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TESTO Commento su Luca 24,46-53

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Ascensione del Signore (Anno C) (12/05/2013)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Profumo di festa e di gioia, in questa celebrazione: siamo quasi al termine del tempo di Pasqua, attendiamo il dono dello Spirito Santo e intanto ci fermiamo a gustare questa bella pagina del Vangelo di Luca, che ci racconta l'Ascensione di Gesù.

Che vuol dire "ascensione"? È una parola che viene dal latino, dal verbo latino "ascendere" che vuol dire "salire". La usiamo sempre, quando prendiamo l'ascensore, che infatti ci permette di salire di molti piani, senza fare fatica. Poi ci sono dei prigrottini che lo prendono anche per scendere... ma come dice il suo nome, l'ascensore è nato per andare verso l'alto, per salire!

Ed infatti, il brano che abbiamo appena ascoltato, ci dice che i discepoli rivolgono lo sguardo verso l'alto, perché vedono Gesù che, dopo averli benedetti, "si staccò da loro e fu portato su nel cielo".

Qualcuno dei miei ragazzi, al catechismo, mi ha chiesto: - Ma Gesù ha proprio cominciato a galleggiare nell'aria? -

Non abbiamo una descrizione dettagliata di quello che è avvenuto: sappiamo che Gesù ha già compiuto segni straordinari davanti alle folle, ha camminato sull'acqua, ha placato le tempeste, ha moltiplicato il pane ed ha sconfitto la morte, risuscitando. Quindi nulla, proprio nulla, gli impedisce di alzarsi in aria, se vuole.

Però i Vangeli non ci dicono esattamente che cos'è successo in questa occasione: sappiamo solo che è l'ultima volta in cui il Rabbi Risorto si trova davanti agli Apostoli e a tutti i suoi amici. Coloro che lo avevano conosciuto e seguito per le strade della Palestina, da ora in avanti non lo vedranno più.

Questo è veramente l'ultimo saluto di Gesù, visto faccia a faccia, occhi negli occhi.

E, se devo essere sincera, mi sarei aspettata che i suoi discepoli, in questo momento, fossero tristi, avessero in cuore quella punta di malinconia che sentiamo tutti quando dobbiamo salutare qualcuno che non rivedremo più, quando dobbiamo separarci da qualcuno a cui vogliamo bene...

Invece abbiamo letto nel Vangelo: "Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia".

Sono pieni di gioia, hanno voglia di cantare e di benedire Dio... come mai?

Dire "addio" significa proprio "a Dio" che cioè "ci rivedremo in Dio": questa certezza, per i discepoli, è fonte di consolazione e di gioia. Quello che hanno scambiato con il Rabbi Risorto non è un saluto per non rivedersi mai più, ma è solo un arrivederci fino al momento in cui si ritroveranno in Dio, quando saranno di nuovo insieme, stavolta per sempre.

Ecco perché tornano a Gerusalemme con il cuore pieno di gioia, ecco perché trascorrono il loro tempo in preghiera, al Tempio, per ringraziare e benedire il Signore Dio, di tutto quello che hanno vissuto e condiviso.

Mentre attendono il dono promesso, la forza che verrà loro dallo Spirito Santo, continuano a ripensare e a ricordare tutti gli insegnamenti del Maestro, per prepararsi a portare avanti l'incarico che ha loro assegnato in quell'ultimo saluto: "Voi siete testimoni".

Piena di entusiasmo, come vi dicevo poco fa', stavo parlando proprio di questo brano del Vangelo con il mio gruppo al catechismo e continuavo a ripetere che le parole di Gesù: "Voi siete testimoni", non valgono solo per i suoi discepoli di allora, ma sono rivolte anche a noi, ci riguardano da vicino. Siamo chiamati anche noi ad essere suoi testimoni.

Ludovica mi ha ascoltata per qualche minuto, poi ha alzato la mano ed ha obiettato: - Ma non è possibile! Noi non c'eravamo, come possiamo essere testimoni? -

Vi devo dire, per capirci meglio, che il papà di Ludovica fa il giudice e quindi le ha spiegato molto bene come funzionano i tribunali. Così, quando lei ha sentito parlare di testimoni, ha subito trovato una difficoltà: - Un testimone - ha detto agli altri del nostro gruppo - è qualcuno che era presente, che ha visto con i suoi occhi, che può giurare in tutta sicurezza di dire la verità, perché quello che racconta è accaduto davanti a lui e se lo ricorda. -

Qui sono intervenuta io e ho confermato che, in questo senso, è giustissimo dire che i discepoli di Gesù sono stati i suoi testimoni, perché avevano vissuto con lui per tre anni, lo conoscevano bene, avevano ascoltato di persona le sue parole, lo avevano visto morire sulla croce e poi lo avevano incontrato ancora, da Risorto. Sì, di fronte a qualsiasi tribunale potevano essere dei validissimi testimoni.

