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TESTO La gioia sia con voi

mons. Antonio Riboldi

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II Domenica di Pasqua (Anno C) (18/04/2004)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

"La sera dello stesso giorno - racconta l'evangelista Giovanni - il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore"

Devono essere state lunghe le ore trascorse dal Giovedì notte, quando il Maestro si consegnò, come fosse un nulla, a chi era venuto ad arrestarlo.

Un arresto che è la vergogna della ignoranza o l'altare della cattiveria, perché sapevano che Gesù era innocente, ma non si tollerava che parlasse di amore, di paradiso, di resurrezione, di uomini amati da Dio, incredibilmente, nonostante la nostra debolezza.

Mise tanta paura quel vederlo trascinato da un tribunale all'altro, per proclamare una innocenza non smentita; consegnato perché fosse distrutto fisicamente e umanamente, fino alla crocifissione e quindi sepolto. Era l'ora dell'odio, che sembrava voler inghiottire anche ogni briciolo, di amore. Era l'ora della morte, che voleva prendere il posto della vita. Era l'ora dell'uomo svenduto a satana, che se avesse potuto avrebbe cancellato ogni traccia del Cuore del Padre. Ma era proprio il modo, invece, dell'amore che si fa dono e vittoria.

E la debolezza degli apostoli non era riuscita allora a capire il tragico duello tra morte e vita, tra amore e odio, tra Dio e satana. Lo capiranno più tardi per opera dello Spirito Santo, al punto da ripetere nella loro vita la storia del Maestro, con il martirio.

E' una paura che avvolge ancora oggi l'umanità, che sembra stupidamente arrendersi alla volgarità del male. Il male che ha come cuore il freddo calcolo del benessere, che non ha anima, e non solo stritola ogni valore che è in noi, come la traccia della mano del Padre, che ci fa simile agli angeli ma irride chi non piega la testa alla sua tracotanza.

Sentii un giorno una persona che confessava la sua resa di fronte alla arroganza del male. Le chiedevo stupito perché non ci si ribellava a tanti mali, che ci vengono imposti dalla moda, dal consumo, dai mass-media e via dicendo. "Bisogna ribellarsi, dicevo: non si può accettare di essere dalla parte dei crocifissori dell'uomo e neanche dalla parte dei paurosi. I martiri non si tirarono indietro davanti alla morte per confessare la loro appartenenza a Gesù". Mi rispose: "Non è possibile: tutto oramai è nelle mani del mercato, del profitto che non ha anima e cuore. Resta solo arrendersi". "Se è così," risposi "se è vero, cioè, che l'umanità subisce il dominio del denaro, calpestando ogni "piega della bellezza umana, impressa dal Padre", la criminalità organizzata, di cui tanto si parla, è ben piccola cosa!"

Ma poteva Gesù, Figlio di Dio, lasciare allo sbando quanti aveva scelti, ieri, oggi, sempre? Era forse Gesù un "profeta di poca durata" destinato a vedere le sue parole finire nel nulla? Ed ecco che quel meraviglioso giorno della Pasqua, con la sua resurrezione spazza via ogni dubbio ed apre "il giorno del Signore, capace di ridare speranza e gioia per sempre a tutti, anche a noi.

Gesù disse di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". E dopo avere detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete non saranno rimessi".

Quelle porte chiuse, dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei, all'apparire di Gesù, devono essersi spalancate alla gioia, spazzando via ogni timore che "tutto fosse finito", che cioè Gesù fosse stato come una cometa di breve durata su un mondo che ha bisogno di luce continua, sempre, che accompagni i momenti sereni, pochi, e quelli tristi, tantissimi. Avevano bisogno, ed abbiamo bisogno, di qualcuno che con la sua presenza viva sia la stessa Pace, capace di donarsi e restituire a ciascuno di noi quella gioia e quella serenità che nulla può darci, se non per breve tratto, senza di Lui.

