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TESTO Commento su Giovanni 20,19-31.

Monastero Domenicano Matris Domini  

II Domenica di Pasqua (Anno C) (07/04/2013)

Vangelo: At 5,12-16; Sal 117/118; Ap 1,9-11a.12-13.17-19; Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Collocazione del brano
Nelle domeniche del tempo pasquale la Chiesa ci propone il vangelo di Giovanni che approfondisce meglio alcuni temi legati alla morte e risurrezione di Cristo. Per questa seconda domenica di Pasqua tutti e tre gli anni liturgici (A, B e C) ci propongono Gv 20,19-31 poiché tra le altre cose narra fatti che avvennero proprio una settimana dopo la risurrezione e ci aiutano a comprendere il senso della domenica, Pasqua della settimana. I brani precedenti a quello che stiamo per analizzare raccontano la scoperta della tomba aperta e vuota (Gv 20,1-10) che era uno dei brani previsti per il giorno di Pasqua, e le apparizioni del risorto alla Maddalena (Gv 20,11-18).
Gli ultimi due versetti del brano odierno, Gv 20,30-31 sembrano essere la conclusione del vangelo, poiché vi si trovano gli scopi di colui che l'ha scritto. Vi è però ancora il capitolo 21 che racconta l'apparizione di Gesù sul lago. Queste due conclusioni hanno dei punti in comune. La prima è dell'evangelista che dichiara vero quanto ha scritto, nella seconda invece è la comunità di Giovanni che al termine del racconto si fa garante della verità della propria testimonianza.
Il brano di questa domenica si compone di tre parti. Nella prima (20,19-23) Gesù appare ai suoi discepoli, infonde su di loro lo Spirito Santo e li manda a perdonare i peccati. Nella seconda (20,24-29) vi è una seconda apparizione del Risorto, caratterizzata dall'incredulità di Tommaso. Nella terza (20,30-31) la conclusione dell'evangelista con l'affermazione che tutto ciò che è stato scritto è vero.
Lectio
19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
Ciò che si narra in questo brano avvenne la sera del primo giorno della settimana, è questo un raccordo con il brano precedente che narra la scoperta della tomba vuota e dell'apparizione a Maria Maddalena. I discepoli si trovano in un luogo chiuso. La tradizione, senza alcun fondamento, lo indica come il cenacolo, il luogo dove avvenne l'istituzione dell'Eucarestia (Lc 22,12) e in cui gli apostoli (sempre a detta di Luca) si trovavano al momento della discesa dello Spirito Santo (At 1,13). Ciò che importa di questa informazione è che "i discepoli erano riuniti", si tratta di un'assemblea della Chiesa. Un altro elemento da sottolineare è che qui Giovanni parla di discepoli riuniti e non solo degli apostoli. Questo ci può suggerire che Giovanni insista sull'importanza dell'adesione personale a Gesù. Non si tratta tanto di mandato a delle figure autorevoli, quali gli Undici, ma di una scelta di vita. Il discepolo è colui che aderisce a Gesù, è colui che lo ha seguito nella sua presenza storica in Palestina, ma è anche colui che aderirà a Lui nelle diverse epoche storiche future. Quindi anche noi siamo stati i destinatari dell'apparizione di Gesù e del suo mandato.
I discepoli stavano in un luogo a porte chiuse per paura dei Giudei: è la paura che caratterizzava fino a quel momento gli Israeliti che non osavano dichiararsi a favore di Gesù. Forse essi avevano già ricevuto l'accusa di aver occultato il suo cadavere. Comunque la loro era una situazione di angoscia, a cui Gesù farà il dono della pace.
venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!".
Gesù venne e stette. Si tratta di due verbi dal significato preciso. Venne è lo stesso verbo che Gesù ha utilizzato per la promessa fatta durante il primo discorso di addio ai suoi (vengo a voi; Gv 14,18.28). Egli realizza dunque la sua promessa. Stare significa il rimanere ritto in piedi, evoca il trionfo sullo stato del giacere della morte.
Gesù risorto è capace di rendersi presente in mezzo ai suoi quando, vuole, improvvisamente si trova in mezzo a loro. Egli dice: "Pace a voi". Non si tratta del tradizionale saluto ebraico shalom, e nemmeno un augurio, ma è l'effettivo dono della pace, anch'essa promessa nel discorso di addio (Gv 14,27).
20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Comincia qui la seconda fase dell'apparizione. Dopo aver donato la pace ai suoi, Gesù si fa riconoscere.
Mostrare le mani e il fianco sottintende mostrare le ferite che gli erano state inferte dai chiodi (cf. Gv 19,18) e dalla lancia (Gv 19,34). Possiamo leggere in filigrana anche il riferimento a Sal 22,7.
I discepoli riconoscono che si tratta proprio di Lui. Un'altra delle sue promesse si avvera (Gv 14,20): i discepoli lo vedono di nuovo. Essi lo vedono nella pienezza della fede e gioiscono. Anche questa gioia era stata preannunciata da Gesù (Gv 16,22.24). Ora la loro sorte è indissolubilmente legata a quella del loro Signore.
