenza entra in contatto con quella altrui è stabilito da Abramo come luogo di disponibilità e apertura prima che di applicazione di protocolli e di categorie. Un ambito in cui anzitutto scommettere sull'incontro, con la pazienza di sopportare la precarietà o l'indeterminatezza di certe situazioni, e con l'atteggiamento disarmato di chi desidera partecipare la propria intimità.

Cristo è stato l'«uomo della soglia» per eccellenza. Colui che ha fatto dello spazio di separazione tra umano e divino una porta girevole; che ha colto ogni contatto umano come l'occasione di un'ospitalità larga e misericordiosa, di qualunque umanità si trattasse.

Un credente non può non essere «uomo della soglia».

Stare sulla soglia che separa la mia esistenza da quella altrui col cuore e lo stile di Abramo perché non sia mai terra di nessuno.

Abitare lo spazio che delimita le situazioni più drammatiche dell'uomo senza avere la pretese di invaderle e tantomeno la viltà di sigillarle.

Accumulare tutto il patrimonio di disponibilità che ho là dove posso e devo incontrare il prossimo.

Fare del mio modo di essere una sporgenza di umanità per l'altro in cui la mia originalità si offre come spazio a quella altrui.

E' a far teologia trinitaria, rivelando un tratto di quel Dio uno e trino che è in sé mistero di ospitalità reciproca in una comunione non indistinta, deve essere una «Chiesa della soglia». Un'altra non può che parlare di un altro Dio.

 

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