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TESTO Lasciatevi riconciliare con Dio

mons. Antonio Riboldi

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (10/03/2013)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Credo che tutti noi conosciamo la parabola del Figlio prodigo.

È la stupenda rivelazione di un Padre che, davanti a chi sbaglia - e tutti sbagliamo nella vita, ogni volta voltiamo le spalle a Dio, offendendolo - nel momento in cui rientra in se stesso e ritorna a Lui, smette la toga del Giudice e veste l'incredibile ‘abito' del ‘papà', che gioisce fino alla commozione.

È in questa parabola la certezza per tutti noi che è possibile ritrovare ‘il paradiso', perduto nel peccato. Non rimane che viverla insieme, come punto di riferimento, meditazione, conversione e quindi Gioia pasquale, perché è il vero cuore della Quaresima che stiamo vivendo.

Leggiamola e meditiamola insieme, cercando con l'aiuto dello Spirito di ritrovare la nostra storia di ‘figli prodighi', che vogliono tornare a casa.

"Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre. ‘Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta.' E il padre divise le sue sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano..."

Viene da chiederci: Ma che cosa abbiamo noi di ‘nostro', da chiedere che ci sia restituita una parte?

Di nostro c'è solo il cattivo uso dei tanti doni, dalla vita alla vocazione al Paradiso, alla capacità di mostrare il volto di Dio nell'amore, ai tanti ‘carismi' ricevuti.

Quando noi, forse con troppa leggerezza parliamo di peccato, a volte, con un senso di derisione che ancora se ne parli, altro non facciamo che rinnegare la felicità del Padre, offendendolo, come del resto ci sentiremmo delusi e offesi, se il nostro amore fosse rifiutato per dare la preferenza ad altro che non è amore.

Il mio caro Padre Rebora - un grande convertito - amava affermare che tante volte noi uomini siamo ‘i beni di Dio contro Dio'!

E Paolo VI, da vescovo di Milano, nel Giovedì santo del 1963, dichiarava:

"Ci può essere un abisso invalicabile anche ai passi di Dio che vengono verso di noi: questo abisso, questa separazione, è la morte, meglio, è il peccato. Il peccato è lo stato di inimicizia con Dio, il rifiuto di Lui, è la repulsione, il distacco da Lui. Il peccato è la nostra morte, perché interrompe la circolazione di Dio in noi. Dio è la vita e, quando noi pecchiamo, tronchiamo la vena vitale che da Dio parte e viene a noi".

Mi chiedo spesso come possiamo convivere con il peccato, ossia con il rifiuto di Dio, senza sentire una profonda amarezza, che viene dal sentirsi ‘soli', ‘nudi'.

Mi viene alla mente il disagio, la profonda tristezza, simile ad una morte dell'anima, come viene descritta nella Bibbia, riguardo ai nostri progenitori:

Creati per la gioia e la vita con Dio, ingannati, si rivolgono verso ‘un altro bene': sentirsi ‘dio' essi stessi, liberi da Dio... un'autorealizzazione impossibile!

Subito cade ‘questo sogno di satana' e... ‘si nascosero' agli occhi di Dio, perché ‘nudi'.

Ma Dio conosce il dramma che nasce nell'uomo dal suo stesso rifiuto, l'inferno del peccato in cui viene a trovarsi, e lo cerca.: "Uomo, dove sei?".
"Mi sono nascosto perché sono nudo". Ieri, oggi, sempre.

È la situazione raccontata dalla parabola del figlio prodigo.

Cerchiamo di entrare in questa ‘nudità', che è l'esatta fotografia di tanti che scommettono la vita ‘fuori della casa del Padre', credendo di trovare ‘il paradiso' in questo mondo, cancellando anche solo l'idea del peccato e divenendo...idoli di se stessi.

"...... e là sperperò le sue sostanze, vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene diede".

Deve essere stata grande la delusione di quel giovane, che aveva sperimentato la bellezza di vivere nel calore e nella sicurezza di casa, dove non mancava di nulla ed era circondato dall'affetto paterno. Era nato in quella casa ed ‘era fatto' per quella casa.

