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TESTO Commento su Luca 24,46-53

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Ascensione del Signore (Anno C) (12/05/2013)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Pino Pulcinelli

* Immaginiamoci la preparazione di una rappresentazione teatrale: alla base c'è l'autore che ha inventato il soggetto, un testo concreto da cui partire: è la fonte di tutto. Poi c'è l'attore o gli attori che ricevono quel soggetto, lo leggono, studiano il copione, imparano il personaggio e la parte loro assegnata; ed infine c'è il regista, che avendo ben in mente tutto l'insieme delle scene, guida passo passo gli attori nell'interpretazione. E un bel giorno viene il momento fatidico della prima, e questa volta c'è anche il pubblico: dopo aver attinto alla fonte, memorizzato il copione, provato e riprovato con fatica le scene, dopo aver seguito il regista, improvvisamente non c'è più copione in mano, non c'è più la voce fisica del regista, resta solo l'azione. Ora tocca all'attore, tocca agli attori, ci sono loro e il pubblico. Il personaggio prende vita, rivive insieme alla storia attraverso il gioco dei ruoli. Dov'è il regista? È fuori della scena, nascosto, non è più lì fisicamente con gli attori sul palco... e però misteriosamente, ma realmente, è presente e continua ad ispirare la scena e l'interpretazione.

* La storia della salvezza è una specie di grandiosa rappresentazione teatrale, un grande dramma dove si intrecciano i destini degli uomini e dove si prepara - anche attraverso sconfitte e disastri dovuti ad una misteriosa presenza del male - un happy end, un lieto fine (cf. H.U. von Balthasar, Teodrammatica). L'autore è Dio Padre, l'attore principale è Gesù, il regista è lo Spirito santo. Gesù è stato sulla scena per tutta la sua vita, specialmente nei suoi ultimi due o tre anni... Ci ha fatto vedere come bisogna vivere e morire per essere davvero uomini, perché è stato completamente obbediente al regista, lo Spirito santo. Ad un certo punto si ritira. Quello che ha fatto lui ora devono farlo gli apostoli, tocca a loro entrare in scena. Ecco il senso dell'Ascensione di Gesù, egli se ne va, scompare dalla scena, ci lascia però il regista, lo Spirito santo: ora tocca a noi essere attori. E il pubblico? Dov'è il pubblico? Eccolo: "nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (24,47); il pubblico sono tutte le genti, tutti i popoli spettatori, destinatari della salvezza.

* Nel vangelo se ci avete fatto caso c'è qualcosa che sembra una contraddizione: Gesù se ne va, si "stacca da loro", li lascia, e i discepoli, i suoi amici, tornano a Gerusalemme pieni di gioia. Ma come, invece di essere tristi? com'è possibile gioire per il distacco da una persona amata? Per cercare di capire quella che sembra una stranezza è bene chiarire la differenza che c'è tra la vicinanza fisica e la presenza. Due pietre possono essere una accanto all'altra, così due alberi: sono vicini ma non sono presenti l'uno all'altro. Anche due persone, possono dormire nello stesso letto, che più vicini non si può, ed essere estranei l'uno all'altra. Che succede invece quando cominciamo a voler bene a qualcuno, a essere amico di qualcuno o qualcuna? Ci apriamo, lasciamo entrare l'altro nella parte interiore; si forma in me un'immagine di lui, non sbiadita come negli incontri occasionali, ma viva, tanto che addirittura l'altro sembra vivere con me quello che io stesso vivo. Forse vi è capitato di sentir raccontare, o di provare voi stessi questa esperienza: dopo un tempo di lontananza fisica dalla persona amata quando la rivedete le raccontate quello che avete fatto e poi improvvisamente vi fermate perché avete la sensazione che ci fosse anche lei, là con voi, lontano da casa. Questa è la presenza. C'è presenza anche a migliaia di km di distanza quando l'altra persona entra in me.

* Gesù si sottrae alla vicinanza fisica per diventare presenza interiore e reale: se non se ne andava non poteva cominciare a vivere in loro. Che cos'è infatti il cielo dove Gesù è salito? Dov'è questo cielo? Come è fatto? Continuiamo forse ad immaginarcelo come quello spazio sopra le nostre teste tra le nuvolette candide di cotone, come ce lo presenta una certa pubblicità? I cieli verso i quali Gesù sale non sono nello spazio siderale, con questa espressione - cielo - non si vuol esprimere infatti una distanza fisica: Gesù non è più in forma umana, nelle spoglie di uomo visibile, proprio per non essere più legato come ogni uomo ad uno spazio e ad un tempo: Il cielo non è "verso l'alto", non è la direzione in cui continuano a guardare fisso gli apostoli con il naso per aria, per cui vengono poi rimproverati dagli angeli (At 1,11).

* Gesù va in cielo, d'ora in poi sta in "cielo", sta cioè nella parte più profonda di ciascuno di noi; se lo accogliamo egli va infatti a dimorare lì dove sono i nostri pensieri, i nostri sentimenti, nella parte di noi più interna, riservata, inaccessibile, il nostro cuore, la nostra coscienza: questo è il nostro cielo e Gesù con la sua ascensione al Padre è ora in grado di abitarvi, senza più limiti di spazio e di tempo. Ecco spiegata la gioia dei discepoli per la dipartita del maestro; questa gioia è dovuta ad una presenza nuova, più intima e coinvolgente di prima: "anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne - dice S.Paolo - ora non lo conosciamo più così". (2Cor 5,16); non è importante aver conosciuto Cristo come uomo: importante è che egli viva in noi. Ecco il senso dell'ascensione di Gesù e del dono dello Spirito: fino a qual momento Dio, attraverso Gesù, era rimasto in qualche modo esterno a noi; per mezzo dello Spirito, Dio adesso ci diventa interiore, e inizia ad esprimersi attraverso di noi: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

* Ora tocca a noi, seguendo le indicazioni del regista, ripresentare il dramma della nostra salvezza, l'amore del Padre che agisce nel Figlio attraverso lo Spirito; e il pubblico è davanti a noi, accanto a noi; e aspetta da noi la testimonianza di una interpretazione convincente di questo amore. Prima di essere essi stessi a loro volta attori, vogliono prima essere spettatori stupiti da persone che il cielo ce l'hanno dentro. Se accogliamo e scopriamo questo cielo dentro di noi, allora saremo come Gesù e con Gesù protagonisti nella storia della salvezza.

 

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