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TESTO Commento su Atti 13,14.43-52; Salmo 99/100; Apocalisse 7,9.14b-17; Giovanni 10,27-30

Monastero Domenicano Matris Domini  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (21/04/2013)

Vangelo: At 13,14.43-52; Sal 99/100; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,27-30

27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Collocazione del brano
Ogni anno la IV domenica del tempo pasquale è dedicata a Gesù buon pastore e ci propone diversi brani del capitolo 10 di Giovanni. Il testo proposto per l'anno C è molto breve, solo quattro versetti, ma di una profondità straordinaria. La seconda parte del capitolo 10 (Gv 10,22-39), da cui è tratto questo brano, è ambientata a Gerusalemme, sotto il portico di Salomone, durante la festa della Dedicazione del Tempio.
Questa festa ricordava la nuova consacrazione del tempio di Gerusalemme, compiuta nel 165 a.C. dopo le profanazioni compiute da Antioco Epifane (narrate in 1Mac. 1,54-59; 4,36-39). Le celebrazioni durano tuttora per otto giorni e cadono attorno alla metà di dicembre. Il portico di Salomone si trovava sul lato orientale del Tempio ed era una dei colonnati che circondavano la grande spianata del tempio ed era protetta dal vento da una muraglia. Mentre Gesù stava passeggiando sotto questo portico viene raggiunto da un gruppo di Giudei. Questo incontro con i Giudei, sarà l'ultimo. Dopo la risurrezione di Lazzaro essi decideranno di uccidere Gesù (Gv 11,50). In questo ultimo incontro i Giudei chiedono a Gesù di dire apertamente se egli sia davvero il Cristo. Egli risponde loro di averlo già detto apertamente e di averlo anche dimostrato con le proprie opere, ma che loro non essendo sue pecore non gli avevano ancora creduto. Seguono dunque i versetti che la liturgia ci propone oggi.
Lectio
27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Gesù comincia dunque il suo discorso con la descrizione delle sue pecore. E' interessante notare che durante la festa della Dedicazione si leggeva Ezechiele 34, un'invettiva del profeta contro i cattivi pastori. E in realtà il discorso di Gesù riguardante il buon Pastore sembra proprio una ripresa delle parole di Ezechiele, volte al positivo. In Ezechiele Dio prometteva che Lui stesso si sarebbe preso cura delle pecore. Nel discorso di Gesù sul buon Pastore questa promessa si avvera. Ma per gioire delle cure del buon Pastore bisogna essere Sue pecore.
Quali sono dunque le caratteristiche di queste pecore? Prima di tutto esse ascoltano la voce del pastore. Vi è una relazione di fiducia e di affetto. Le pecore ascoltano il pastore e si lasciano conoscere da lui, lo seguono, cosa che invece i giudei con cui Gesù stava parlando non facevano: non lo ascoltavano, non volevano farsi conoscere da Lui per quello che erano e non lo seguivano. Inutile che gli chiedessero se fosse veramente il Cristo, se non volevano seguirlo.
28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Questa relazione di affetto non avrà mai fine. In questa frase viene ripetuta la parola eterno, una gioia che non può finire, una vita in pienezza. Anche se ci saranno nemici, coloro che tenterà di strappare le pecore dalla mano del Pastore, costoro non potranno prevalere, perché il Pastore è più forte.
29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
Da dove viene la forza di Gesù buon Pastore? Dal fatto che l'incarico gli è stato dato dal Padre stesso. E' il Padre che ha affidato al Figlio le pecore. Il Padre è il più grande di tutti, è lui che ha la mano talmente forte che nulla gli può essere sottratto. Ritornano con forza alcuni temi ricorrenti del Vangelo di Giovanni: "questa è la volontà di coui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato" (Gv 6,39).
Questo è il felice destino di chi riconosce di essere pecora del Signore. Il discorso del pastore e delle pecore ci riporta al mandato di Pietro (Gv 21, 15-19) che abbiamo letto la scorsa domenica. Il gregge che il Padre ha affidato a Gesù, ora è nelle mani di Pietro.
30Io e il Padre siamo una cosa sola".
In base a questo mandato Gesù può ricordare la profonda unità di intenti e di azione del Padre e del Figlio. Essi sono una cosa sola. Qui Giovanni ci ricorda ancora la divinità di Gesù che ha cominciato a dichiarare nel Prologo del suo Vangelo. Questa affermazione scandalizzerà molto i Giudei: nel versetto seguente è detto che portarono pietre per lapidarlo, senza però riuscirci (cf. Gv 31-39).
Meditatio
- Confronta il capitolo 34 del profeta Ezechiele con il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni. Quali sono le cose in comune? Quali quelle che si oppongono a vicenda?

- Nel vangelo di questa domenica e anche in altre pagine del vangelo, i fedeli vengono paragonati a delle pecore. Quali sentimenti suscita in me questo paragone? Mi sembra offensivo o mi può essere di aiuto?
- Come descriveresti la tua relazione con il Signore?

Preghiamo (colletta della IV domenica di Pasqua - anno C)
O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere del tuo figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa' che nelle vicende del tempo non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita. Egli è Dio...

 

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