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TESTO La difficile arte di amare

mons. Antonio Riboldi

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/09/2002)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

"Una volta"...potremmo iniziare questa nostra riflessione sulla parola di Gesù che ci viene offerta.

C'era una volta, quando le nostre famiglie vivevano una semplicità che era povera di cose, ma ricca di fede e di valori evangelici, in cui le nostre mamme erano davvero premurose non solo nello stare attente alla nostra salute fisica, alla nostra crescita materiale, ma erano più attente alla nostra crescita spirituale.

Coltivavano la fede, la preghiera e quindi le virtù, con vera passione, sapendo che nel piano di Dio veniva in primo luogo la santità...il resto veniva dopo.

Erano molto attente quindi ai nostri comportamenti. La giornata era condita di continue raccomandazioni, o prediche, come soleva dire mia mamma, sperando che di cento prediche ne rimanesse il ricordo di una.

E quando la correzione fatta di parole non portava i frutti sperati, ricorreva ai mezzi più convincenti che poi erano gli schiaffi, che se facevano male al corpo, facevano un gran bene all'anima.

Quando fui ordinato sacerdote, mamma mi chiese quale era il regalo che avrei pensato per lei che era stata la mia guida spirituale, le risposi: "Una scopa d'oro"...come ringraziamento per la scopa che aveva usato per indicarmi la via di Dio, la via della vita.

Oggi...pare proprio che la correzione non sia più di moda, lasciando che i figli crescano senza più sentire nella propria inesperta mano, la mano di chi invece deve essere guida secondo Dio, ossia i genitori.

E lo stesso capita in tutti i campi. Si ha come paura di creare inimicizia anche solo facendo capire che l'amico sbaglia.

Così facendo si lascia che uno si perda: ed è davvero un grave atteggiamento contro l'amore, che dovrebbe invece dare una mano, con discrezione, con dolcezza, come è nello stile della carità, a chi sta perdendosi.

Ce lo dice la Parola di Dio oggi. Ezechiele così parla: così dice il Signore: "Figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia.

Se io dico all'empio: empio tu morirai, e tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà, per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te.

Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta, perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità, tu invece sarai salvo." (Ez.33,7-9).

Gesù a sua volta riprende l'argomento così: "Se il tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo fra te e lui solo: se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello: se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di una o due o tre testimoni". (Nt.18,15-20).

Se leggiamo attentamente la Bibbia, troviamo che i Profeti non avevano alcuna paura, mandati da Dio e quindi nel nome di Dio, di farsi a volte duro rimprovero verso Israele, non guardando in faccia ad alcuno, dai re, ai giudici, ai sacerdoti, ai falsi profeti, ai falsi maestri, fino a rischiare con le loro parole la stessa morte.

Basta leggere Isaia, Elia, Ezechiele e tutti gli altri...Dio non poteva accettare che il suo popolo si dannasse, correndo dietro a falsi idoli ed allontanandosi da Lui, quindi andando diritto verso la perdizione.

Il grande amore che Dio aveva per il suo popolo diveniva avvertimento e quindi correzione. L'amore non ama assistere passivo a chi si ama. La correzione in Dio è testimonianza di amore: immenso amore che invita alla conversione, ossia a lasciare le vie sbagliate per tornare alla retta via.
Così fece Giovanni il Battista.

Non ebbe alcun timore a rimproverare apertamente il re Erode per il peccato pubblico di avere preso in moglie la consorte del fratello. Era scandalo da condannare, perché cattivo esempio ai deboli. E tutti sappiamo che il suo coraggio lo portò a finire decapitato.

Gesù stesso, davanti al tempio divenuto luogo di commercio, non esitò a usare la frusta, gettando a terra la merce che vi era: "La casa del padre non è luogo di ladri". E non esitò a mostrare il suo sdegno verso chi dà scandalo.

Fanno davvero ancora oggi impressione e fanno pensare i tanti "guai" che Gesù rivolse a chi dà scandalo ad uno di questi piccoli: "E' meglio si mettano una corda da mulino al collo e si gettino in mare". I "guai ai ricchi": "E' più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco in paradiso".

I "guai agli scribi" e farisei "ipocriti". Non ha davvero paura Gesù di usare la frusta quando occorre sradicare il male dalle radici. E anche Lui la pagò cara, finendo sulla croce. Ma fu la nostra salvezza.

Nello stesso tempo però bastava un'occhiata verso il peccatore o la peccatrice per mostrare la dolcezza della sua misericordia. Non taceva il male, perché non sarebbe stato nella sua natura di Maestro, vedere gli errori e fare nulla per correggerli.

Lui era ed è la Verità e la nostra salvezza. Non poteva e non può quindi tacere di fronte alle nostre malattie.

Fa di tutto per guarirci e così restituirci alla salute: in tanti modi...anche attraverso la fraterna correzione di coloro che il profeta oggi definirebbe "sentinelle": come sono gli sposi gli uni verso gli altri: i genitori verso i figli, i sacerdoti nella Chiesa; i cristiani tutti davanti ai mali che offendono Dio.

A volte bisogna avere il coraggio di rischiare. Come quando anni fa nella mia Diocesi, ma parlando a tutta la nostra nazione, scrissi una lettera pastorale dal titolo significativo, "rubato" ad Isaia: "Per amore del mio popolo non tacerò".

Era una condanna senza sottintesi della criminalità organizzata. Era una condanna della indifferenza di fronte ad un male che davvero appestava e appesta la vita civile. Un male che ancora oggi esiste ed in forma violenta, ma che forse si preferisce sottovalutare.

Ci vuole tanto coraggio. Il coraggio di volere il bene a chi si ama. Il coraggio di chiamare male ciò che è male agli occhi di Dio e bene ciò che invece è amabile ai Suoi occhi.

Ma si ha come l'impressione che al coraggio si preferisca il comodo silenzio per non avere fastidi...E così la società si perde nella corruzione, che è davvero l'inferno del nostro tempo.

Mi scriveva un amico di Internet che per il fatto di dichiararsi oggi "costruttore di pace", viene continuamente deriso da chi invece vorrebbe inneggiare alla brutalità della guerra! E' come inneggiare all'inferno.

E' un coraggio che a volte manca nelle famiglie, dove si crede di perdere i figli con una correzione che sia testimonianza di carità e di vita.

E così i figli un giorno ci malediranno per non averli avvertiti del male.

E' un coraggio che a volte manca anche a noi Chiesa, che pare non abbiamo più voce per sferzare questo mondo che vorrebbe cancellare addirittura Dio.
Sono tutte viltà che pagheremo care.

Ed invece il profeta ci indica la via della sentinella, che avverte del male che sta avvicinandosi. Certo la correzione non deve mai essere forma di superbia o priva di dolcezza.

Deve essere la forma di delicatezza e di umiltà propria di chi sa di non essere affatto superiore a chi si corregge, ma vuole esprimere stima e amore. Deve incoraggiare e mai deprimere.

Davvero una forma di carità che è necessaria in tutti e per tutti...perché l'onda del male, non travolga tutto e tutti.

Ogni volta riceviamo una correzione fraterna, sentiamo sul momento la ribellione della nostra superbia, ma poi "rientrando in noi stessi" come il figlio prodigo, viene da dire "GRAZIE" a chi ci ha usato tanta carità.
Davvero salvando gli altri, salviamo noi stessi.

 

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