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TESTO Commento su Giovanni 14,23-29

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VI Domenica di Pasqua (Anno C) (05/05/2013)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Mauro Manganozzi

Nel tempo di pasqua la Chiesa ricorda in diversi modi il Cristo risorto, concretamente presente e vivente. In queste settimane i Vangeli hanno insistito sull'incontro del Risorto con la Maddalena, con i discepoli di Emmaus, con Tommaso e alla fine con Pietro; inoltre nella quarta e nella quinta domenica è stato ricordato che il Risorto è presente in coloro che nella Chiesa svolgono un servizio pastorale ed anche nell'amore concretamente vissuto nella comunità dei cristiani (secondo il modello della carità che Gesù stesso ha mostrato). Alla fine, la preghiera di colletta della sesta domenica afferma: «O Dio, che hai promesso di stabilire la tua dimora in quanti ascoltano la tua parola e la mettono in pratica, manda il tuo Spirito, perché richiami al nostro cuore tutto quello che il Cristo ha fatto a insegnato e ci renda capaci di testimoniarlo con le parole e con le opere».

Il messaggio delle domeniche di Pasqua arriva dunque al culmine perché il Risorto è presente perché prende dimora nel credente che lo ascolta (così nel Vangelo di questa domenica) e il credente attraverso il Risorto diventa dimora della Trinità. Nella prima lettura viene raccontata l'azione ecclesiale del Risorto, quando per risolvere i conflitti generati dalle diverse componenti del cristianesimo (quella gentile e quella giudaica) viene convocato il sinodo di Gerusalemme. I brani degli Atti degli Apostoli che ritornano con abbondanza nel tempo di Pasqua (sia nella liturgia festiva che in quella feriale) sottolineano a più riprese come la Chiesa annuncia il Risorto semplicemente perché vive di Lui. Nella seconda lettura c'è la descrizione della dimora escatologica di Dio, la Gerusalemme celeste, che rappresenta la realizzazione del Regno. Il Vangelo e le letture descrivono in modo completo l'azione del Risorto sul livello personale del credente, su quello ecclesiale e su quello escatologico.

Nel Vangelo di questa domenica c'è una coincidenza tra l'amore e la fede: «Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». La fede quindi è sicuramente conoscenza del deposito, è impegno di carattere morale, cioè osservanza dei comandamenti, ma prima di tutto è abbandono fiducioso in Dio, consegna della nostra vita al Padre: insomma un atto di amore. Anche Gesù parte dall'amore: «Se uno mi ama...» e da questa scelta fa discendere tutto il resto come una conseguenza naturale. L'invito del Signore fa riflettere in primo luogo a proposito dei doni ricevuti dalla Chiesa che hanno acceso la presenza di Cristo nei cristiani a partire dal Battesimo; in particolare sulla formazione permanente necessaria a custodire e far fruttificare i sacramenti ricevuti e la parola ascoltata. In secondo l'invito di Cristo ricorda come la preghiera permette di riconoscere e far crescere la Sua presenza nella vita di ognuno. In terzo luogo sottolinea che la carità concretamente vissuta Lo rende visibile a tutti gli uomini. La dimora di Dio nei discepoli per mezzo di Cristo riempie allo stesso tempo di consolazione e di responsabilità, perché questa realtà straordinaria deve diventare foriera di buoni frutti e soprattutto di una gioia piena nella vita quotidiana di tutti i credenti.

La venuta del Signore non solo non è un evento futuro e lontano, ma soprattutto può avvenire nel nascondimento del cuore di ogni uomo. Lo Spirito Consolatore promesso da Gesù è colui che deve suscitare la dimora di Dio nell'interiorità del credente e ogni maestro e guida spirituale dovrà essere a servizio del maestro interiore che è lo Spirito.

Chi non crede è presentato da Gesù come colui che prima di tutto non è interessato a nessuna relazione con lui, che non vuole confessarlo come Signore, né intende ascoltare la sua parola. E necessario non perdere di vista l'intima identità relazionale della fede che non è semplicemente un atto di carattere formale. Per lo stesso motivo solo gli uomini e le donne coscienti della vita divina che dimora in loro sapranno veramente narrare e annunciare il Regno di Dio.

 

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