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TESTO Commento su Giovanni 13,31-35

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V Domenica di Pasqua (Anno C) (28/04/2013)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Padre Gianmarco Paris

La Pasqua nella vita

Ogni anno celebriamo la Pasqua. Con i miei fratelli di fede, in queste domeniche del tempo di Pasqua, mi sto chiedendo che significato ha ripetere ogni anno la celebrazione della Pasqua, e poi della Pentecoste. Non è forse vero che questi eventi sono accaduti nella storia di Gesù e degli apostoli una sola volta, e in questo modo non si ripetono più? Tuttavia quello che si ripete, o meglio, che accade sempre di nuovo, è la nostra vita, sono le esperienze felici e tristi che la costituiscono, sono le storie delle nostre famiglie, è la costruzione di una vita bella, per noi e per tutti.

In queste domeniche stiamo facendo l'esperienza che la celebrazione della Pasqua non è per nulla la ripetizione di qualcosa di "già passato", ma un cammino nuovo, aperto davanti a noi, un cammino per vivere sempre di nuovo la scelta radicale del nostro battesimo (in questo paese la vita cristiana è scelta da una piccola percentuale di persone e il battesimo è celebrato in età giovanile o adulta!). Celebrare la Pasqua significa credere che Gesù passa in mezzo a noi, e ci invita a seguire il suo cammino (lo abbiamo sentito, dopo la risurrezione, rinnovare agli apostoli la chiamata a seguirlo e a continuare la sua missione). Gesù nella sua vita mortale è passato dal voler fare la sua volontà, al fare la volontà del Padre; dal pensare solo a se stesso al pensare a tutti noi, dalla paura alla fiducia, dalla vita secondo la carne alla vita secondo lo spirito. E per questo motivo alla fine è passato dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre. Ecco il cammino della Pasqua, in cui siamo chiamati a entrare: allora ben venga la Pasqua ogni anno, perché abbiamo bisogno che Lui ci inviti sempre di nuovo in questo cammino, perché spontaneamente ne scegliamo altri, senza capire perché ci sentiamo soli e senza entusiasmo.

Vista così, la Pasqua che celebriamo quest'anno (l'anno della fede!) non solo non è una vuota ripetizione di riti, ma è un passo in un cammino lungo, che dura tutta la vita: il cammino per umanizzare sempre di più la nostra vita. Noi non nasciamo "già fatti" nella nostra umanità, ma ci facciamo piano piano. La Pasqua di Gesù ci chiama a umanizzare la nostra vita in famiglia, la nostra vita al lavoro, a scuola, nel quartiere: essere cristiani, incontrare Gesù resuscitato significa in concreto essere capaci di diventare sempre più uomini, sempre più belli, lasciando da parte ciò che ci fa brutti e disumani. Per questo possiamo dire non retoricamente che se celebriamo la Pasqua nei riti della liturgia, è poi nella vita quotidiana che la viviamo, a contatto con le questioni umane che ogni giorno ci chiedono una risposta di uomini e donne maturi.

In questo percorso di umanizzazione della nostra vita camminiamo insieme a tutti, e sappiamo bene che sono sempre meno quelli che partecipano alla vita di una comunità cristiana (celebrando l'Eucaristia, meditando la Parola di Dio, approfondendo le ragioni della propria fede). Se è vero che ciò che conta, che il punto di arrivo della fede è umanizzare la vita di ogni giorno e ogni ambiente, viene da chiedersi: a che serve frequentare la comunità cristiana? Andare in Chiesa? Serve perché Gesù ci rivela il cammino per umanizzare il mondo: seguendo il suo passaggio pasquale, possiamo anche noi imparare a donarci, ad offrirci, senza calcolare se ci conviene, se l'altro ci dà qualcosa in cambio. La morte e resurrezione di Gesù ci salvano dal pericolo di perdere la nostra umanità (questo in fondo è il peccato!), quando siamo preoccupati solo per noi stessi e per i nostri interessi, al punto di non accorgerci che vicino a noi c'è qualcuno che soffre, ci sono bambini che non hanno famiglia e affetto, ci sono giovani che si perdono nell'alcool e nella droga, ci sono anziani abbandonati, famiglie divise dall'egoismo.

La questione vera della fede, che la Pasqua ci fa percepire, non è andare o non andare in Chiesa, ma essere o no veramente uomini; la questione dell'anno della fede non è di contare quanti vanno in Chiesa, per vedere se stanno diminuendo e aumentando, ma è come stiamo umanizzando il mondo per consegnarlo bello e umano ai nostri figli. Quante preoccupazioni e difficoltà creiamo solo perché siamo egoisti! Vogliamo solo per noi e non ci importa degli altri! E quanta pace e serenità quando riusciamo a fare qualcosa per puro amore, per carità.

Celebrare la Pasqua, dopo aver ripetuto in Chiesa i riti che ci fanno "vedere" i gesti di Gesù, è questo: morire un po' di più al nostro egoismo e vivere un po' di più de amore. Questo cammino, fatto di piccoli e continui passaggi, è cominciato con il nostro battesimo: a partire da lì abbiamo riconosciuto in Gesù il cammino da seguire; con l'eucarestia ci alimentiamo per camminare. E vogliamo continuare fino alla fine della vita, fino all'ultimo e definitivo passaggio, quello della morte, quando lasceremo tutto quello che è limitato e entreremo nell'abbraccio eterno di Dio, portando null'altro che i nostri gesti di vero amore e chiedendo perdono per le nostre tante mancanze di amore.

La Parola di Dio della quinta domenica di Pasqua mi ha suscitato questa riflessione, ed ora questa riflessione mi aiuta a percepire il messaggio delle letture: Gesù, parlando ai discepoli durante l'ultima cena, rivela loro che la sua morte è il cammino per manifestare la gloria di Dio; raccoglie poi tutti i comandamenti in quello nuovo, che consiste nell'amare gli altri come Gesù ha fatto, donandosi fino alla fine. E avverte che ciò che farà conoscere i suoi discepoli sarà il loro modo di amare come il maestro. L'obbedienza a questo nuovo comandamento ha portato i discepoli a dedicare la vita all'annuncio di Gesù: gli atti degli apostoli ci raccontano il percorso di ritorno del primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba, durante il quale confermano i fratelli nella fede. La visione di Apocalisse ci fa vedere il punto di arrivo del cammino di amore dell'umanità: la nuova Gerusalemme scende dal cielo come sposa pronta per il suo sposo. Alla fine del percorso dell'umanità ci sarà un incontro di amore, in cui il male e la sofferenza saranno vinti per sempre.

 

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