21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi".
Una volta riconosciuto il Signore e aver gustato la gioia della sua presenza, i discepoli vengono rimandati alla loro esperienza terrena: devono aprirsi all'avvenire del mondo a cui devono annunciare il Risorto. Gesù ripete per loro il dono della pace, segno che è iniziato un tempo nuovo. Poi, l'Inviato per eccellenza invia i discepoli. E' la prima volta che ciò avviene nel vangelo di Giovanni. Vi è una correlazione "come il Padre ha mandato me...". La congiunzione kathos viene tradotta come, ma più propriamente significa per il fatto che .
Non vi è una contrapposizione tra i due invii, ma mostra la forte continuità di un'unica missione, ricevuta dal Padre. L'invio dei discepoli implica le stesse cose contenute nell'invio di Gesù: glorificare il Padre facendo conoscere il suo nome e manifestare il suo amore (Gv 17,6.26).
Queste parole del Signore non riguardano soltanto gli apostoli, ma tutti i discepoli, quelli presenti alla sua apparizione, ma anche quelli futuri di tutte le epoche e le zone geografiche.
22 Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo.
Per Giovanni il dono dello Spirito Santo viene elargito lo stesso giorno della risurrezione di Gesù e non cinquanta giorni dopo, come dice invece Luca. Lo Spirito Santo renderà possibile l'esercizio della missione affidata ai discepoli. Il gesto di Gesù, che soffia, riprende il gesto primordiale della creazione dell'uomo (Gn 2,7). Il Creatore aveva alitato nell'uomo un soffio che fa vivere (Sap 15,11). Questo significa che l'uomo esiste soltanto sospeso al soffio di Dio. Il verbo utilizzato da Giovanni (emphysao) è usato solo in Genesi e in Sapienza, quindi l'allusione non permette equivoci. Si tratta di una nuova creazione: Gesù glorificato comunica lo Spirito che fa rinascere l'uomo, concedendogli di condividere la comunione con Dio. Così si compie la profezia di Giovanni Battista: Gesù ha battezzato nello Spirito Santo (Gv 1,32-33), l'attesa si è compiuta nel giorno di Pasqua. Questo dono dello Spirito mette in evidenza che ora i discepoli partecipano alla vita di Cristo glorificato (cf. 1Gv 4,13; 3,24)
23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati"
Compare qui un elemento caratteristico dei racconti di risurrezione degli altri evangelisti e sembra che Giovanni lo abbia ereditato da loro senza averne mai parlato prima all'interno del proprio vangelo. Per comprendere questo versetto è necessario lasciarsi illuminare da Mt 26,28. Il mandato dei discepoli afferma l'abolizione del peccato nel mondo, caratteristica fondamentale dell'Alleanza definitiva, resa possibile dalla fedeltà che Gesù ha avuto verso il Padre. Grazie alla vittoria di Cristo la salvezza divina ha prevalso sulla tenebra e raggiunge ogni persona, attraverso la mediazione dei discepoli. La formulazione in positivo e in negativo proviene dallo stile semitico che esprime la totalità attraverso una coppia di contrari.
"perdonare/non perdonare" indica la totalità del potere misericordioso trasmesso dal Risorto ai discepoli. (cf. Mt. 18,18).
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
La notizia della mancanza di Tommaso introduce la seconda parte del brano, la quale porta a termine il cammino di fede richiesto a noi che leggiamo Giovanni. Ognuno di noi è nei panni di Tommaso, anche noi non c'eravamo quando Gesù è apparso ai discepoli, anche noi dobbiamo fondare la nostra fede sulla testimonianza degli apostoli. E' questo il senso della frase finale: "Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto" (Gv 20,29). Didimo significa gemello .
25Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".
L'elemento principale del dubbio che si trovava soprattutto nel brano di apparizione di Luca, viene qui condensato nella figura dell'apostolo Tommaso. La tradizione ha identificato Tommaso come colui che dubita. Egli invece è il discepolo che non ammettendo la testimonianza della comunità, rimane nella propria convinzione, ma che davanti all'evidenza cede con lealtà.
Con la reazione iniziale di Tommaso, Giovanni mostra lo scetticismo naturale dell'uomo di fronte all'annuncio inaudito della vittoria sulla morte, lo stesso manifestato dagli ateniesi quando sentono Paolo parlare della risurrezione di Cristo (At 17,31-32). Tommaso crede nella risurrezione dei morti, ma vorrebbe verificare se Cristo è già partecipe di questa risurrezione toccando le sue ferite. La dottrina del tempo riguardo la risurrezione dei morti supponeva una continuità sensibile tra i due mondi, quello di prima e quello successivo, pur non escludendo una trasformazione gloriosa.
La costruzione della frase detta da Tommaso è uguale a quella affermata da Gesù in tono di rimprovero in Gv 4,48: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete". Vi è un contrasto netto tra il comportamento meditativo del discepolo prediletto di Gesù che vide la tomba vuota e le bende lasciate per terra e credette (Gv 20,8).
