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TESTO Commento Giovanni 10,27-30

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IV Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2004)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

NESSO TRA LE LETTURE

Questa domenica, nota come la domenica del "Buon Pastore", ricorre la giornata di preghiera per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Dalla liturgia di oggi emerge la figura del "Buon Pastore" che bada alle sue pecorelle. Già nelle catacombe e nei mosaici delle antiche basiliche troviamo l´immagine del "Buon Pastore", giovane e forte che porta una pecorella sulle sue spalle. Pastore e agnello sono immagini terrene usate dalla Chiesa primitiva per rappresentare il Cristo pasquale. Il vangelo del ciclo liturgico C proclama l´ultima parte della parabola, e mette in rilievo la relazione che esiste tra le pecorelle e il pastore, Gesù, che presenta se stesso come il vero pastore.

´Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eternaª (Vangelo). Queste parole del vangelo trovano il loro compimento definitivo nella visione celestiale che san Giovanni ci descrive nell´Apocalisse: ´ l´Agnello [Cristo Risorto] che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita [vita eterna]ª. Quelle pecorelle guidate sono la ´moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all´Agnello, avvolti in vesti candide [la nuova umanità], e portavano palme nelle mani [l´umanità vittoriosa]ª; questi ´sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazioneª (la persecuzione, per esser stati fedeli alla voce del loro Pastore), (prima lettura). Sono, come ci dice san Luca negli Atti degli Apostoli, "quelli che glorificavano la Parola di Dio", quelli che "abbracciarono la fede", "che erano destinati alla vita eterna". In loro si realizzò il Mistero Pasquale: la Morte di Cristo, nella persecuzione (gli insulti, l´espulsione), e la Resurrezione di Cristo, nel frutto della Missione Apostolica (´La parola di Dio si diffondeva per tutta la regioneª e ´i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santoª).

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Il "Buon Pastore". Il "Buon Pastore" è una figura biblica che ha la sua origine nell´osservazione della vita del campo e dell´esperienza della vita. Per molti anni, Israele fu un popolo di pastori, e la tradizione dell´epoca dei patriarchi e delle generazioni successive trovano eco nell´Antico Testamento. Il pastore che vigila e custodisce il gregge e lo conduce a fertili acque, è l´immagine dell´uomo che guida la nazione e le sta di fronte, proteggendola con gran sollecitudine. Così, viene rappresentato nell´Antico Testamento il pastore d´Israele. Nella sua predicazione, Gesù tiene conto di questa immagine, ma aggiunge un elemento nuovo e fino allora sconosciuto: il pastore è "colui che dà la vita per le sue pecore" (cf. Gv 10,11-18). Gesù attribuisce questa caratteristica al pastore buono, distinguendolo dal mercenario che bada alle pecore per guadagno personale. Più ancora, Gesù presenta se stesso come prototipo del "buon pastore", capace di dare la vita per il proprio gregge. Solo sulla croce e nei giorni successivi, gli apostoli avrebbero compreso la portata di questa immagine. Il Padre ha inviato il Figlio perché fosse pastore non solo d´Israele, ma di tutta l´umanità.

2. Il Buon Pastore e l´Eucaristia. È nell´Eucaristia che diventa più evidente e sacramentalmente presente l´azione del buon pastore chi, dopo aver predicato il Regno di Dio, ha offerto se stesso per le sue pecorelle. L´Eucaristia è, in effetti, il sacramento della morte e resurrezione del Signore, del supremo atto di redenzione. È il sacramento nel quale il Buon Pastore fa costantemente presente il suo amore oblativo per gli uomini.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. ´Pregate, dunque, il Padrone della messe che mandi operai nella sua messeª, (Mt 9, 38). ´La pastorale vocazionale trova il suo primo e naturale ambito nella famiglia. I genitori, infatti, devono saper accogliere come grazia il dono che Dio fa loro chiamando uno dei figli al sacerdozio o alla vita religiosa. Tale grazia va implorata nella preghiera e va accolta attivamente mediante una educazione che faccia percepire ai figli tutta la ricchezza e la gioia di consacrarsi a Dio. I genitori, che accolgono con senso di gratitudine e di letizia la chiamata di un loro figlio o di una loro figlia alla speciale consacrazione per il Regno dei cieli, ricevono un segno particolare della fecondità spirituale della loro unione, vedendola arricchita con l´esperienza dell´amore vissuto nel celibato e nella verginità. Questi genitori scoprono con stupore che il dono del loro amore si è come moltiplicato, grazie alla vocazione sacra dei loro figli, al di là delle limitate dimensioni umane. (...) La famiglia è il ´vivaioª naturale delle vocazioni. La pastorale familiare, quindi, deve rivolgere una specialissima attenzione all´aspetto propriamente vocazionale del proprio impegnoª (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale per le Vocazioni del 1994).

