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TESTO Non allontaniamoci troppo in fretta da Gerusalemme!

don Alberto Brignoli  

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Ascensione del Signore (Anno C) (12/05/2013)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Ora, a duemila anni di distanza, possiamo ritenere senza problemi di sapere perché Gesù abbia pronunciato, immediatamente prima di salire al cielo, questa frase in presenza dei suoi discepoli: "Restate in città". Un ordine che poi Luca, relatore della frase, nel suo secondo racconto a Teofilo, ribadisce in modo categorico: "Ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme".

Per la verità, in entrambi i racconti Gesù motiva il perché di quest'affermazione, dicendo che dovevano attendere a Gerusalemme il compimento di una promessa; quella che li avrebbe rivestiti di potenza dall'alto, la potenza dello Spirito. Per noi, dicevo, sulla scorta di duemila anni di cristianesimo non è per nulla difficile comprendere come questa promessa si riferisse allo Spirito Santo la cui discesa sulla Chiesa nascente viene celebrata nella Pentecoste. Ma per i discepoli che la vivono appunto come una "promessa", ossia come qualcosa che è stato assicurato loro che riceveranno, ma di cui ancora non sanno nulla, comprendere la portata di certe affermazioni ritengo non sia stato affatto facile. Soprattutto quando sono fatte da un Maestro che ha sempre predicato l'universalità, l'apertura verso tutti, le porte della Chiesa spalancate a ogni uomo, e via dicendo.

Eh, già: per un Maestro aperto all'universalità, alla missione, all'annuncio, alla necessità di fare suoi discepoli tra tutti i popoli, affermazioni di questo tipo suonano come una chiusura, una ristrettezza, una limitazione, un impedimento ad andare "oltre" i limiti della città.

Perché mai bisognava "restare in città", senza allontanarsi da Gerusalemme? Perché proprio "in città" era necessario fermarsi ad attendere la promessa? Chi ha mai detto che la potenza dello Spirito non potesse manifestarsi anche fuori da Gerusalemme (tant'è vero che tutto il racconto del libro degli Atti ce lo dimostra in maniera inequivocabile)?

Forse un tentativo di risposta lo troviamo in ciò che avviene nei versetti precedenti la conclusione del Vangelo di Luca che oggi leggiamo nella Liturgia. Poco prima di manifestarsi ai discepoli riuniti in un solo luogo, il Risorto si manifesta sulla strada, e non su una strada qualsiasi: sulla strada che da Gerusalemme conduceva verso un villaggio di nome Emmaus. Una strada percorsa da due dei suoi discepoli, entrambi col volto triste, mentre tra di loro parlavano di ciò che era successo a Gerusalemme. E che fossero tristi e poco avvezzi a raccontare ciò che era accaduto, è il Risorto stesso ad averne la prova, quando viene trattato da "forestiero", quasi da "ignorante", perché non sapeva ciò che era accaduto in quei giorni a Gerusalemme.

Cose talmente dure da accettare, fatti talmente drammatici, e un lutto talmente difficile da elaborare, per chi aveva conosciuto Gesù di Nazareth, profeta forte in parole e in opere, che rimanere a Gerusalemme diveniva un peso ormai insopportabile. Tant'è che alcuni pensano già di tornare in Galilea a pescare; mentre loro due, invece di soffocare tra le porte chiuse di un luogo pieno di ricordi come il Cenacolo, preferiscono fare una decina di chilometri a piedi e tornare al loro paesino di Emmaus.

Se non che, a Emmaus non giungeranno mai, perché discorrendo con quello sconosciuto forestiero su ciò che era accaduto a Gerusalemme si rendono conto che non era poi così forestiero né privo di conoscenza, e che - parlando con lui - il tempo passava più velocemente, ma che anche la strada si faceva sempre più lunga e che quindi era necessario fermarsi, perché arrivava la sera e non era il caso che giungesse anche la notte, un'altra notte, oltre a quella che già avevano nel cuore. Salvo poi che... neppure il tempo di fermarsi e lo riconoscono in un gesto, in "quel" gesto, quello del pane spezzato, quel gesto fatto in quel Cenacolo da cui erano fuggiti, quel gesto compiuto la sera prima di morire, a Gerusalemme... D'improvviso sparisce il Maestro, ma sparisce anche la tristezza, la notte, la strada lunga...e la paura di tornare a Gerusalemme diventa, d'un tratto, una necessità.

Forse è qui il senso di quel "restare a Gerusalemme" senza più allontanarsi da là, finché giunga la promessa fatta. O ancor meglio, finché la potenza che lo Spirito porta con sé dà ai discepoli la forza di rielaborare quanto è successo, di superarlo, di buttarlo fuori, e allora - e solo allora - di ripartire per annunciare.

Occorre, però "restare a Gerusalemme": perché se non si accetta di restare in città, di lasciare che lo sguardo possa ogni tanto anche cadere sul Calvario, di ripercorrere gli angoli della via dolorosa, di vedere da lontano gli alberi di ulivo del Getsemani, di passare davanti alla porta del Sinedrio o al portone del governatorato romano, di attraversare il Litostroto che trasuda sangue, di ricalpestare le pietre calpestate dal Maestro mentre trascinava la croce, di andare nel giardino a riguardarsi la tomba vuota, di sentire le voci farneticanti delle donne che dicono di averlo visto vivo... non si sarà mai sufficientemente pronti per andare ad annunciare che egli oggi entra nella gloria del Padre come Signore della terra e del cielo.

E caso mai ce lo fossimo dimenticati, il Risorto del mattino di Pasqua resterà sempre il Crocifisso del Venerdì Santo. Per questo, è bene non allontanarsi troppo in fretta da Gerusalemme.

 

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