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TESTO Una folle novità

don Alberto Brignoli  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (28/04/2013)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Se qualcuno ci fa un torto o uno sgarbo, ci rimaniamo male, è evidente. E se il torto che ci viene fatto è del tutto gratuito, ovvero senza che noi abbiamo commesso alcunché di male nei confronti di questa persona, il disagio che proviamo è ancora più forte. Quantomeno ci chiediamo il perché, cerchiamo di farcene una ragione.

In realtà, molto dipende dal grado di relazione che abbiamo con la persona che ci fa un torto gratuito. Se è uno sconosciuto, rimaniamo certamente allibiti, ma più di tanto non è che ci lasciamo sconvolgere: continuiamo a chiederci il perché, magari tirando anche delle conclusioni sulla salute mentale del soggetto, però tutto finisce lì, a meno che siano cose che hanno implicazioni legali. Se invece si tratta di una persona conosciuta, di un collega, di qualcuno con cui abbiamo a che fare ogni giorno per questioni di lavoro o per altro, allora le ferite per i torti subiti iniziano a bruciare un po' di più: in questo caso, iniziamo anche a farci delle domande su eventuali nostri atteggiamenti o comportamenti che possano aver portato determinate persone a fare delle cose che ci hanno ferito, sapendo poi che questi strappi si devono ricucire con pazienza, giorno dopo giorno, confidando sempre nella volontà (non solo nostra, a dire il vero) di ricostruire delle relazioni che si sono incrinate.

Tutto si complica, e di molto, quando subiamo i torti e le cattiverie da persone cui vogliamo bene, sia pure in gradi e con intensità differenti. Pensiamo a cosa significhi, ad esempio, essere presi in giro pesantemente da una persona amica; oppure essere lasciati soli dalla persona a cui teniamo di più; per non parlare del peggior torto che si possa subire, quello di vedere che la persona che amiamo tradisce la nostra fiducia o ancor di più, la nostra stessa vita...

Ci sono pure gradi di reazione diversa: la persona violenta reagisce vendicandosi, la persona debole si deprime, la persona forte non si lascia andare, ma in maniera altrettanto decisa decreta la fine di una relazione.

E poi c'è chi - passatemi il termine - risponde in maniera "folle": al male ricevuto reagisce con il bene, al tradimento con il perdono, al torto subito risponde con l'amore. C'è anche chi reagisce così e - continuando a parlare d'amore - dice a chi gli sta vicino: "Ricominciamo da capo, ritorniamo insieme a parlare e a vivere d'amore". Questa - umanamente parlando - è follia allo stato puro.

Non così per chi, una sera, tradito da una delle persone che egli amava di più, al suo tradimento conclamato, anticipato e reso pubblico, rispose dicendo a chi lo ascoltava: "Amatevi". Questa non è follia: è storia, è annuncio, è salvezza. "Quando Giuda fu uscito dal Cenacolo", ovvero quando già aveva ricevuto insieme con gli altri discepoli il duplice gesto d'amore della lavanda dei piedi e del pane eucaristico; quando a tutti, al di là di quanto essi avessero effettivamente compreso, era stato annunciato il suo tradimento; quando cioè, in risposta all'amore più grande, Gesù ne riceve fiducia gettata alle ortiche, tradimento e addirittura morte, le sue parole sono: "Amatevi gli uni gli altri...da questo tutti sapranno che siete miei discepoli".

E questo lo lascia a loro come testamento, perché - dice lui stesso - "ancora per poco sono con voi". Non lo lascia solo come testamento, ma come un comando, come un ordine, come un obbligo. Beh, amare e amarsi non è poi un obbligo così gravoso e così pesante come altri: anzi, il più delle volte amarsi è piacevole e gratificante. Fossero tutti così i comandi che riceviamo nella vita di ogni giorno! Quello che colpisce e che sconvolge, e che davvero per noi rasenta la follia, è quanto aggiunge rispetto al comandamento: è un comandamento "nuovo".

Perché mai è nuovo? Da sempre l'uomo è capace di amare, non è certo una novità. Forse la sua novità è relativa proprio a ciò che dicevamo prima, e per il quale veramente siamo vicini alla follia: il Maestro invita i suoi discepoli (e noi oggi) a continuare a dire "amore" in tutto ciò che facciamo nonostante, anzi, ancor di più quando riceviamo torti e addirittura tradimenti. La novità del comandamento cristiano dell'amore è proprio questa: continuare ad amare anche quando la notte del tradimento e della fiducia buttata via (come quella di Guida) pervade il nostro cuore, anche quando all'amore gratuitamente donato ci viene risposto con odio gratuitamente ricevuto, anche quando la negazione dell'amore ci viene dalle persone da cui ci aspetteremmo l'esatto contrario.

Utopia? Forse. Follia? Quasi certamente. Abnegazione? Per certi aspetti sì. Realmente possibile? Senza ombra di dubbio, e la vita di ogni giorno ce ne fornisce le prove, la maggior parte delle volte eroiche, eroiche nella loro quotidiana semplicità, eroiche per il loro spirito di sottomissione alla logica della violenza e dell'odio, che viene poi puntualmente disarmata e sconvolta dalla logica di questo "comandamento nuovo".

Donne che danno ancora opportunità alle infedeltà (di qualsiasi tipo) dei loro uomini; padri che insistono a chiamare "figlio mio" chi vorrebbe fare a meno di loro; uomini e donne di ogni tempo, di ogni luogo e di ogni credo religioso che all'incomprensione rispondono con l'intelligenza, al torto rispondono con la giustizia, all'indifferenza rispondono con la solidarietà, all'odio rispondono con l'amore.

Tutti possono fare questo, cristiani e no. Ma al cristiano è chiesto di appore questo come distintivo sul bavero della propria divisa: perché è da questo precetto, e non da altre normative e leggi di comportamento spesso infruttuose, che capiranno che siamo suoi discepoli.

Dove molte leggi e norme non possono, un semplice gesto d'amore, anche uno solo, vince sempre.

 

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