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TESTO Quell'anticlericale di Gesù

don Cristiano Mauri  

III domenica di Quaresima (anno C) (03/03/2013)

Vangelo: Gv 8,31-59 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».

48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Ma guarda un po' quell'anticlericale di Gesù.

La battuta non è affatto da prendere con sufficienza, perché Gesù anticlericale lo era davvero. Ma non al modo moderno del mangiapreti radical-chic, o del sedicente rivoluzionario riformatore di una Chiesa sbandata dai porporati. Gesù era un anticlericale in senso etimologico. Perché prima di diventare sinonimo di gruppo sacerdotale, "clero" anticamente faceva riferimento a un possedimento, un pezzo di terra (κλάω = spezzare) la cui proprietà si trasferiva ereditariamente da una generazione all'altra; in seguito, di conseguenza, divenne sinonimo di popolo che "ha un'eredità in cielo". Fino a trasferirsi sui sacerdoti come "parte eletta" del popolo stesso. Ma inteso nel suo senso originario, di "Clero" Gesù era circondato. Son proprio quelli che nel Vangelo di Giovanni ascoltiamo ripetere: "Noi siamo stirpe di Abramo... Nostro padre è Abramo... Noi abbiamo un solo padre, Iddio". Santi per discendenza. Eletti per codice genetico. Eredi per diritto. "Clericali", appunto, e della peggior specie. Di quelli che del loro deposito ereditario non ne facevano un motivo di umile riconoscenza e di sforzo incessante di corrispondenza al dono ricevuto, bensì occasione di arroganza, di presunzione di giustizia, di esercizio iniquo del diritto posseduto.

In senso più proprio potremmo dire che quel tipo di Giudeo si sentiva "messo a parte", preservato come un deposito prezioso, al riparo - per natura e diritto - da ogni pericolo di inautenticità e di fallimento nella propria fedeltà a Dio e alla Sua alleanza.

Contro questi "Clericali" Gesù si scaglia con forza. Perché costoro, con il considerare la propria "santità" un fatto puramente ereditario, avevano finito col negarne il legame con il concreto agire quotidiano. Non c'era più contraddizione tra il compiere malvagità e considerarsi eredi dell'alleanza di Jahve con Abramo. La fede era diventata "clero", pezzo, porzione spezzata e separata dal resto della vita. Ideologia pura, incapace di incidere sulla coscienza del singolo. Le parole di Gesù puntano a demolire proprio questa concezione: non esiste separazione tra fede e vita, tra credere e agire, tra professare e operare. C'è un'unità inscindibile alla base dell'individuo che non permette di considerarlo come un semplice insieme di frammenti o come un mosaico di ambiti esistenziali giustapposti seppur in modo armonico. La persona è unica e il Vangelo è per la persona nella sua integralità. L'appartenenza al Regno di Dio, offerta a tutti gratuitamente per puro dono divino, va accolta quotidianamente con un agire che raggiunga tutto l'esistenza e che corrisponda alle logiche e ai fondamenti su cui si fonda l'economia divina, quella ascoltata e vista nelle parole e nella carne di Gesù. Non esiste alcuno che possa auto-attribuirsi per qualche strano principio una "perfezione" di fede compiuta, ma tutti sono chiamati a porsi in un cammino di graduale, costante e progressiva adesione al Vangelo, che tocchi l'effettivo agire quotidiano.

Tutti chiamati per grazia, nessuno per diritto. Tutti per strada, nessuno già arrivato.

In questo senso Gesù era certamente un anticlericale convinto e il suo Vangelo non lascia spazio ad alcun tipo di clericalismo.

Certamente non lascia spazio a quello in chiave moderna, che sottintende una concezione dei religiosi quale "stirpe eletta e privilegiata" e che ha prodotto in non pochi casi, al di là dell'inevitabile peccato personale, un effettivo contrasto tra quel che si dovrebbe testimoniare e ciò che invece si mette in atto. Una contraddizione, tra l'altro, percepita spesso dal diretto interessato non certo come una ferita all'autenticità della propria identità.

Allo stesso modo non asseconda, però, quella sorta di "clericalismo laico" per il quale molti si professano cristiani, pur mantenendo una separazione esplicita ed evidente tra il piano della fede creduta e della vita vissuta, auto-assegnandosi la patente di credente per elezione personale.

Ogniqualvolta si parzializza la fede rispetto al resto dell'esistenza si prende la deriva del "clericalismo", laico o di sacristia che sia.

E si fa un passo più lontano da Gesù Cristo, quell'anticlericale.

 

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