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!".
Otto giorni dopo, cioè la domenica seguente. Questa affermazione sottintende le assemblee eucaristiche della Chiesa primitiva. Gesù viene nuovamente a porte chiuse e di nuovo formula il suo saluto di pace. Gesù si rivolge subito a Tommaso negli stessi termini da lui utilizzati, non per ironia né per condiscendenza, ma per mostrare che, nel suo amore, egli conosce che cosa il suo discepolo desiderava fare. Gesù sa leggere nei cuori, si è già visto nell'episodio di Natanaele (Gv 1,7-51), tra l'altro i due episodi hanno diversi punti in comune. I due episodi aprono e chiudono la traiettoria che va dal primo all'ultimo incontro dei discepoli con Gesù.
Tommaso viene dunque preso sul serio. Gesù gli offre di soddisfare la sua esigenza, ma al tempo stesso lo invita a un atteggiamento ben più profondo. L'affermazione di Gesù gioca sulla contrapposizione incredulo/credente. Si tratta di un comportamento momentaneo di Tommaso, che si è mostrato incredulo, non accogliendo la testimonianza dei suoi pari ed esigendo di verificare sensibilmente la realtà del corpo di Gesù. Gesù gli accorda la libertà di compiere il gesto richiesto, ma soprattutto lo invita ad agire da vero credente.
28Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".
Il narratore non sottolinea il fatto che Tommaso di fatto non compia il gesto da lui desiderato. Passa subito a descrivere la reazione immediata del discepolo. Egli entra nel pensiero di Gesù e proclama una confessione di fede assoluta "il mio Signore e il mio Dio". Questa professione, che sottintende il "tu sei" rivela la Cristologia giovannea. Il termine Kyrios (Signore) poteva equivalere a un indirizzo rispettoso, come quello di "rabbi", ma il fatto che sia unito a quello di Theos (Dio) esprime l'evidenza prodotta dalla presenza del risorto: Gesù è unito con Dio, che in lui si è reso vicino. L'invocazione ricorda Osea 2,25: «A Non-miopopolo dirò: "Tu sei il mio popolo" ed egli risponderà: "Mio Dio"». Insistendo su mio Signore e mio Dio, Tommaso risponde all'alleanza di cui Gesù ha proclamato la realizzazione (20,17 "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro").
29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".
Queste due parole di Gesù sono centrate sul «credere» e precisano due modi di accesso alla fede, quello di Tommaso e quello dei futuri discepoli. Il primo potrebbe essere compreso come una riserva nei confronti del discepolo: Gesù gli rimprovererebbe di aver avuto bisogno di vedere per credere. Ma il verbo al perfetto suggerisce invece che si tratta di una parola di felicitazione da parte del Vivente che è stato riconosciuto nella fede. Infatti in Giovanni non vi è opposizione tra vedere e credere.
La seconda frase sembra attenuare l'elogio, insinuando quasi che sia preferibile credere senza vedere. In realtà essa non riguarda più Tommaso, ma i discepoli futuri: l'evangelista si rivolge alla comunità già lontana dalle origini. La comunità non deve rimpiangere il fatto di non aver vissuto al tempo di Gesù. Anche se il suo modo di accesso alla fede non è lo stesso, sono beati coloro che nel corso dei tempi avranno creduto senza vedere.
30 Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La vita di Gesù viene qui sintetizzata attraverso il termine di segni, termine con cui Giovanni intende soprattutto i miracoli (cf. Gv 2,11). L'obiettivo del suo operare era quello di suscitare la fede. Lo scrittore dice di non averli riportati tutti, non tanto per fare una dichiarazione di limitatezza, e quindi di umiltà, ma per affermare che egli ha ritenuto giusto riportarne solo alcuni, quelli essenziali per suscitare la fede nei suoi lettori. Questa affermazione rappresenta una chiave di interpretazione per il IV vangelo. E' un'affermazione audace. Il fine dell'autore corrisponde al fine di Dio stesso: donare la vita eterna ad ogni credente (cf. Gv 3,15). Lo scritto di Giovanni è tramite tra coloro che hanno visto e coloro che crederanno senza aver visto. Esso trasmette l'essenziale perché venga contemplato e accolto il mistero del Figlio.
Questa è la prima conclusione del vangelo di Giovanni. Seguirà poi il racconto dell'apparizione sul lago di Tiberiade e un'altra conclusione che autentica il messaggio dell'autore.
Meditatio
- Quali sentimenti suscita in me la notizia della risurrezione di Gesù?
- Qual è la pace che egli porta nella mia vita?

- Mi capita qualche volta di avere dei dubbi di fede simili a quelli di Tommaso? Come vi reagisco?
Colletta (II domenica di Pasqua)
Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l'inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti. Per il nostro Signore...

 

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