- Ma noi - ha continuato Ludovica - come possiamo essere dei veri testimoni? Non sappiamo che volto avesse Gesù, non sappiamo come sorridesse o quale fosse la sua voce... Noi non lo abbiamo mai visto, quindi non puoi dire che dobbiamo essere suoi testimoni! -

C'è stato un momento di silenzio, in cui ho lasciato che ciascuno ci pensasse su, con calma.

Poi, sottovoce, ho provato a chiedere: - Ma siete sicuri che voi non conoscete Gesù?... Certo, non potete dire di che colore aveva gli occhi o quanto era alto, ma davvero davvero davvero non lo conoscete?... Magari non sapete qual era la forma del suo naso o il suo piatto preferito, ma se qualcuno vi chiedesse di Lui, rispondereste proprio: non lo conosco!? -

Riccardo, quasi timoroso, ha preso la parola: - Be'... qualcosa di Lui sappiamo... sappiamo come ha vissuto, sappiamo com'è morto, sappiamo che cosa diceva quando predicava sui sentieri della Palestina... -

- E poi - è intervenuta Aurora - sappiamo che voleva bene ai bambini, sappiamo che amava la vita, che ci ha insegnato a perdonare... -

Giulia, sempre pensierosa, ha aggiunto: - Io non ho mai visto il Signore Gesù, ma so che lo incontro ogni volta che la mia mamma mi fa le coccole, ogni volta che mio papà mi abbraccia forte prima di dormire, ogni mattina quando ritrovo i miei amici a scuola... -

- Sì, è vero! - si è unito Gabriele - Noi incontriamo Gesù ogni volta che ascoltiamo il Vangelo, ogni volta che facciamo la Comunione, ogni volta che chiediamo perdono andandoci a confessare... -

Samuele non gli ha dato il tempo di finire, parlandogli quasi addosso, sbracciandosi come fa sempre: - Anche se non l'abbiamo visto in faccia, noi sappiamo che Gesù c'è, è vivo, è risorto, ci vuole bene! Questo sì che possiamo testimoniarlo! Ci vado io in tribunale, se serve! - ha terminato quasi in piedi sulla sedia.

Ho tranquillizzato Samuele, che si agita sempre un po' troppo, e ho ripreso il filo, rivolgendomi a Ludovica e a tutti gli altri: - Mi sembra che lo abbiate detto molto chiaramente: si può essere testimoni anche in un altro modo, oltre che per aver assistito di persona a qualcosa. Noi possiamo testimoniare, cioè riferire e raccontare a tutti, in che modo vivono le persone che credono in Gesù: come si amano, come condividono, come si aiutano... Possiamo testimoniare, cioè ripetere ancora, a voce alta, quello che il Maestro e Signore ci ha insegnato: il Padre Nostro, il comandamento dell'amore, l'invito a perdonare e ad amare anche i nostri nemici... -

Ludovica ha stretto le labbra ed ha fatto un grosso sospiro, perché ci tiene ad avere sempre ragione. Poi ha detto: - Se la mettete così, allora sono d'accordo pure io! Anch'io posso dire di incontrare il Signore Gesù nelle persone che mi vogliono bene e in tutto quello che mi rende felice! -

- Allora siamo tutti suoi testimoni! - ho concluso io, tra le grida di entusiasmo di Samuele.

E voi, che ne dite? Vi sentite testimoni del Signore Risorto? Avete incontrato suoi testimoni, nella vostra vita? Mi auguro di sì!

In questa settimana, mentre attendiamo il dono dello Spirito Santo, teniamo gli occhi, le orecchie e il cuore aperto, per riconoscere i mille piccoli segni che ci rivelano la presenza del Signore, pronti ad essere suoi testimoni, nella vita di ogni giorno.

Commento a cura di Daniela De Simeis

 

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