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padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (28/04/2013)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il vangelo di Giovanni lo definisce "comandamento nuovo" e lo fa conferire da Gesù in concomitanza con la lavanda dei piedi, che ne è una significazione esteriore immediata: proprio come Gesù si atteggia con amore estremo nei confronti dei suoi fino al pediluvio, così anche i suoi discepoli dovranno amarsi mutuamente senza riserve andando oltre la mediocrità, superando se stessi e non precludendo neppure occasioni di eroismo. Non si tratta tuttavia di un comandamento "nuovo", visto che Gesù aveva ricordato in precedenza Dt 6, che esortava ad amare Dio "con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze e "il prossimo tuo come te stesso" perché l'amore è stata da sempre la legge dell'intesa fra Dio e l'uomo e in effetti, anche se in un contesto diverso, sempre Giovanni definisce questo comandamento "antico e nuovo" allo stesso tempo, originario in ordine alla reazione e alla redenzione e tuttavia progressivo quanto alla nostra morale: "Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito. E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo." (1Gv 1, 7 - 10) Antico quindi perché risale a Dio stesso che è Amore dall'eternità e nell'amore conferma tutti i suoi figli; nuovo per il fatto che il criterio di comportamento, l'attitudine e l'attendibilità di chi dice di dimorare in Cristo dovrà configurarsi nell'amore verso i fratelli scongiurando ogni sorta di odio, di ritrosia e di sospetto: il distintivo del cristiano deve essere la capacità di amare anche al di sopra delle proprie forze e fino a negare se stesso.

Consolidarsi nell'amore è anche la condizione di attendibilità della Chiesa che voglia essere davvero testimone e missionaria. L'amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo deve estendersi, sempre in forza dello Spirito anche ai destinatari del nostro annuncio innanzitutto attraverso la testimonianza di coerenza, quindi per mezzo della carità operosa ed effettiva verso quanti sono i nostri interlocutori.

Per mandato di Cristo e dopo il fenomeno gioioso della Pentecoste, la Chiesa annuncia la novità del Regno proclamando che Cristo è Risorto per la nostra salvezza e invitando sempre più uomini e donne alla sequela radicale dello stesso Signore, ma il primo di tutti gli annunci consiste nella prassi di vita, nella fattiva condivisione e nella mutua accoglienza fra i ministri, nella carità e nella semplicità di vita, quale emerge dal libro degli Atti degli Apostoli.

Ai nostri giorni, assieme a papa Francesco, stiamo considerando seriamente come la prerogativa dell'amore oltre che essere il contrassegno cristiano sia anche l'unica risorsa in grado di garantire il futuro della Chiesa e la sua efficacia missionaria.

Dice una frase molto eloquente de "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa: "Se vogliamo che tutto rimanga com'è, occorre che tutto cambi"; se la chiesa vuole cioè riscoprire se stessa nella sua originalità, se aspira davvero a recuperare il suo vero volto che è quello umile e innocente del Cristo, occorre che rinnovi se stessa e che abbia il coraggio di apportare opportune modifiche optando per la semplicità, per l'umiltà e per l'amore fra i suoi membri. E' indispensabile che si fugga il conformismo, la mondanità, il falso orgoglio, la presunzione e la corsa al potere e allo sfarzo e che piuttosto si raccolga il coraggio per recare sulla spalle la croce di Cristo per poterne meritare la gloria. Da parte dell'intera Istituzione di Cristo ci si aspetta delle scelte coraggiose di rinuncia e di eroico sacrificio che consentano il recupero dell'originaria semplicità e dell'umiltà, scongiurando la distanza aristocratica con i poveri e gli emarginati.

La missione di Paolo e di Barnaba riflette la volontà della Chiesa delle origini di essere apportatrice del Risorto e luogo dell'insediamento fra gli uomini del Regno di Dio e dispensatrice della grazia di salvezza apportata anche dai sacramenti. Mentre Cristo aveva promesso che sarebbe stato con i suoi discepoli "fino alla fine del mondo" garantendo così la sua presenza invisibile che si protrae per mezzo di segni visibili, lo Spirito Santo fa' si che noi avvertiamo accanto a noi la presenza di Cristo e che continuiamo a ravvivare in noi la sua parola di salvezza. Sempre lo stesso Spirito conferisce comunione e solidità interna alla sua Chiesa perché nella coesione possa avere parresia e costanza nel continuo martirio della missione. Anche ai nostri giorni, come ai tempi dei primi discepoli, la Chiesa viene vivificata dallo Spirito soprattutto nei propositi della nuova evangelizzazione che immetta lo stesso Cristo nel cuore degli uomini. E' necessario tuttavia che ci si disponga ad accogliere soprattutto quelli che sono i doni dello Spirito, con i quali è possibile perseverare nell'amore che ci rende veramente credibili verso gli altri.

La Chiesa annuncia la Parola, testimonia il Risorto, comunica e si prodiga per l'accoglienza di nuovi fratelli e per la comunione nel suo stesso ambito, ma tutte queste parole non possono prescindere dagli atti che ne spieghino il significato, cioè dalla concretezza della carità umile e disinteressata che traspare nell'umiltà e nella semplicità di vita.. E' in forza dell'amore che abbiamo ricevuto, infatti, che noi ci rendiamo testimoni di vera vita evangelica a tutti coloro che incontriamo sulla nostra strada, ma innanzitutto ai nostri fratelli più vicini.

 

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