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TESTO Commento su Giovanni 14,15-16. 23-26

Monastero Domenicano Matris Domini  

Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (19/05/2013)

Vangelo: Gv 14,15-16. 23-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Collocazione del brano
Anche il brano che questa domenica di Pentecoste ci propone è tratto dal discorso di addio di Gesù ai suoi discepoli. In parte ci è stato già proposto la VI domenica di Pasqua, 15 giorni fa. Gesù avverte i suoi che se ne sta andando, ma che ritornerà. Ricorda loro l'importanza di rimanere nell'amicizia con Lui e di osservare i suoi comandamenti. Promette poi l'arrivo del Paraclito, lo Spirito Santo, che li aiuterà a comprendere ciò che hanno vissuto con Gesù.
Lectio
15"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
Diverse volte nel Vangelo di Giovanni si trova questa correlazione tra amare Gesù e osservare i suoi comandamenti. Bisogna notare anche che questa correlazione introduce una sorta di ricompensa, perché è sempre seguita da una promessa riguardante un'azione del Padre (vedi versetto seguente). La coppia amare/osservare i comandamenti si trova anche nel Deuteronomio, che è una riflessione sull'Antica Alleanza pronunciata da Mosè nell'imminenza della sua morte: cf. Dt 5,10; 6,5 e passi segnalati a margine. In questi passi si afferma l'amore che Dio dimostra nei confronti di coloro che conservano la sua Alleanza. Giovanni aggiunge un elemento: bisogna amare Gesù e osservare i suoi comandamenti. Non vi è concorrenza tra il Padre e il Figlio.
Semplicemente il Padre ha deciso di rivelare se stesso mediante il Figlio e lo ha posto come condizione essenziale affinché l'essere umano possa entrare nella comunione divina, cioè nell'amore che vi è tra il Padre e il Figlio.
Cosa dobbiamo intendere per comandamenti di Gesù? In tutti i passi in cui è presentata la coppia amare/osservare si trova il termine miei comandamenti, ma anche mia parola. Quindi è possibile pensare che questi termini possano coincidere. La parola di Gesù è tutto ciò che ha detto per rivelare il Padre e se stesso. Ma anche l'antica alleanza, i comandamenti, erano parola di Dio, cioè una rivelazione della sua realtà, della sua presenza nella storia del popolo di Israele. Ancora pensando ai comandamenti di Gesù ci si può riferire al "comandamento" nuovo e unico che Gesù ha lasciato: quello dell'amore fraterno, che troviamo in Gv 15,12 e Gv 13,34. Inoltre nel compiere la lavanda dei piedi, anche se non utilizza il termine comandamento, Gesù dona un insegnamento ai suoi che essi devono custodire e imitare.
16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,
Questo pregherò è denso di significato. E' un verbo (erotao) che viene utilizzato solo per la preghiera del Figlio.
Gesù, ritornato presso il Padre, si rivolgerà a Lui e con insistenza gli manifesterà il suo desiderio. Il Paraclito rimane un termine ancora un po' oscuro. Letteralmente significa "colui che si chiama accanto" e proviene dal linguaggio forense. E' dunque l'avvocato, colui che si chiama affinché ti difenda in giudizio. Il Paraclito quindi, colui che si chiama accanto, verrà rispondendo alla preghiera del Figlio e rimarrà sempre accanto ai discepoli.
Egli sostituisce Gesù che è stato per lungo tempo accanto ai discepoli (cf. Gv 14,9), ma che ora li sta per lasciare.
23 Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
La liturgia della domenica di Pentecoste - anno C, salta al versetto 23 e ci ripropone un brano su cui abbiamo già riflettuto la VI domenica di Pasqua. Qui si ripete con altre parole ciò che è già stato affermato ai versetti 15-16, secondo l'endiadi amare/osservare, che porta a un'azione del Padre. In particolare Gesù non si rivolge più ai suoi discepoli, ma parla di "uno", indicando con ciò tutti coloro che in futuro desidereranno amare e incontrare Gesù. Anche questo ipotetico discepolo, cioè ognuno di noi, allo stesso modo dei Dodici, è chiamato ad amare Gesù. Altra differenza: qui non Gesù non parla di comandamenti, ma della sua Parola, ma abbiamo detto che i due termini riconducono a una stessa realtà: cioè la rivelazione che Dio ha fatto di se stesso sia nell'antica Alleanza, sia in quella Nuova. L'effetto che ha l'osservanza della parola assume qui un'altra sfumatura: il discepolo sarà amato dal Padre e diverrà dimora del Padre e del Figlio. Questo tema della dimora di Dio tra gli uomini era predominante nell'Antica Alleanza (cf. Es 25,8-9) e la dimora di Dio nel cuore dei suoi fedeli faceva parte delle promesse dei profeti (cf. Ez 37,26-27; Zc 2,14). Essa poi si è realizzata con la discesa dello Spirito Santo e viene riconosciuta nella Chiesa delle origini (2Cor 6,16; Ef 3,17).
24 Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
C'è una stretta correlazione tra l'amare Gesù e osservare/custodire le sue parole. Chi non lo ama non lo ascolta.
Giovanni nel suo vangelo ci dà molti esempi di questa mancanza di ascolto. Gesù ci tiene a ricordare che la sua parola è degna di ascolto perché non è sua. Egli è il mandato dal Padre, partecipa a una missione più grande di sé e la sta portando a termine. E' questa la garanzia che Gesù non è un semplice trascinatore di masse che centra su di sé l'attenzione degli uomini.
25 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26 Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto."
Il discorso di addio di Gesù sta per terminare. Egli ha detto ai suoi discepoli alcune cose importanti che essi dovevano sapere prima che Gesù venisse arrestato, condannato e ucciso. Essi non capirono granché di queste parole, infatti lo abbandonarono e lo rinnegarono invece di rimanere accanto a lui e rischiare di subire la stessa sua sorte. Essi avrebbero capito queste parole solo più tardi, dopo la risurrezione, ma soprattutto dopo la discesa dello Spirito Santo. Gesù salito al cielo lo avrebbe chiesto al Padre. Lo Spirito Santo sarebbe sceso su di loro e avrebbe svolto il suo compito di insegnare e di far ricordare le parole di Gesù. Queste parole sono così dense di significato, che non si possono comprendere subito. La parola di Dio va ruminata, rimeditata, riletta alla luce della risurrezione. Ecco che lo Spirito Santo ci aiuta in questo. Egli è stato chiamato anche il Maestro interiore, colui che ci aiuta a comprendere. Ecco perché spesso veniamo invitati a invocare lo Spirito Santo prima di accingerci a leggere il Vangelo o la Bibbia, perché ci aiuti a comprendere in profondità, in modo conforme alla nostra situazione e alle nostre capacità, la parola di Dio, gli avvenimenti che Lo riguardano, le verità che riguardano anche la nostra vita.
Meditatio
- Quale spazio ha lo Spirito Santo nella mia vita? Ho sentito talvolta la Sua presenza accanto a me?

- Mi capita mai di invocare lo Spirito Santo prima di qualche occasione importante o nei momenti di bisogno?

- Mi è mai capitato di riconoscere la presenza di Dio in una situazione, l'avverarsi della sua Parola?
Preghiamo (Colletta della domenica di Pentecoste - anno C)
O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Per il nostro Signore...

 

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