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TESTO Commento su Atti 15,1-2.22-29; Salmo 66; Apocalisse 21,10-14.22-23; Giovanni 14,23-29

mons. Vincenzo Paglia  

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (05/05/2013)

Vangelo: At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Introduzione
Un'antica leggenda racconta che san Giovanni evangelista, vecchio e ormai sul suo letto di morte, continuava a mormorare: "Figli miei, amatevi gli uni gli altri, amatevi gli uni gli altri...". Questo testamento di Gesù, che egli ci ha trasmesso, era per lui molto importante. E, certamente, questo amore non era facile nemmeno in quei tempi. Non è mai così necessario parlare d'amore come là dove non ce n'è. È la stessa cosa che succede per la pace: non si è mai parlato tanto di pace come oggi, e intanto si continua a fare la guerra in moltissimi luoghi. Ma, proprio su questo punto, il Vangelo di Giovanni pone un'importante distinzione: c'è una pace di Gesù e un'altra pace, data dal mondo. San Giovanni attira la nostra attenzione sul fatto che noi non dobbiamo lasciarci accecare dalle parole, dobbiamo tenere conto soprattutto dello spirito nel quale esse sono dette. Dio ci ha mandato lo Spirito Santo per insegnarci la sua volontà. Il suo Spirito ci insegna anche a penetrare il senso delle parole. Possiamo allora rivolgerci a lui quando siamo disorientati, quando ci sentiamo deboli, quando non sappiamo più cosa fare. È un aiuto al quale possiamo ricorrere quando ci aspettano decisioni difficili da prendere. Egli ci aiuta!
Omelia
Non c'è pace del cuore senza Dio
"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". Di quale pace parla Gesù in questo brano evangelico? Non della pace esterna consistente nell'assenza di guerre e conflitti tra persone o nazioni diverse. In altre occasioni egli parla anche di questa pace; per esempio quando dice: "Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio". Qui parla di un'altra pace, quella interiore, del cuore, della persona con se stessa e con Dio. Lo si capisce da quello che aggiunge subito appresso: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore". Questa è la pace fondamentale, senza la quale non esiste nessun'altra pace. Miliardi di gocce di acqua sporca non fanno un mare pulito e miliardi di cuori inquieti non fanno un'umanità in pace.
La parola usata da Gesù è shalom. Con essa gli ebrei si salutavano, e tuttora si salutano, tra loro; con essa salutò lui stesso i discepoli la sera di Pasqua e con essa ordina di salutare la gente: "In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa" (Lc 10, 5-6).
Dobbiamo partire dalla Bibbia per capire il senso della pace che dona Cristo. Nella Bibbia shalom dice più che la semplice assenza di guerre e di disordini. Indica positivamente benessere, riposo, sicurezza, successo, gloria. La Scrittura parla addirittura della "pace di Dio" (Fil 4,7) e del "Dio della pace" (Rom 15,32). Pace non indica dunque solo ciò che Dio dà, ma anche ciò che Dio è. In un suo inno, la Chiesa chiama la Trinità "oceano di pace".
Questo ci dice che quella pace del cuore che tutti desideriamo non si può ottenere mai totalmente e stabilmente senza Dio, fuori di lui. Dante Alighieri ha sintetizzato tutto ciò in quel verso che alcuni considerano il più bello di tutta la Divina Commedia: "E 'n la sua volontate è nostra pace".
Gesù fa capire che cosa si oppone a questa pace: il turbamento, l'ansia, la paura: "Non sia turbato il vostro cuore". Facile a dirsi!, obbietterà qualcuno. Come placare l'ansia, l'inquietudine, il nervosismo che ci divora tutti e ci impedisce di godere un po' di pace? Alcuni sono per temperamento più esposti di altri a queste cose. Se c'è un pericolo lo ingigantiscono, se c'è una difficoltà la moltiplicano per cento. Tutto diventa motivo di ansia.
Il Vangelo non promette un toccasana per questi mali; in certa misura essi fanno parte della nostra condizione umana, esposti come siamo a forze e minacce tanto più grandi di noi. Però un rimedio lo indica. Il capitolo da cui è tratto il brano evangelico di oggi comincia così: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14, 1). Il rimedio è la fiducia in Dio.
Dopo l'ultima guerra, fu pubblicato un libro intitolato Ultime lettere da Stalingrado. Erano lettere di soldati tedeschi prigionieri nella sacca di Stalingrado, partite con l'ultimo convoglio prima dell'attacco finale dell'esercito russo in cui tutti perirono. In una di queste lettere, ritrovate a guerra finita, un giovane soldato scriveva ai genitori: "Non ho paura della morte. La mia fede mi dà questa bella sicurezza!"
Adesso sappiamo cosa ci auguriamo a vicenda, quando stringendoci la mano, ci scambiamo, nella Messa, l'augurio della pace. Ci auguriamo l'un l'altro benessere, salute, buoni rapporti con Dio, con se stessi e con il prossimo. Insomma di avere il cuore ricolmo della "pace di Cristo che sorpassa ogni intelligenza".
(padre Raniero Cantalamessa)

 

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