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padre Gian Franco Scarpitta  

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/08/2004)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Il problema che l'interlocutore di Gesù sta esponendo non è stato escluso neppure dal pensiero teologico nel corso della storia, visto che, per esempio, i Pelagiani nel V secolo affermavano che l'uomo potesse salvarsi solo grazie alla capacità del proprio libero arbitrio, mentre, in epoche successive i Giansenisti ritenevano al contrario che solo la grazia di Dio può concedere la salvezza, ma che questa venisse comunicata solo ad alcuni sicché nel progetto divino è stato già prestabilito chi si salva e chi si dannerà.

Nel periodo di cui alla pagine del vangelo che ci occupa per oggi, la questione riguardava invece un certo connubio fra Giudei o pagani: chi fra di loro si salva? Sono pochi o molti quelli che si salvano? La risposta del Signore va' molto più in profondità rispetto a quelle che potrebbero essere state le aspettative dello sconosciuto che pone la domanda: non è importante chiedersi CHI sarà salvato, né QUANTI siano quelli che si salvano, ma piuttosto ADOPERARSI per essere salvati.

In Gesù Cristo, come affermerà poi San Paolo, la salvezza diviene un fattore non limitativo ad una sola categoria di persone né ad una sola classe di gente precostituita; esso scaturisce invece da un dono divino universale. Tale è anche il concetto di cui alla prima lettura dal testo di Isaia: Dio raduna tutti i popoli nonostante le varie lingue. In altre parole, tutti gli uomini sono destinati alla salvezza, poiché Dio in Cristo ha voluto recuperare tutto il genere umano nel progetto della redenzione; tuttavia occorre che noi si collabori con tale nobile progetto divino, collaborando a che ci si possa effettivamente salvare. Come? Passando per la porta stretta. Con questo termine "porta" Gesù indica se stesso, visto che Giovanni vi aveva intravisto "la porta delle pecore": è lui la via di accesso al Padre e pertanto è lui la via che conduce alla salvezza. E questo ci lascia del tutto convinti che Dio ha a cuore che tutti gli uomini si salvino e che raggiungano la pienezza della gloria in questa e nell'altra vita. Il problema però è che questa "porta" che riguarda Gesù Cristo stesso non è un ingresso semplice, poiché impone un radicale cambiamento dei costumi e della mentalità, una nuova fisionomia nel pensiero e nella prassi comportamentale che prescinda dagli egoismi e che occupi in tutto e per tutto lo spazio di Dio. In più chi vuole entrare per questa porta non può non ricevere le avversità e le persecuzioni, appunto perché scegliere Gesù Cristo vuol dire decidersi in tutto e per tutto per la sua causa anche nella prospettiva delle altrui controversie, minacce, ripicche o semplicemente delle derisioni da parte di chi il Cristo lo contrasta. Insomma, scegliere Cristo vuol dire opporsi alla logica del mondo e fuggire ogni forma di compromesso per vivere la radicalità del Vangelo. Quindi è difficile passare per questa porta.

Ma Gesù in questa pagina resta sgomento non per la difficoltà che comporta la porta stretta: per quanto riguarda le lotte, le avversità e i problemi relativi all'essere cristiani, Gesù infatti ha sempre garantito il proprio sostegno e la propria vicinanza ed è anzi lui stesso a lottare con noi, giacché non soltanto Gesù ci invita a seguirlo ma ci assiste anche mentre lo facciamo. Quello che nota Gesù è piuttosto la NEGLIGENZA di tante persone che non si adoperano in alcun senso nel tentativo di passare per questa porta: che l'ingresso sia difficile è inevitabile, ma nessuno è giustificato quando omette di fare il minimo sforzo per potervi passare. E i pigri in questo senso sono molti. Ci riferiamo a quanti pretendono un Vangelo o una dottrina cristiana che collimi esclusivamente con le proprie attese, a quanti sono disposti a porsi alla sequela di Gesù solo quando questo non comporti rinunce o sacrifici e magari preveda immediate ricompense, ma che rifuggono la necessaria lotta per la cristianità e soprattutto le immolazioni che il cristianesimo comporta.

E' risaputo che in tutti i mestieri, le attività o le incombenze della vita si debbano inevitabilmente affrontare dei rischi, delle delusioni o semplicemente delle difficoltà, tuttavia non si è mai giustificati allorché ci si arrende ancor prima di lottare o peggio ancora se si pretende il successo immediato senza volersi esporsi almeno quanto basta per provare la virtù e meritare i premi: la negligenza o la tendenza al "tutto e subito" non può ottenere garanzia di realizzazione alcuna in nessun settore della vita e a proposito del cristianesimo non merita il Regno dei Cieli né la salvezza.

Afferma San Giacomo nella sua Lettera biblica: "Voi chiedete e non ottenete, perché chiedete male, con l'intento di dilapidare" per indicare che non ci si può aspettare nulla da Dio quando si tende solo a realizzare i propri interessi (dilapidare) per poi gettare Dio nel dimenticatoio.

Ancora più arrogante e disdicevole è il caso di chi presume di salvarsi solo attraverso le pie pratiche religiose pensando di aver estinto ogni debito con il Signore quando frequenta i Sacramenti e la Messa domenicale, senza che tutto questo sia però accompagnato da una coerente testimonianza di vita cristiana nel quotidiano, secondo la gratuita logica infantile del "rubare non rubo, uccidere non uccido, vado a Messa, prego tot volte al giorno, mi confesso.... Sono a posto" che porta molto spesso a non considerare il numero consistente di peccati contro il prossimo che si commettono tutti i giorni e che mai si tende a confessare, senza contare il dato di fatto che in casi come questi si è condotti a giudicare gli altri atteggiandoci in modo altezzoso nei riguardi del prossimo. Quando noi ci si troverà al cospetto di Dio, saremo invece giudicati sull'amore che avremo apportato ai fratelli, su come avremo vissuto ogni giorno la Parola del Signore fuori dal tempio e pertanto su come in concreto saremo stati fedeli al Signore e alla Sua Parola e sarà quello il momento della verità sulla nostra salvezza. Ma potrebbe capitare la sorpresa, allora per noi inaspettata che chi avevamo considerato ultimo, cioè "lontano" o "peccatore" diventerà "primo" nel Regno di Dio, magari per aver inconsapevolmente reso testimonianza cristiana meglio di noi. E qualcuno di noi, che si illudeva,... tagliato fuori.

 

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