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TESTO La Buona notizia da recuperare

don Fulvio Bertellini

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/09/2002)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Alla base della vita del cristiano sta il Vangelo, la Buona notizia. Altrimenti, si diventa pagani o farisei sotto mentite spoglie. In ogni parola di Gesù va ricercato innanzitutto il Vangelo: quale lieto annuncio mi porta. Poi si potrà disquisire sulle conseguenze pratiche, su che cosa dobbiamo fare, su come dobbiamo vivere.

Tutti fratelli?

Il lieto messaggio che ci viene proposto in questa domenica è: siete una comunità di fratelli. Cristo morendo e risorgendo per noi ci trasforma nella sua famiglia, ci rende figli adottivi di Dio, e quindi fratelli tra noi. Per misurare la portata sconvolgente di questa "buona novella", basta uscire un attimo di casa, girare per i negozi, passare per qualche ufficio. Forse ci stiamo ritrovando a scancherare contro il negoziante disonesto che ha aumentato i prezzi, contro l'impiegato pigro che ha dimenticato la nostra pratica, contro quell'imbecille che ha parcheggiato la macchina proprio lì e adesso sta intralciando il traffico... i nostri rapporti quotidiani non sono esattamente sempre ispirati alla fraternità... gli "altri" sono spesso i "rivali" che tentano di ingannarci, gli "ostacoli" che si frappongono tra noi e i nostri obiettivi, gli "strumenti" che ci servono per raggiungere i nostri scopi, i "polli da spennare" quando ci capita (anche perché il più delle volte abbiamo l'impressione di essere spennati noi...).

Non per merito nostro

Il Vangelo stravolge la nostra mentalità individualistica: gli "altri" sono FRATELLI. E subito forse sorge in noi la preoccupazione: ma fin dove arriva questa fraternità? Fino a che punto mi devo preoccupare per loro? Ma come fai a vivere con questo pensiero in un mondo come il nostro...? Ma prima di dar voce alla nostra preoccupazione, dobbiamo lasciare la parola al Vangelo: siamo fratelli perché Cristo è morto, è risorto per noi e ci ha resi figli di Dio. E quindi una delle cose che, per così dire, ci accomuna maggiormente è il peccato: tutti siamo peccatori, tutti siamo in qualche modo responsabili della croce di Cristo, tutti siamo stati perdonati da lui. E sempre lui ci ha rigenerati con il Battesimo. La fraternità di cui stiamo parlando non è un'utopia: ma una realtà pagata con il sangue di Cristo. E se crediamo alla croce che salva e alla forza della risurrezione, non possiamo non credere anche in questo tipo di fraternità.

Riguadagnare il fratello

Per questo, nel discorso ecclesiastico, la forma privilegiata della costruzione della comunità è l'aiuto alla conversione del peccatore. Che passa attraverso una serie di passaggi: il rapporto personale, il dialogo con due o tre testimoni, il dialogo con l'assemblea. Bisogna notare che prima di tutto viene il rapporto personale: "tra te e lui solo". E che questo è proprio quello che ci manca. Nelle nostre parrocchie ci si incontra spesso per categorie per gruppi: riunione dei genitori, incontri per i fidanzati, gruppo degli adolescenti... tutte cose che rischiano di essere formali, e non sostanziali. Le vere amicizie, quelle a cui teniamo, sono altre. Ma la fraternità di cui parla Gesù non può non essere contagiosa e travolgente.

"Sarà sciolto anche nel cielo..."

"Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo...": generalmente si riferisce al potere della Chiesa di rimettere i peccati. Ma questa frase ha un valore molto più ampio: tutto l'agire della Chiesa ha un riflesso presso Dio, una risonanza ai suoi occhi, e quindi comporta una responsabilità. Il povero che aiuti sulla terra, è colui che ti accoglierà in cielo. L'amicizia che costruisci sulla terra, viene costruita per il cielo. Ma quando si distrugge? Quando si crea divisione? Quando si tradisce il mandato di essere segni di fraternità nel mondo? Ogni nostro piccolo gesto di pace o di odio ha un'eco presso Dio, e da un altro passo del Vangelo ne conosciamo le conseguenze negative: "Ogni volta che non avete fatto qualcosa di buono ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me".

Ma come ritrovare la via di questa fraternità che da noi si attende Gesù?

PRIMA LETTURA

"Ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia". Nelle culture antiche era molto rilevante la figure dall'"uomo di Dio", intermediario tra il mondo umano e il mondo divino. L'indovino, lo stregone, lo sciamano sono i "medium" a cui ci si può rivolgere per avere un contatto con le divinità o gli spiriti, per avere successo, guarigione, protezione. Per questo tali intermediari erano separati dalla comunità, e godevano di uno status e di privilegi particolari. In Israele il profeta, che pure eredita alcune prerogative degli indovini del Medio Oriente Antico, ha una connotazione completamente diversa. Come appare da questa lettura, non è caratterizzato unicamente da un rapporto privilegiato con Dio. Egli ha una responsabilità nei confronti dei fratelli, figli del suo popolo. L'"empio" di cui si parla è un fratello israelita, che deve essere richiamato alla conversione, non punito. La responsabilità del profeta è tale che egli viene associato alla stessa sorte dell'empio, nel caso non sia stato avvertito. Non potrà dire "è colpa sua, io non c'entro...".

SECONDA LETTURA

"Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole...". La metafora del debito è assunta da Paolo in maniera paradossale. Normalmente il debito può essere estinto, una volta che è stato pagato il dovuto, e la situazione si è "regolarizzata". Ma nella comunità credente non è possibile "mettersi in regola": unica regola è l'amore "come se stessi". Questo libera da tutta una serie di comandamenti e formalità inutili, ma nello stesso tempo assegna una grande responsabilità. Ogni cristiano è un prossimo da amare. E' da evitare una lettura solo individualistica di questo comandamento fondamentale. Paolo specifica che si tratta di "amore vicendevole". Non va ridotto ad uno slancio personale, ma deve essere il carattere distintivo di una comunità.

 

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