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TESTO La pace è possibile ed è spiegato come

mons. Roberto Brunelli

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (05/05/2013)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Le letture di oggi introducono alle due prossime domeniche, quando si celebreranno l'Ascensione e la Pentecoste. Per limitarsi al vangelo (Giovanni 14,23-29), vi si trova l'allusione al ritorno di Gesù al Padre, con l'assicurazione che ciò non significa abbandonare i suoi amici: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". E più avanti egli accenna alla Pentecoste: "Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto".

Di particolare rilievo è poi la frase seguente: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Queste poche parole bastano a suscitare un fiume di considerazioni, perché quello della pace è un argomento dalle molte facce; è un desiderio che, magari in modo confuso, inquieta ogni giorno di questa vita. Ovviamente aspirano alla pace quanti sentono la propria vita a rischio tra le cannonate di una guerra, o di una guerra in corso subiscono in vario modo le conseguenze. Vorremmo poi tutti quella vera pace tra i popoli, che tra l'altro consentirebbe al mondo di non dissipare in armamenti incalcolabili risorse, da utilizzare invece per debellare fame e malattie. Su un piano più domestico, non si può dire si viva in pace là dove l'armonia è un miraggio, dove si sono rotti lunghi rapporti affettivi (tra coniugi, tra fratelli, tra parenti e amici) e si coltivano astio e rancori. Per non trascurare i singoli, così spesso amareggiati da incomprensioni e ingiustizie, o turbati da problemi insolubili, o inquieti per ambizioni e propositi insoddisfatti.

Per le ragioni più diverse, la pace è sempre stata per gli uomini più un desiderio che una realtà. Anche perché gli uomini l'hanno cercata (quando l'hanno fatto!) con i soli propri mezzi, con le risorse di intelligenza e in prospettive puramente umane, perciò stesso deboli e precarie, quando non fallaci. Hanno trascurato una componente, l'unica in grado di assicurare una pace vera e duratura: l'aiuto divino, come gli spiriti illuminati hanno capito, alla luce della Rivelazione. Già prima di Gesù i destinatari della divina rivelazione, vale a dire il popolo d'Israele, la pace la invocavano da Dio e la consideravano il bene supremo (di qui il saluto-augurio tuttora usato dagli ebrei, "shalom", poi adottato anche dagli islamici, "salam", cioè appunto "pace"). Bene supremo, con un significato più denso di quello oggi corrente: comprendeva infatti pienezza di vita, gioia e salute, successo nelle imprese, compimento dei desideri; e nell'ottica della fede andava anche più in là: significava il compimento delle promesse di Dio al suo popolo, la piena e definitiva realizzazione dell'alleanza.

Così devono avere inteso anche gli apostoli, quando Gesù ha detto loro "Vi lascio la pace". E chissà se sul momento hanno capito la successiva precisazione, "Vi do la MIA pace": probabilmente l'hanno capita solo in seguito, alla luce di quanto è accaduto subito dopo. Quelle parole fanno parte del discorso che Gesù ha rivolto loro durante l'ultima cena, appena prima di affrontare la sua passione redentrice. La pace vera è quella che egli ci ha guadagnato con il proprio sacrificio, unica via perché si realizzi l'armonia tra Dio e l'uomo. Soltanto se vive in armonia con Dio, se cerca di fare la Sua volontà, l'uomo è in grado di impostare correttamente i rapporti con i suoi simili, di orientare positivamente le proprie risorse, di coltivare desideri di bene, di sopportare le difficoltà della vita presente.

Insomma, soltanto nel rapporto con Dio l'uomo trova la pace. E la trova perché Dio gliela dona, per i meriti del suo Figlio che proprio per questo ha liberamente sacrificato se stesso. La pace è un dono: perciò non si instaura automaticamente; Dio non impone i suoi doni: li offre. Sta poi all'uomo, alla sua intelligenza e alla sua libertà, accoglierli e valorizzarli.

 

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