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TESTO Commento su Atti degli Apostoli. 4, 8-24a; Colossesi 2, 8-15; Giovanni. 20, 19-31

don Raffaello Ciccone  

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II domenica T. Pasqua (07/04/2013)

Vangelo: At 4, 8-24a; Col 2, 8-15; Gv 20, 19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Atti degli Apostoli. 4, 8-24a
La Comunità cristiana si sta organizzando. Continua a frequentare il tempio secondo le abitudini del gruppo dei discepoli di Gesù, che già con Gesù, nei giorni precedenti la sua morte e la resurrezione, va regolarmente. Così gli apostoli non hanno motivo di cambiare. Ma affrontano la realtà, giorno per giorno, fidandosi del Signore che farà loro comprendere stili e scelte secondo il suo cuore e, comunque, sanno che da adesso in poi hanno un riferimento nuovo di vita a cui rivolgersi sempre: la morte e la risurrezione di Gesù cambia scelte e stili.
Il libro di Luca, "Atti degli apostoli", racconta un normale giorno feriale. "Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio" (At 3,1-2). Chiedere elemosina significa aspettarsi, in particolare, danaro, oppure generi alimentari o altri doni. "Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono" (vv6-7).
Sono le tre del pomeriggio: si offre l'incenso all'interno del tempio, nel Santo, mentre fuori, all'altare dei sacrifici viene immolato un agnello di un anno. A questo punto lo storpio, a cui, per la sua malattia che lo rende impuro, è preclusa ogni entrata nel tempio, "entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio". Poiché Gesù ha educato i discepoli ad assistere a fatti o ad ascoltare parabole per poi capirne il significato, Pietro e Giovanni fanno altrettanto, diffondendo il messaggio della risurrezione sulle Scritture: in questo caso citano il Salmo 118,22: "Gesù è la pietra angolare... in nessun altro c'è salvezza". Lo fanno con grande libertà e franchezza (parresia): Luca usa questo termine per identificare una persona serena, sicura e libera.
La testimonianza sorprende i cultori della legge poiché sanno di trovarsi davanti a persone semplici e senza istruzione. I capi e i giudici non sanno trovare motivi per condannarli. Ricorrono alla minaccia, obbligandoli al silenzio.
Ma gli apostoli, con la stessa franchezza, rispondono che non possono tacere "quello che abbiamo visto e ascoltato". C'è una sfida alla loro fede. Essi continuano: "Se sia giusto obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi stessi". E la domanda è una richiesta morale di altissimo livello: obbligano a mettere sotto osservazione ogni loro gesto che esige di essere valutato alla luce della Parola di Dio.
Il testo ricorda il ritorno nella comunità cristiana: essa è informata di quello che è stato loro minacciato, qualora si continui a dare motivi di fede. Questo fa parte della lucidità, del coraggio e della trasparenza. in cui prima di tutto si trovano ad operare.
Acquista un particolare significato la preghiera di ringraziamento al Signore che è anche implorato perché sostenga il coraggio e operi, mediante la Comunità cristiana, segni di liberazione.
san Paolo ai Colossesi 2, 8-15.
Paolo vede i pericoli che corrono coloro che accettano la fede di Gesù. E d'altra parte è questa la novità centrale per ebrei e per i pagani di fronte alla quale bisogna prendere posizione. Poco più sopra ha impostato il problema: "E così, intimamente uniti nell'amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza. Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti" (Col 3,2-4). Ci sono prospettive nuove che vengono dalle tradizione ebraica e dalla cultura greca. Paolo dice che è fondamentale difendere e maturare in sé la consapevolezza di aver ricevuto il "mistero di Dio in Gesù".
In un mare di relativismo, e in un oceano di pretese di assolutismi, noi stiamo percorrendo una strada stretta che ci porta a vedere in "Gesù Signore" (2,6) la ricchezza della nostra appartenenza e della nostra liberazione. "In Lui siamo stati riempiti, circoncisi (è la nuova appartenenza) e in lui battezzati (sepolti alla realtà vecchia di male e di peccato). Siamo "risorti mediante la fede nella potenza di Dio" (v 12).
La risurrezione si sviluppa ogni giorno e matura nella fede. Non ci sono automatismi ma scelte e verifiche, pensieri nuovi e maturi sulla Parola di Dio: "siamo risorti per fede".
Il tempo precedente, di cui, comunque siamo stati responsabili e che abbiamo scelto, ora è stato assunto da Gesù. Nella mentalità e nell'immaginario ebraico Dio ha un registro su cui sono segnate tutte le mancanze. Il giudizio di Dio si basa su ciò che è documentato. Ma su questo testo oggettivo, e sempre più carico di iniquità, si fa riferimento, da parte dei giusti, perché il Signore abbia la bontà di ignorarlo.
Un testo di Isaia dice una parola assicurante di Dio: "Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati" (43,25). L'immagine ritorna anche in Mt 6,15: "Ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe" e in Luca 11,4: "Perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
