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TESTO Oggi festa folle a casa di Dio

don Alberto Brignoli  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (10/03/2013)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Come si fa a essere contenti quando si riceve la notizia dell'assoluzione di un colpevole? Non si può che gridare allo scandalo, urlare la propria rabbia, ricorrere in appello ai gradi superiori di giustizia, e qualora ciò non bastasse, invocare la Giustizia Divina, almeno lei infallibile.

Stando al brano di Vangelo di oggi, siamo fritti anche nel caso di ricorso alla Giustizia Divina. Bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, furto aggravato, sfruttamento della prostituzione con intenzionalità patricida da parte dell'imputato, il quale alla fine riceve assoluzione completa; non solo, ma addirittura viene ristabilito in quelle funzioni esercitando le quali aveva commesso tutti questi capi d'imputazione. Assolto perché, nonostante abbia commesso il fatto, con tanto di testimoni, è il figlio del giudice, il quale è misericordioso e solitamente assolve i suoi figli con formula piena, con successiva festa e relativo banchetto: e tra gli invitati, ci sono i pubblici ministeri con i loro impianti accusatori... questa è corruzione allo stato puro! Anzi, no, peggio: è follia assoluta. E purtroppo, senza appello.

Purtroppo o...per fortuna...visto che gli imputati colpevoli siamo noi, assolti dalla follia dell'Amore di Dio. Che l'amore abbia in sé delle dinamiche di follia non è una novità: fa parte dell'umano. Ma pensare che queste dinamiche riguardino anche l'amore di Dio nei confronti dell'umanità... mi pare perlomeno alquanto irrispettoso.

È vero: dire questo di Dio è irrispettoso. Ma mai così irrispettoso quanto la mancanza di rispetto di Dio nei confronti di farisei e scribi mormoratori, giudicatori, giudici dell'umanità e del mondo intero, persone formalmente così irreprensibili da sentirsi autorizzati a irridere, sparlare, e mormorare di tutti i peccatori e di coloro che verso i peccatori hanno atteggiamenti concilianti: "Mangi con i peccatori? Sei amico dei pubblicani e delle prostitute? Li accogli? Parli con loro? Li ascolti? Allora sei uno di loro...e farai la fine che ti meriti".

A questo punto, la follia dell'amore di Dio nei confronti dell'umanità diventa assoluta, perché invece di difendersi dall'accusa di essere peccatore e di evitare di fare la loro fine, accetta di essere condannato al patibolo per essere annoverato tra i malfattori. Follia allo stato puro, dicevamo: eppure è l'unico modo che egli ha avuto per salvare l'umanità.

Un'umanità che ama Dio; lo ama in maniera strana, perché continua a chiamarlo "padre" anche quando vorrebbe eliminarlo dalla propria vita per avere in eredità il mondo o perlomeno quella parte che gli spetta; continua a pensare a lui anche quando teme che lui si sia dimenticato - e farebbe bene, ogni tanto - dell'umanità; continua a pensare a lui anche se capisce che a un certo punto dev'essere talmente arrabbiato che non è più il caso di considerarlo un padre, quindi meglio servirlo come un padrone, anche solo per un pezzo di pane; continua a pensare a lui e a studiare quale può essere la formula migliore per chiedergli scusa; continua a pensare a lui anche quando lo può solo guardare da lontano senza sperare nulla di più. Eppure, è proprio questa l'umanità che Dio privilegia: peccatrice, dissoluta, sperperatrice di beni, diseredata e disgraziata, eppure sempre e solo "figlia di Dio". Che gli importa a Dio di un'umanità perfetta (che poi è tutto da dimostrare...), lavoratrice incallita, efficiente, fedele, mai fisicamente lontana da lui, servitrice irreprensibile, seria, dura ed esigente con se stessa, mai dedita ai piaceri e alle feste, severa e austera anche esteriormente, ma incapace a chiamarlo con il suo nome, "Padre"? Che se ne fa Dio di gente arrabbiata nei suoi confronti perché accogliente verso i peccatori, premuroso verso di loro al punto da rivestirli di dignità, da ridargli nuove opportunità d'investimento nella vita, e da fare festa per il loro ritorno alla casa del Padre?

Eppure, la sua follia arriva al punto di non abbandonare nemmeno i figli brontoloni e pedanti, i figli maggiori, quelli che sono soggetti di tutti i diritti e li reclamano sulla scorta dell'assolvimento dei loro doveri, mentre non sanno che con Dio Padre non funziona così, perché Dio Padre non ci ripaga secondo le nostre opere.

Dio va all'ascolto anche dei figli maggiori che ritenendosi giusti disprezzano gli altri, mormorano nei confronti dei peccatori, aspettano il momento propizio per lapidarli, salvo poi doversene tornare a casa gettando in terra le pietre del giudizio, perché con Dio non funziona così.

Ma questo lo lasciamo per la prossima domenica. Oggi godiamoci la gioia della festa dell'amore folle di Dio, il quale proprio non ha voglia di ragionare, è troppo ubriaco di amore per l'umanità che pecca ma che nonostante tutto continua a chiamarlo "papà".

 

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