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TESTO La scommessa conveniente

padre Gian Franco Scarpitta  

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II Domenica di Pasqua (Anno C) (07/04/2013)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Le apparizioni di Gesù non si identificano con l'evento della risurrezione, ma ne sono un riflesso, una conseguenza. Esse avvengono in vari luoghi e modalità: Gesù appare improvvisamente e in incognito, come nel caso dei discepoli di Emmaus, altrove si manifesta senza preavviso, aspettandosi di essere riconosciuto, altre volte essendo confuso perfino con un fantasma. Ma in tutti i casi, le apparizioni sono un appello alla fede, alla sensibilità e alla radicalità dell'adesione a quanto accolto e professato.

Quella che viene descritta in questo brano evangelico, avviene "la sera dello stesso giorno", il primo dopo il Sabato, quindi quando ancora la notizia del sepolcro vuoto era sulla bocca di tutti e aveva ormai suscitato stupore, meraviglia e opinativi. Gesù si presenta mentre le porte del cenacolo sono sbarrate per paura dei Giudei, mostrandosi quindi come l'onnipotente e il glorioso al quale nulla è impossibile, soprattutto perché ormai rivestito di una corporeità che non ha più nulla di meramente terreno e corruttibile. Il corpo del Risorto, seppure riconoscibile come quello del (precedente) Crocifisso, è infatti adesso rivestito di particolari caratteristiche di magnificenza divina, di attributi di gloria e di assoluta incorruttibilità, per cui nulla ora necessita in senso materiale.

La sua apparizione suscita gioia, soprattutto quando gli astanti suoi apostoli sono rivestiti dello Spirito Santo, il dono più grande che Gesù possa concedere loro. In questa circostanza però, alitando su di loro, concede uno Spirito attinente al "perdono dei peccati", che non è ancora quello della Pentecoste e conferisce un potere missionario solamente parziale e limitato. Il dono dello Spirito consente tuttavia agli apostoli di accrescere la gioia della constatazione che davvero il loro Signore è Risorto e adesso è in mezzo a loro e conferisce anche l'entusiasmo della testimonianza e della missione. Per cui essi comunicano la loro letizia a Tommaso, che non era stato con loro quando Gesù era loro apparso, Dopo otto giorni ecco che questi, informato della cosa, reagisce nel modo che ben sappiamo. Si mostra non miscredente ma probabilmente agnostico. Non che si precluda la possibilità di credere in tutti i casi, ma non ammette la veridicità delle affermazioni dei fratelli: è disposto a credere solo in conseguenza di prove tangibili e di dati incontrovertibili.

Gli si attribuisce la colpa dell'incredulità e dell'ostinazione al rifiuto, tuttavia non è tipico del solo Tommaso il non volersi aprire alla sola parola testimoniata e anzi la ricerca della prova e della sperimentazione è tipica dell'essere umano in generale, anche ai nostri giorni.

Molte volte si prova tantissima difficoltà ad accettare la verità rivelata, specialmente quando questa richiede un particolare sforzo di fede e di sottomissione e del resto occorre riconoscere che la nostra religione richiede un'attitudine alquanto eroica in tal senso. Ci viene chiesto di accogliere con umiltà e accettazione risoluta preposizioni, dettami e dogmi che in un contesto puramente razionale non possono che essere definiti assurdi e meschini e appunto in questo risiede la nostra "fatica di credere". La fatica, cioè l'eroismo dell'irrazionalità. Che Dio si sia fatto uomo nascendo da una vergine è un fatto inammissibile a concepirsi per chi è abituato a soluzionare ogni cosa per fine procedimento logico e razionale; che Dio abbia accettato di morire sulla croce è altrettanto inammissibile per i sottili raziocini dei dotti e dei sapienti, come pure inconcepibile lo Spirito Santo, la Vita eterna e altri articoli della nostra fede che impongono l'abbandono della speculazione. Anche il dramma di tante vite stroncate sul nascere, di decessi inaspettati di persone care e pie, la disperazione e il dolore che tanta gente innocente è costretta a subire, la solitudne, le sopraffazione, l'odio, la violenza e le ingiustizie dilaganti mettono a dura prova la nostra perseveranza nella fede ed è comprensibile che almeno una volta abbiano ingenerato in noi il dubbio o l'incertezza su un Dio buono, giusto e misericordioso. La fede subisce tantissime sfide. Eppure essa in fin dei conti è una grande risorsa. Il fatto che parecchi filosofi e uomini di scienza ad un certo punto hanno avvertito la necessità di Cristo optando finalmente per lui, testimonia la realtà di fatto che essa è la vera soluzione a tutti i nostri interrogativi, ai dubbi e alle perplessità. La sola razionalità, per quanto fruttuosa e capace di grandezze, non riuscirà mai a conseguire la risposta ai fondamentali interrogativi dell'uomo poiché questa risposta risiede solamente nella Rivelazione. Pascal afferma che la fede è una scommessa conveniente: se Dio esiste e io ci credo, ho guadagnato; se Dio non esiste e io ci ho creduto, non ho perso nulla né ho guadagnato nulla. Ma lo scommettere su Dio è comunque necessario.

La fede non può tuttavia non essere considerata come un beneficio o come un dono scaturente dallo stesso Dio, un invito all'adesione, alla comunione e alla familiarità con lui. E' quanto Dio stesso ci chiede nel rivolgerci l'invito a "non essere più incredulo, ma credente": instaurare un rapporto di confidenza per il quale noi siamo in grado da noi stessi di credere e di aderire e di non recriminare di fronte alla prospettiva del dono.

La certezza del Cristo Risorto non può che incoraggiare in noi l'accrescimento di una fede forte che non conosca arrendevolezza e che ci mantenga saldi in tutte le avversità.

 

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