Altre case... il mondo, che aveva scelto, credendo di trovarvi maggiore gioia, lo aveva illuso per un momento, ma... per abbandonarlo subito, lasciandolo senza cibo, senza affetto, in una condizione di umiliazione...'tra i porci', negandogli persino ‘il cibo dei porci'!

Come ha pagato caro la sua scelta del mondo, convinto che ‘offrisse di più' di quanto dava la casa del padre!

È la storia di chi di noi, a volte, speriamo mai, nelle ‘proposte del mondo', crede di trovare, ‘la libertà', senza rendersi conto che hanno la loro sostanza nel rifiuto del bene, ossia dell'amore del Padre e sono strade che conducono alla carestia, al degrado... si diventa ‘custode di porci'!
Quante storie come quella del figlio prodigo ho conosciuto.

Quanta meravigliosa gente, giovani, ragazze, uomini, donne, hanno creduto di trovare la felicità fuori della casa, che è la sola che può darci ‘pienezza di vita', per la nostra natura di figli di Dio, e si sono trovati con l'inferno nel cuore, che nulla può addolcire.

Suscita tanta compassione quel figlio prodigo, come la suscitano quanti di noi, dopo scelte sbagliate, si trovano alla fine insoddisfatti, affamati di vera gioia, di pace interiore, ma ‘abbandonati' da chi o da ciò in cui hanno creduto.

Che triste solitudine...senza Padre...senza casa...con amici falsi... o lasciati da tutti. Un inferno.

Ma si può uscirne? Si può risalire la china e ritornare alla Casa del Padre?

Leggiamo - se volete con le lacrime agli occhi per la commozione che suscita - non solo l'attesa del Padre, ma il momento della svolta del figlio, la sua volontà di tornare a casa, pur con tante paure e dubbi, e soprattutto l'incontro con il Padre.

Il ‘voler tornare' è il momento della conversione, opera dello Spirito Santo.

"Allora rientrò in se stesso e disse: ‘Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre".

Chi di noi ha davvero a cuore ritrovare la sua ‘innocenza', la sua pace interiore, che è nel sacramento della Penitenza, è necessario chieda la Grazia di ‘mettersi in discussione' ed abbia il coraggio di ‘rimettersi in cammino', con la sicurezza di trovare aperta la porta di casa, il Cuore di Dio.

La Quaresima è proprio il tempo - per chi di noi ama la Gioia pasquale, la vera gioia dei santi, dei buoni, di quelli che vivono in pace con Dio e quindi con se stessi e gli altri - di chiedere la Grazia allo Spirito di saper ‘rientrare in se stessi', ossia fare chiarezza nella propria vita ed avere fiducia di avere un Padre misericordioso.

L'incontro del figlio con il Padre, Gesù lo descrive con parole che davvero commuovono.

Un vero peccato non farsi coinvolgere e, per paura o, peggio ancora, perché si è spento il ‘bello della vita', dono di Dio, o per un assurdo chiudersi in se stessi....rinunciare all'incontro, quando tutti dovremmo sentire il desiderio della vera Gioia, che viene dall'amore del Padre, sapendo come ritrovarla, quando l'abbiamo perduta...con il Sacramento della Penitenza.

E se nasce l'incertezza: ‘Il Padre come ci accoglierà?'....Ascoltiamo Gesù e fidiamoci!

"Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: ‘Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il Padre disse ai servi: ‘Portate qui il vestito più bello e rivestitelo,...e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc. 15, 11-32)

Questa è davvero la vera Pasqua: il ritorno a casa e conoscere la festa del Padre.

Come vorrei per me, per voi, miei amici, che conoscessimo, sperimentassimo e sentissimo la dolcezza sicura, sempre, di quelle braccia al collo del Padre commosso!

Quanta gioia provo ogni volta il Signore mi dà la Grazia di essere io il padre, nel sacramento della Penitenza, per poter gettare le braccia al collo di un figlio ritrovato!

 

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