Abbiamo bisogno, anche noi oggi, che si spalanchino le porte della paura nelle quali ci siamo rinchiusi per timore di tutto quanto avviene. Non si è più sicuri di nessuno e di nulla. E' tanta la notte dell'anima che circola tra di noi da mettere in discussione la voglia di serenità e di pace.

Gesù con la sua Resurrezione ci ridona questa insperata pace. "Della luce pasquale - avvertiva Paolo VI, a Milano, nella Pasqua del 1961 - vogliamo cogliere un raggio per tutti quelli che lo vorranno ricevere, come dono. E' il raggio primo della pace della Pasqua della vita, cioè risorta con Cristo ed è la gioia. Il cristianesimo è gioia. La fede è gioia. La grazia è gioia. Ricordate questo, o uomini, figli e fratelli e amici. Cristo è la gioia, Cristo è la vera gioia, la vera gioia del mondo. La vita cristiana è austera, essa conosce il dolore: essa conosce il dolore e la rinuncia, esige la penitenza, accetta il sacrificio, fa propria la croce e quando occorre affronta la sofferenza e la morte. Essa è umana. Essa è più che umana, pervasa com'è da una presenza viva e ineffabile, lo Spirito consolatore, lo Spirito di Cristo che la conforta, la sorregge e la abilita a fare cose superiori, la dispone a credere, a sperare, a amare. E' felice oggi, in attesa di una piena felicità domani".

Ma non è semplice per noi uomini, che vogliamo toccare con mano tutto prima di affidarci, compreso "il Cielo", se fosse possibile. Ed è quello che, per nostra fortuna, capitò a Tommaso, uno dei dodici. Quando gli Apostoli gli comunicarono la gioia del Cristo risorto, la sua risposta fu una ferma posizione di diniego. "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto dito nel posto dei chiodi e non metto la mano nel suo costato, non crederò". E' netta la posizione di Tommaso: "se non vedo con i miei occhi, se non tocco con le mie mani, non credo". E non è solo di Tommaso questa affermazione... è di tanti che escludono la gioia della presenza meravigliosa di Dio, se "non toccano". Mi viene in mente la netta posizione di un filosofo francese, "Fossard, che non voleva assolutamente parlare o sentire parlare di Dio, "perché non vedeva". Ed un giorno, mentre per caso si trovava a Notre Dame di Parigi, tutto gli apparve chiaro improvvisamente, come se Gesù fosse apparso a lui. Al punto che scrisse un libro: "Dio esiste, io l'ho incontrato". Oppure quelle persone che vedendo la santità di Madre Teresa dicevano: "davvero Dio esiste, è in quella santa". E lo è per fortuna ancora oggi in tanti, tantissimi in tutto il mondo, che non conoscono paure, sposano il coraggio della fede che fa varcare le soglie della speranza e ancora di più le frontiere della carità, fino a dare la vita e fanno dire "Dio esiste, io l'ho incontrato". Si ripete all'infinito quanto è avvenuto ai discepoli chiusi nella paura ed a Tommaso chiuso nel dubbio: "Signore mio, e Dio mio". E la gioia fu piena per loro, come per i cristiani di oggi.

Per questo Gesù rimproverò dolcemente Tommaso e quindi noi: "Metti qua il tuo dito e tocca le mie mani: stendi la tua mano e mettila nel mio costato e non essere più incredulo, ma credente". La risposta di Tommaso è davvero l'umile riconoscimento della propria ignoranza: "Signore mio e Dio mio!"

E Gesù, come rivolgendosi ai tanti Tommaso che ci saranno sempre, ossia a quelli che vorranno "vedere" con questi occhi, che non possono vedere chi si fa vedere solo agli occhi della fede e della carità, e vale anche per tutti noi; "Tommaso, perché mi hai visto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno. E tra questi, preghiamolo con tutto il cuore, vorremmo essere noi, voi che mi leggete. Perché vederLo è quella gioia che cerchiamo e che è solo Lui.

 

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