E su questo documento, o "chirografo" (firma fatta di proprio pugno) ci troviamo a confronto con un debito che tutta l'umanità ha contratto e sottoscritto davanti a Dio. E' una grande ipoteca che grava sul genere umano e che è insolubile. Eppure con Gesù il documento è stato annullato, il debito è stato estinto ed è stata portata via anche la ricevuta. Gesù, per amore del Padre, ha annullato il male e perdonato gli uomini, inchiodando e distruggendo il documento dei nostri misfatti sulla croce.
La conclusione presenta il trionfo sul male di Dio attraverso Gesù, dopo la sconfitta delle potenze celesti, a somiglianza delle vittorie trionfali degli imperatori che trascinano i re vinti in catene dietro il carro del vincitore. .I cristiani, finalmente, sanno di poter seguire un solo vincitore che non vince gli uomini, ma vince il male in ogni uomo: il Salvatore Gesù, crocifisso e risorto.
Giovanni. 20, 19-31
Dopo le notizie sconcertanti della sparizione del corpo di Gesù dal sepolcro, dopo la visione degli angeli e il messaggio di Maria Maddalena, nel Cenacolo il gruppo dei discepoli si ritrova la sera per mangiare e per mettere in ordine le notizie confuse, sconvolgenti, assurde, splendide. Giovanni, che il mattino, con Pietro, è corso al sepolcro, guardando le bende piegate, "credette" (20,8), nel suo Vangelo, sintetizza, fatti e parole di due apparizioni di Gesù, otto giorni l'una dall'altra, sempre il giorno dopo il sabato, di sera. S. Luca distende su 50 giorni i doni e le scelte che il Signore offre e che Giovanni raccoglie in un solo iniziale incontro: il saluto di pace come segno della risurrezione, la missione, il dono dello Spirito. Luca propone il tempo di 50 giorni (7x7+1 = 50: simbolo della pienezza di Dio, richiamo allo Spirito) per suggerire il lento cammino della consapevolezza nei discepoli, la coscienza della missione che sarà possibile con la forza dello Spirito, il bisogno della forza di Dio per ripensare ai messaggi e all'esperienza vissuta, il dono dello Spirito come presenza di Gesù risorto, offerto interiormente, per imparare a manifestare e annunciate la Parole di Gesù.
- Giovanni sintetizza nell'offerta di pace, che è più di un augurio, la presenza di Gesù che ha realizzato finalmente l'incontro tra Dio e l'uomo. Ormai, slegato dal tempo e dallo spazio, non più soggetto ai condizionamenti, Gesù ora può essere pace per ogni uomo che lo cerchi.
- Dal dono alla missione il passo è breve: la missione non è solo predicare la morte e la risurrezione, ma è proporre la missione come coinvolgimento nel mistero di Dio che Gesù ha vissuto: un amore incondizionato, una dipendenza alla volontà di Dio autentica, una profonda passione per la verità, un desiderio ardente di rivelare il Padre, un amore totale verso gli uomini. La missione si presterà ai condizionamenti, alle distorsioni perché s'imbatterà con i limiti, i compromessi, le ipocrisie, gli interessi e gli egoismi.
Anche i gesti più alti e più sacri possono diventare formali, banali, di facciata e l'ipocrisia che Gesù rimprovera alla classe dirigente rischia di penetrare anche nel cuore dei suoi. La presenza di Gesù nel cenacolo è quella di un risorto con le mani forate e il costato ferito.
Perciò il dono dello Spirito garantisce una nuova creazione posta nelle mani dei credenti (Gen. 2,7): una nuova forza che struttura il mondo, capace di perdono e quindi creatore di armonia.
- Ma sorgeranno sempre dubbi anche tra le persone oneste, e presenteranno (vv. 24-29) proteste e perplessità come lo fa Tommaso quando la comunità inizia a testimoniare la risurrezione. Tommaso non si fida e sceglie, come misura della propria consapevolezza, un nesso concreto tra "vedere e credere". Gesù non si scandalizza, non rimprovera, ma accetta di scendere sul piano delle attese per poi pronunciare la beatitudine:
"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (v 29). E questo sarà il cammino della Chiesa .
Giovanni conclude offrendo la sua testimonianza sotto forma di libro da leggere e quindi di Parola che ripropone testimonianza e garanzia dello Spirito.
La Comunità cristiana impara allora a ritrovare Gesù nella parola e nella vita.
La storia della Comunità cristiana è carica di segni e anche di debolezza poiché è fatta da uomini, per quanto motivati, ma sempre fragili. Lo stile della Chiesa è, allora, il volersi bene, il coraggio di aiutarsi, di perdonare, di ricostruire, di risorgere. Il cammino splendido dei nostri tempi, aiutati anche dal Concilio (una delle più alte espressioni della missione della Chiesa nel nostro tempo), è quello di non considerare che alcuni siano grandi e responsabili e gli altri poveretti che arrancano, ma è quello che ci fa tutti fratelli e sorelle, con grandi ricchezze e grandi povertà, che pur ci costituiscono, comunque, un popolo che crede.
Il Papa Francesco ci sta aiutando pastoralmente a vivere questa nostra missione nel mondo, richiamandoci la misericordia, la preghiera, il perdono, la conversione di cuore. E non è un coraggio da poco averci suggerito come suo segno di vita san Francesco.

 

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