A questi genitori generosi Giovanni Paolo II rivolse queste emozionanti parole: "A voi padri e madri di sacerdoti e persone religiose, voglio manifestare un affetto e una gratitudine speciale, usando la vostra stessa espressione, tanto popolare e cristiana: 'Dio vi ricompensi´. Sì, che Dio vi ricompensi per il vostro silenzio oblativo che è amore fecondo, prolungato per mezzo dei vostri figli e figlie in una vita spirituale e apostolica che è manifestazione della fecondità della Chiesa. Io non ho con che ripagarvi, se non con l´allegria e l´affetto dei vostri stessi figli, con la loro benedizione, con la loro dedizione alla vita religiosa. Immagino che tutti voi sentiate la presenza di Dio in maniera speciale, al pensare che il vostro amore si è trasformato in un sacerdote che predica, che celebra l´Eucaristia, che perdona, che serve la comunità. Penso come sentite la grandezza della vostra missione di genitori, quando considerate che il vostro amore si è trasformato nella vita di una persona consacrata che serve senza posa, che mantiene accesa la lampada della speranza attivata dalla venuta di Gesù. La vostra devozione a Maria, Madre di Cristo buon Pastore, vi farà scoprire e vivere con gioia questa vostra vocazione di una nuova fecondità ecclesiale" (cfr. Giovanni Paolo II, 31 gennaio 1985).

2. Chiamare altri alla vocazione. ´La celebrazione di questa Giornata è un´occasione propizia per annunciare che lo Spirito Santo di Dio scrive nel cuore e nella vita di ogni battezzato un progetto d´amore e di grazia, che solo può dare senso pieno all´esistenza, aprendo la via alla libertà dei figli di Dio e abilitando all´offerta del proprio personale e insostituibile contributo al progresso dell´umanità sulla via della giustizia e della verità. Lo Spirito non solo aiuta a mettersi in sincerità davanti ai grandi interrogativi del proprio cuore - da dove vengo, dove vado, chi sono, qual è il fine della vita, come impegnare il mio tempo -, ma apre la strada a risposte coraggiose. La scoperta che ciascun uomo e donna ha il suo posto nel cuore di Dio e nella storia dell´umanità costituisce il punto di partenza per una nuova cultura vocazionaleª (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale per le vocazioni, 1998).

3. Rispondere alla chiamata di Dio. ´Quando il giovane chiede intorno al "di più": "Che cosa mi manca ancora?", Gesù lo fissa con amore, e questo amore trova qui un nuovo significato. L´uomo viene portato interiormente, per mano dello Spirito Santo, da una vita secondo i comandamenti ad una vita nella consapevolezza del dono, e lo sguardo pieno di amore di Cristo esprime questo "passaggio" interiore. E Gesù dice: "Se vuoi essere perfetto, va´, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi" (Mt 19,21). Sì, miei amati giovani amici! L´uomo, il cristiano è capace di vivere nella dimensione del dono. Anzi, questa dimensione non solo è "superiore" alla dimensione dei soli obblighi morali noti dai comandamenti, ma è anche "più profonda" di essa e più fondamentale. Essi testimonia una più piena espressione di quel progetto di vita, che costruiamo già nella giovinezza. La dimensione del dono crea anche il profilo maturo di ogni vocazione umana e cristiana, come verrà detto in seguito. (...) È per questo che desidero dire a tutti voi, giovani, in questa importante fase dello sviluppo della vostra personalità femminile o maschile: se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti! "La messe, infatti, è molta" (Mt 9,37). C´è un enorme bisogno di molti che siano raggiunti dalla chiamata di Cristo: "Seguimi". C´è un enorme bisogno di sacerdoti secondo il cuore di Dio, e la Chiesa e il mondo d´oggi hanno un enorme bisogno di una testimonianza di vita donata senza riserva a Dio: della testimonianza di un tale amore sponsale di Cristo stesso, che in modo particolare renda presente tra gli uomini il Regno di Dio e lo avvicini al mondoª (Giovanni Paolo II, Dilecti amici, 31 marzo 1985).

 

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