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TESTO Commento su Marco 12,38-44

Paolo Curtaz  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (11/11/2012)

Vangelo: Mc 12,38-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,38-44

38Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Ci sono momenti nella vita in cui perdiamo tutto: salute, lavoro, una persona cara (non necessariamente perché muore), voglia di vivere. Momenti faticosi, terribili, in cui abbiamo l'impressione di non sopravvivere.
Sono le vedove, le ultime della società, ad essere al centro dell'attenzione della Parola di Dio di oggi. La prima vedova si trova a Zarepta di Sidone, fuori dal territorio di Israele. Elia, il grande profeta, le chiede accoglienza alle porte della città. Questa povera donna, senza mezzi di sussistenza, accetta di ospitare questo sconosciuto, straniero, condividendo l'ultima porzione di cibo che possiede. Questo immenso segno di generosità cambierà la sua vita: l'olio nell'orcio e la farina nella madia non verranno mai più a mancare. Così la vedova del Vangelo getta nel tesoro del Tempio qualche euro, mentre i notabili della città e i devoti si spintonano per far notare le somme considerevoli che versano nelle casse del Tempio appena ricostruito. Gesù loda la generosità di questa donna che ha dato il suo necessario come offerta a Dio. Come la vedova di Elia, trasciniamo un passo dopo l'altro, tenuti in vita da qualche affetto (il figlio per la vedova) ma rassegnati a veder consumare ogni forza, ogni energia. Eppure, in quel momento di rarefazione esistenziale, di dolore assoluto, con o senza Dio presente, possiamo diventare capaci di accoglienza, di dono, di condivisione, di non lasciarci soffocare dalla rabbia assoluta e vedere altro dolore, altra sofferenza.

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