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TESTO Dubitare, interrogarsi, credere...

don Alberto Brignoli  

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II Domenica di Pasqua (Anno C) (07/04/2013)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Non è poi così vero che pretendere delle certezze nella vita di fede sia segno di mancanza di fede. Addirittura, oserei dire che nemmeno il dubbio, in un'esperienza credente, è sintomo di poca fede. Sinceramente, ho sempre provato una certa simpatia per coloro che di fronte ad una realtà così misteriosa e piena di fascino come l'Assoluto si sono posti degli interrogativi, a volte magari anche un po' sfrontati e spregiudicati, ma che sicuramente sono sintomo di un desiderio di ricerca.

Non mi riferisco solo ai filosofi, ai maestri del sospetto, ai pensatori laici di ogni epoca o agli scienziati che sottopongono la Rivelazione a tutta una serie di prove oggettive che la Rivelazione spesso non può e non ha nemmeno intenzione di offrire;

mi riferisco pure e soprattutto ai grandi credenti di ogni religione e in modo particolare ai santi della nostra tradizione cristiana, pochi dei quali possono vantare una vita ascetica e spirituale priva di ombre, di incertezze, di dubbi ed anche di incoerenze.

Dal Principe degli Apostoli che non riesce ad imitare il suo Maestro nel camminare sulle acque perché dubita della sua presenza, fino a giungere alle recenti scoperte di testi di Madre Teresa di Calcutta in cui definisce se stessa in uno stato di "notte perenne" rispetto a Dio, passando attraverso le esperienze drammatiche della spiritualità dell'angoscia di Giovanni della Croce, di Teresa d'Avila, dello stesso Francesco d'Assisi...

Per cui, è inutile dare dell'ateo o del miscredente a Tommaso, solo perché ha voluto vederci chiaro di fronte al Maestro, morto in croce, ma che tutti affermavano aver visto nuovamente in vita... Non siamo forse così anche noi, spesso? Se non addirittura peggio, visto che il nostro cammino di fede non sempre riesce ad arrivare ad espressioni così belle come quelle di Tommaso quest'oggi: "Mio Signore e mio Dio"...

Siamo onesti: chi di noi non ha mai avuto dubbi di fede? Chi di noi, pur professandosi credente e cercando di condurre una vita il più possibile coerente con gli insegnamenti del Vangelo, non si è mai posto delle domande, implicite o esplicite, su Dio?

"Sarà esistito storicamente, Gesù di Nazareth? O non sarà un'invenzione di alcuni mistici un po' fanatici?"; "Ma questo fatto della Resurrezione dai Morti, com'è conciliabile con gli elementi scientifici sulla vita che abbiamo attualmente in mano?"; "Il Corpo di Cristo...Amen...Credo...ma sarà davvero così? Non è forse più pane...?"; "Se Dio esiste davvero ed è buono, perché c'è il male nel mondo? E perché lui lo permette? Certo, colpa dell'uomo...e le catastrofi? E i terremoti? E le malattie incurabili?"; "Perché mai devo credere in Dio, se anche da un punto di vista puramente umano posso comportarmi come si comporta un credente, e magari anche meglio?"; "Dov'è Dio, quando abbiamo bisogno di lui...?"

... Potremmo proseguire all'infinito, citando paradigmatiche domande che ogni uomo, chi più e chi meno, si è posto nella vita, spesso senza trovare un'adeguata risposta, ma non per questo smettendo di essere uomo di fede, o inevitabilmente dichiarandosi miscredente o ateo...ammesso che l'ateismo esista, se per ateo intendiamo uno che non crede in un'entità superiore a quella umana, in qualcosa che ci sovrasta, ci domina, ci riempie di fascino, e ci fa interrogare sul senso dell'esistenza.

No, un ateo così non può esistere. Può esistere un ateo che non dia a questa entità "altra" il nome di Dio; ma non credo esistano uomini sulla terra che non si lascino interpellare da una realtà superiore a quella puramente umana o che non si facciano interrogare dal Mistero. E che non sentano la difficoltà di dare senso al proprio esistere.

Perché tutti siamo così, un po' santi e un po' dannati, un po' credenti e un po' atei, un po' devoti e un po' dubbiosi. Tutti.

Anche - oserei dire soprattutto - coloro che hanno più familiarità con Dio, anche noi che viviamo delle "cose di Dio", anche noi che abbiamo consacrato la nostra vita a lui.

Se noi come uomini di Chiesa vivessimo un'esperienza di Dio priva di domande, di interrogativi, di battute d'arresto, correremo il rischio di essere gente senza prove, e quindi senza sofferenze, e quindi senza passioni.

Dio liberi me e ogni altro prete dall'essere un prete senza passione per Lui, un prete che non fa fatica a stargli dietro, un prete per nulla "appassionato" di Dio, un prete che non carica sulle sue spalle la croce e non lo segue, perché ciò vorrebbe dire che non siamo degni di essere chiamati suoi discepoli!

Dio ci liberi da una fede talmente sicura di sé da diventare orgogliosa, superba, oppressiva, disprezzante nei confronti di chi fa fatica a credere perché provato dalla vita!

E Gesù liberi la sua Chiesa da uomini e donne che per il solo fatto di essersi consacrati a lui si sentono incrollabili nella fede, imperturbabili e perfetti.

La Chiesa, oggi, non ha bisogno di "signori" e di "divinità" della fede perché oggi come allora c'è un solo Signore e un solo Dio, quello che ha pazienza, che ti usa misericordia, ti rialza quando la tua fede vacilla e poi cadi, e che ti porta poi a professare come Tommaso "Tu sei il Mio Signore; Tu sei il Mio Dio".

La Chiesa oggi ha bisogno di testimoni credibili della fede, di gente che fa fatica, che a proposito di Dio ha mille dubbi al giorno, ma che nonostante tutto è capace di affidarsi a Dio e andare avanti, perché sa che è lui che conduce la nostra vita.

Occorre, soprattutto, gente che non vive la sua esperienza di fede come un fatto isolato, ma come un momento di condivisione con una comunità di fratelli, che vive delle stesse gioie e delle stesse fatiche della fede.

L'errore di Tommaso non è stato il suo dubitare, ma il fatto di voler fare a meno di stare con i suoi fratelli, di separarsi da loro già la sera stessa di Pasqua, di volersi costruire una fede a sua misura. Tommaso salverà la sua fede "otto giorni dopo", cioè la domenica, cioè il Giorno del Signore, il giorno in cui accetterà di tornare a riunirsi con la comunità, pur senza togliere tutta la fatica del credere.

Perché nessun cristiano, per quanto personalmente perfetto, può sperare di salvarsi senza il riferimento a una comunità di fede.

 

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