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TESTO Una fede minacciata, pregata, contemplata

don Mario Campisi  

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (11/04/2004)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,1-9

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

La risurrezione di Gesù resta per ogni cristiano una "fede difficile".

La "difficile" fede nel Risorto si misura e si rinvigorisce nella vita. Siamo "uomini pasquali" e "testimoni della risurrezione". Bisogna abituarci a vivere in compagnia della "fede difficile". Perché la fede è sempre minacciata dal di dentro e dal di fuori di noi e Dio stesso la mette a prova "come oro nel crogiolo" (Pro 17,3).

"Fare Pasqua" è anche sopportare con forza e con gioia quel che in noi, nella società, nella stessa comunità ecclesiale, mette a prova, appare grigiore e tenebra, tentazione e contraddizione. Dobbiamo andare oltre quel che si sente e si vede di contrario da far sembrare che il peccato e la morte dominino ancora il mondo.

Ciò non è possibile senza silenzio interiore, senza abituarci a contemplare silenziosamente le meraviglie di Dio, sempre presenti fra le contorte vie della vita. Se uno smette di pregare mette a rischio la propria fede. Se una comunità parrocchiale non si diffonde nella preghiera e nella contemplazione della verità, diventa un agglomerato infernale, smarrito, abbattuto.

La formazione alla preghiera insieme ad una tensione escatologica, sono il punto nodale per ogni cristiano e per ogni comunità ecclesiale. Siamo "conrisorti" con Cristo perché, mediante il battesimo siamo "pasta nuova", "azzimi di sincerità e di verità". Seguitiamo a camminare e a crescere in questa novità con la frequenza al sacramento della riconciliazione, e soprattutto, con la partecipazione piena all'Eucaristia. La vita pasquale del cristiano è strutturalmente sacramentale. E', questo, un punto determinante per la fede e la pastorale della Chiesa. Sappiamo che in primo luogo bisogna "lasciarci fare da Cristo" per rispondere alla sua signorìa col "Vangelo vissuto".

La solennità della Pasqua non ci ferma alla persona e alla comunità ecclesiale formata. Se dunque dobbiamo essere "uomini pasquali", non è possibile chiudere in noi e nella comunità dei "conrisorti con Cristo" quanto il Risorto ci ha donato.

I brani dei vangeli di questa domenica ci mostrano un grande movimento delle donne e dei discepoli di Cristo verso il suo sepolcro vuoto e poi dal sepolcro ai fratelli. Un movimento tremante e ancora incerto, ma durante il quale già esce il comando: "Andate ad annunziare". Quell'"andate", che nel tempo di Pasqua sempre più si intensifica, è aperto al mondo intero.

Perciò l'impegno della fede pasquale, mentre ci spinge ad essere, nella chiesa e con la chiesa, il popolo dei "conrisorti" con Cristo, illumina la nostra missionarietà costitutiva. Non siamo un popolo "secondo la carne", ma la nuova "adunanza della carità" che non ha più casa né terra (come indicano etimologicamente i termini di "parrocchia" e di "parrocchiani"), che è anima del mondo intero e deve "andare... fino agli estremi confini della terra" (At 1,8). La Pentecoste lo rivelerà, ma intanto far Pasqua senza lo spirito missionario e l'azione missionaria è tradire il Risorto.

Le nostre comunità ecclesiali, le famiglie cristiane, hanno da rivedere il loro rapporto con chi non ha fede, con chi l'ha perduta, con chi mantiene un vago senso religioso senza pratica cristiana. Ci dobbiamo domandare in pratica, tutti, quanto siamo gente dell'"annunzio". La "seconda evangelizzazione", necessaria anche tra noi, lo esige con urgenza sempre maggiore.

 

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