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TESTO Io do la vita per le pecore

don Roberto Rossi  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (21/04/2013)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

"Io do la vita per le pecore e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" Oggi è la domenica del Buon Pastore. Nella nostra cultura la figura del pastore è quasi sconosciuta.

Nella Bibbia l'immagine del pastore e del gregge, invece, ha un significato del tutto positivo e profondo. Molte volte quest'immagine è attribuita a Dio stesso o a Gesù. Il Pastore è colui che guida con amore il suo gregge, provvede perché rimanga unito, difende le sue pecore dai pericoli. Il buon pastore conosce le pecore ad una ad una (non sono anonime) e si preoccupa per ciascuna di esse, le conta quando ritornano all'ovile perché nessuna vada perduta e se ne manca una, lascia le altre per cercare quella perduta.

L'uomo di oggi si sente sempre più avvilito e frustrato come persona. Lo avvilisce soprattutto la violenza, la brutalità della vita, lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi, il clima di anonimato, tipico della nostra civiltà, che lo rende numero, la manipolazione politica dell'opinione pubblica a scopo di potere... L'uomo si sente solo, contro tutti e tutto, abbandonato... per usare l'immagine biblica di questa domenica, come pecora senza pastore...

La figura di Gesù Pastore capovolge tutto questo. Gesù-Pastore instaura rapporti personali con ciascuno di noi, rapporti d'amore, d'affetto, rapporti dove non è possibile naufragare nell'anonimato. Egli ci conosce, noi lo conosciamo. Lo sentiamo vicino in ogni istante della nostra vita, interessato con amore alla nostra avventura umana. Noi siamo le pecore malate, stanche, abbandonate, oggetto per sempre della sua promessa e della sua beatitudine: "Non andranno mai perdute". Per loro è disposto a dare la sua vita. L'amore di Gesù per le sue pecore si manifesta pure sotto forma di protezione.

"Nessuno le rapirà dalla mia mano". Esse sono ben trattenute dalla mano di Gesù e Gesù per farci sentire ancora più protetti ci mette nelle mani del Padre. La mano è spesso nella Bibbia la metafora della potenza protettrice di Dio. No, noi non andiamo alla deriva. Questo è il messaggio di questa domenica: Siamo nelle mani del Buon Pastore, che ci conduce amorevolmente ad uno ad uno. E il rapporto è così personale da farci vivere l'incredibile.

Tutti pensiamo al pastore che va in cerca della pecora che si è persa e che la riporta caricandosela sulle spalle. Immagine dolcissima e commovente che ci consegna Luca e che, in trasparenza, svela l'esperienza interiore dell'evangelista. Ma il pastore di Giovanni, quello di cui si parla nel vangelo di oggi, assume altre caratteristiche: è duro e determinato e lotta strenuamente per difendere il gregge dai lupi e dai mercenari. Un pastore che veglia, che lotta, disposta a dare la propria vita per la salvezza del gregge, diversamente da come fanno i pastori per professione.

Gesù ci sta dicendo che siamo nelle sue mani, in mani sicure, che nessuno ci strapperà mai dal suo abbraccio, che solo in lui riceviamo la vita dell'Eterno. Ma per seguirlo occorre ascoltarlo e riconoscere la sua voce, cioè frequentare la sua Parola, meditarla assiduamente. E' importante vivere questo rapporto personale con Lui. Gesù, il Maestro. ci conosce,

Conosce il nostro limite, la nostra fatica, ma anche la nostra costanza e la gioia che abbiamo nell'amarlo. E Gesù, oggi, ci esorta: niente ti strapperà dal mio abbraccio.

Non il dolore, non la malattia, non la morte, non l'odio, non la fragilità, non il peccato, non l'indifferenza, non la contraddizione di esistere. Nulla. Nulla ci può rapire, strappare, togliere da Lui.

Siamo di Cristo, ci ha pagati a caro prezzo. Siamo di Cristo. Oggi è la giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni. Riporto una testimonianza: "Avevo solo dodici anni quando, a settembre, nella festa dell'Addolorata, papà e mamma mi accompagnarono nel piccolo seminario dei Padri Rosminiani a Pusiano.

Era il primo impatto con la vocazione. Credo che questa ebbe le sue radici nella grande fede e religione vissuta all'interno della mia famiglia. A farsi voce di Dio che si chinava su di me, per indicarmi la Sua volontà, fu il mio vescovo, il Card. Schuster. Il giorno della Cresima, da orgoglioso chierichetto, non mi sembrava vero, poter servire il mio vescovo, che stimavo e amavo tanto, come si fa da ragazzi quando si è colpiti dalla grandezza umana e spirituale di un sacerdote o vescovo. Tutto questo, credo, lo capì il Cardinale, che alla fine mi chiese: ‘Non ti piacerebbe essere sacerdote?'. Sul momento, colto di sorpresa, gli risposi un ‘sì', ma che aveva tutta l'aria di compiacere un vescovo che amavo.

Incontrandolo tre anni dopo, per la consacrazione della nuova chiesa parrocchiale, riconoscendomi, alla fine, mi disse: ‘Allora, Antonio, è sì o no?'. ‘Non so'. ‘Rifletti e prega'. E così è iniziata la grande avventura della mia vita, nella gioia profonda del cuore, nell'amore a Dio e ai tanti fratelli che mi ha fatto incontrare nel mio lungo ministero....

 

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