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don Cristiano Mauri  

V domenica di Quaresima (anno C) (17/03/2013)

Vangelo: Gv 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Guarda come splende: solida, convinta, determinata. Quasi spavalda questa Marta con la sua fede. Quanti nei Vangeli son stati capaci di rendersi protagonisti di un dialogo così? Tre frasi, tre affermazioni di fede. Altissima qualità, tra l'altro! Fiducia nella forza del suo Signore, comprensione di Dio in quanto sorgente, consapevolezza del mistero di Gesù quale Messia. Tripletta. Fantastico. Se aggiungiamo il bel rapporto con Gesù, un affetto, un bene profondo...

Grande, grandissima Marta, un bomber della fede. Ragazzi, qui c'è da prendere esempio, da mandare il rallenty in loop, come si faceva per imparare "l'elastico" di Ronaldinho e per vedere come colpiva la palla Roberto Carlos. La ragazza è da studiare, promette bene, ha talento. Il triplice colpo è da antologia del catechismo. Oltretutto dimostra la freddezza del campione: la situazione è tesissima, il coinvolgimento emotivo da togliere il fiato, il dramma si sa annebbia le idee togliendo lucidità. E invece. Un vero cavallo di razza. Una così è da mettere fissa come rigorista in una finale di Champions. Sono proprio le condizioni difficili in cui risuonano quelle tre affermazioni di fede a dire tutta la grandezza di quella donna. Non c'è che dire, da inserire a pieno titolo nel manuale del credente e farne un vero "idolo" tra i discepoli di Gesù. Bisogna che tutti si diventi così: freddi nella prova, precisi nella confessione di fede, pronti alla reazione.

Oltretutto comunica quel fascino tipico dei talentuosi. Con quel loro assomigliarti un po' da lontano che ti accende l'emulazione ma che lascia lo spazio sufficiente all'alibi e all'autogiustificazione, per cui - ti ripeti - non è vero che tu sei proprio come loro. Loro, sono "loro". Ma sì, tu e Marta siete simili, in fondo, e ti piace convincerti che puoi e devi essere così: così preciso, così perfetto, così lucido. Però sei altrettanto abile a sfoderare quel "Ma in fondo lei... Lei era speciale", perfetto quando il morale non ti regge, lo sguardo ti si appanna, le parole ti sfuggono. Fino a siglare, con un filo di rancore sordo, il più classico dei: "Non sarò mai come lei".

Aspetta, aspetta un po'. Fammi vedere. Che fa? Che dice?

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni».

Lo sapevo. Un classico. Era il colpo decisivo, l'occasione finale, il momento clou dell'azione. E lei che fa? S'impappina. Ora che è il momento di sfoderare il talento le viene il "braccino"? Un dubbio di fede proprio ora? Ma che fine ha fatto il "so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà"? Come neve al sole si è sciolto quel "io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio". Il dubbio. L'incertezza. La domanda. Il tentennamento. L'incredulità.

Marta lanciatissima si schianta sulla pietra del sepolcro del fratello. Fine. Game over. D'altronde vuoi mettere la forza di quel masso e dell'odore della morte? Comprensibile che non ce l'abbia fatta. Quale speranza può reggere il confronto con una simile evidenza? Pazienza, dai. Ridimensioniamo il personaggio. Nessun talento. Questa è una come noi. Sì, esatto. Tale e quale a noi.

Noi che abbiamo una fede vacillante. Noi che abbiamo spesso l'incredulità come compagna di vita. Noi che non ci pare così facile credere alla resurrezione e alla vita eterna. Noi che anche accettare la bontà di Dio a volte ci pare una faticaccia. Noi che quando la vita ci stende coi suoi metodi poco ortodossi il primo pensiero è un'imprecazione e non una professione di fede.
Sì Marta è uguale a noi.

Noi che le contraddizioni nostre e altrui non ce la facciamo proprio ad affrontarle di slancio. Noi che ci rifiutiamo di risolvere i grandi interrogativi dell'esistenza con una risposta da catechismo. Noi che le quattro convinzioni che abbiamo le consumiamo di domande e interrogativi.

Marta è tale e quale a noi. Noi uomini e donne. Nè più né meno che uomini e donne. Ammesso che sia poco.

Ma il fuoriclasse c'è, grazie al cielo.

Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?».

Nessun rimprovero, nessuna ripicca. Solo un'altra occasione, un invito. Di più, anzi. Un braccio tesa a cui aggrapparsi perché la donna non resti schiacciata sotto la pietra di quel sepolcro. E l'ostacolo su cui s'è fermata Marta viene immediatamente trasformato da quelle parole in un trampolino di nuovo affidamento a Dio. Lì dove la fede della donna sembra morire nel dubbio, incomincia ad essere in modo più vero: crede su e per la Parola del Maestro. Dribbling d'autore. Non c'è che dire, roba "di un altro pianeta".

La vera maturità della fede non consiste nel non vacillare mai. Quella piuttosto è la forma più ingenua e immatura del credere. Una fede adulta invece non è mai "una volta per tutte", ma è il "tutti i giorni" dello stringere quella fune che sollevandoti dal tuo dubbio ti salva dal disorientamento e dalla disperazione. E' il quotidiano consegnarsi a una Parola che non perde occasione e non lascia passare giorno senza interpellarti e senza invitarti a lasciarti afferrare.

Perché, in definitiva, nel credere il Primato è sempre di Dio e la forza nell'affrontare ciò che ci scandalizza non può stare nelle nostre convinzioni, ma solo nella Sua Parola. Si tratta di aggrapparsi a quella Mano, come fece Marta, una di noi.

Perché va detto: in quella Mano sì che c'è talento da vendere.

 

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