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TESTO Dal Sinai al Cenacolo

don Alberto Brignoli  

Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (19/05/2013)

Vangelo: Gv 14,15-16.23-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-16.23-26

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Il Dio che si rivela a Mosè sul Sinai non è certo un Dio pacifico e tranquillo. Non è il Dio della Genesi, meticoloso calcolatore di ogni cosa, che mette in ordine il caos iniziale e lo fa diventare "cosmo", "ordine". E non è nemmeno il Dio dell'Eden, così "a riposo" da permettersi delle passeggiate con Adamo nel Giardino della Vita, almeno fino a quando Adamo giocherà a nascondersi perché avrà paura di lui.

Il Dio del Sinai sembra un po' di più a quello del diluvio universale o della torre di Babele, che quando interviene sulla terra getta scompiglio. Lampi, tuoni, nubi, fortissimi suoni di strumenti, fumo e tremore: Dio quando scende sul Sinai non fa certo silenzio, ma crea silenzio e timore in tutto il popolo, pronto senza mezzi termini ad obbedire ai comandi di un Signore così potente nelle sue manifestazioni da poter essere difficilmente contraddetto.

A un popolo riunito in grande assemblea, Dio si manifesta con la potenza della sua gloria e consegna le tavole della Legge, ovvero il sigillo dell'Alleanza. Moltissimi anni dopo, una piccola porzione di popolo di Dio si trova ancora riunita, questa volta in una piccola assemblea; c'è una manifestazione forte della potenza di Dio, che scende in mezzo a questa porzione di popolo e dona il Sigillo della Nuova Alleanza, lo Spirito. Sembra essere nulla di più che una semplice analogia, con le debite distinzioni di spazio e di tempo.

Ma non è così. Tra il Sinai e il Cenacolo c'è un abisso molto più ampio dello spazio e del tempio. È un abisso che corre tra le tavole di pietra e il cuore dell'uomo, tra un Dio lontano e un Dio vicino, tra un Dio del passato e un Cristo del presente, tra un'autorità che è potere e un'autorità che è servizio, tra una Chiesa società e una Chiesa comunità, tra una Parola come lettera morta e un Vangelo che è potenza e vita, tra un culto che è cerimonia e una liturgia che è memoriale, tra una morale da schiavi e una morale che libera. Ciò che Paolo chiama "vita secondo la carne" e "vita secondo lo Spirito". Passare dal Sinai al Cenacolo è passare - sempre per dirla con Paolo - dalla lettera che uccide allo Spirito che dà la vita. E questa, è opera dello Spirito stesso.

È lui, padre dei poveri, che da un'assemblea sicura di sé per la sua potenza numerica ci trasforma in piccolo gregge forte solo della coscienza della propria umiltà.

È lui, datore di doni, che da un popolo dedito alle offerte e ai sacrifici ci trasforma in una comunità pronta ad accogliere e ricevere, prima ancora che a dare.

È lui, luce dei cuori, che da una fede dei secoli bui, fatta di minacce e timori, cerca inesorabilmente di condurre la Chiesa a una fede improntata sulla misericordia, sul dialogo, sulla fiducia in un Dio padre più che padrone.

È lui, consolatore perfetto, che nel momento della prova ci conduce dal "Dio, dove sei?" al "Oddio, meno male che ci sei tu!".

È lui, ospite dolce dell'anima, che da una Chiesa arroccata su se stessa a difendere il poco che le resta, ci fa passare ad una Chiesa in cui tutti si sentano dolcemente a casa propria perché accogliente e ospitale.

È lui, dolcissimo sollievo, che da una fede vissuta con stanchezza e pesantezza perché oppressa da regole, norme e decreti, ci conduce a vivere una fede libera, piacevole, gioiosa, non soffocante perché non più preoccupata di "restare nei canoni" per essere vera.

È lui, riposo nella fatica, che anche quando credere ci costa fatica e sacrificio ci dice che non è mai invano. E questo i martiri di ogni tempo lo sanno bene.

È lui, riparo nella calura, che quando ci sentiamo ardere dal fuoco delle nostre passioni ci tende una mano e ci aiuta non solo a raffreddare i nostri bollenti spiriti, ma anche a immagazzinare tutta l'energia che essi sano sprigionare, per farne ricchezza nei momenti di aridità.

È lui, conforto nel pianto, che trasforma ogni lacrima versata per dolore in un ruscello impetuoso e forte che trascina con sé tutto ciò che lo circonda; e ogni lacrima versata per amore in fiumi di amore per chi si è dimenticato da tempo come si ama e come si piange per amore.

Ti preghiamo, Spirito di Dio: vieni ancora sulla tua Chiesa e lava ciò che è sporco, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò che è storto.

Lava ciò che nella Chiesa è sporco, non attraverso proclami mediatici e promesse roboanti di rinnovamenti che non verranno mai, ma attraverso un'azione umile, silenziosa e costante, come quella delle nostre nonne massaie che risciacquavano mille e mille volte i panni alla fonte, eppure non li sciupavano mai;

bagna ciò che nella Chiesa è arido, soprattutto la nostra insensibilità di fronte ai drammi di milioni di persone che non hanno acqua per cucinare, per irrigare i loro campi o che - di questo passo - saranno costretti a pagare salato per avere un bene che ritenevamo "semplice e puro" come bere, appunto, un "bicchiere d'acqua";

sana le ferite che ancora sanguinano nella Chiesa: i tuoi discepoli divisi in mille confessioni, i pastori lontani dal loro gregge, i gruppi parrocchiali in litigio tra di loro per invidie e gelosie, i troppi silenzi sui soprusi di ogni tempo e di ogni luogo, una teologia e un pensiero spesso imprigionati perché ritenuti impavidi, disobbedienti e progressisti;

piega la rigidità di chi, nella Chiesa, è convinto che sia più giusto governare con il bastone delle norme e dei canoni che con le carezze della pazienza e della misericordia, solo ed esclusivamente per un fatto di comodità;

scalda i cuori di chi, nella Chiesa, non è più capace di emozionarsi di fronte a nulla, e celebra i Sacramenti con sufficienza, con automatismo e - troppo spesso - pure con un tornaconto economico;

raddrizza ciò che, nella Chiesa, va dove vuole per i sentieri tortuosi delle elucubrazioni mentali, incapace di entrare con semplicità nel Regno dei Cieli e spesso impedendo pure ai semplici di entrarvi.

Scendi, Spirito, da quel Sinai dove sei rimasto per troppo tempo tuonando contro tutto e contro tutti, e riempi ancora il cuore dei tuoi fedeli come hai fatto quel giorno, a Pentecoste, in ogni Cenacolo di nascondimento, di silenzio, di mitezza, e di misericordia.

 

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