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TESTO Concime e tempo

Giovani Missioitalia  

III Domenica di Quaresima (Anno C) (03/03/2013)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Abbiamo trascorso una settimana veramente difficile. Un fatto sconcertante, l'ultimo di una lunga serie di insensate brutalità, ha messo a dura prova l'impegno missionario che tentiamo di portare avanti con fedeltà e sofferenza in una terra che vive tra innocenza primordiale e esperienze di assurda violenza.

La foto dell'avvenimento barbarico e inumano accaduto tra noi ha fatto il giro del mondo sollevando proteste da parte delle Nazioni Unite e tante altre organizzazione impegnate per il rispetto dei diritti umani.

Ci siamo profondamente vergognati a vedere una folla di persone, tra cui tanti bambini, assistere compiaciuta all'esecuzione di una giovane donna, accusata da una famiglia il cui bambino di otto anni era morto per una malattia allo stomaco, di aver praticato arte magiche al fine di uccidere il loro figlio.

La donna è stata bruciata viva su un cumulo di immondizie in piena città, imbevuta di petrolio e infilata in una pila di pneumatici usati, dopo essere stata torturata con ferri arroventati per la notte precedente.

La polizia presente alla scena ha detto che era stato impossibile intervenire.

Ancora oggi i responsabili dell'assurda esecuzione, che tutti conoscono e hanno visto eseguire la condanna, sono liberi e certamente nessuno mai li arresterà, c'è un'unanime e tacita accondiscendenza in questi delitti senza senso.

Ci stiamo domandando se la predicazione del Vangelo ha mai inciso nella cultura, nelle tradizioni e negli usi e costumi delle persone a cui siamo stati mandati ad annunciare la compassione di Dio per l'umanità.

Perché persone che si dichiarano "cristiane" continuano a praticare esecuzioni sommarie in nome di credenze che cercano solo di trovare una risposta a ogni situazione che è difficile accettare?

Perché si cerca sempre un colpevole esterno a noi per tutto quello che capita di male nelle nostre vite?

Sono passati ottant'anni anni da quando i primi missionari arrivarono in questa regione della Papua Nuova Guinea e cercarono di comunicare la compassione di Dio per i suoi figli nella vita, nella morte e nella Risurrezione del figlio suo Gesù Cristo.

Tanti missionari hanno incontrato la morte per aver tentato di comunicare la vita. Ancora oggi moltissimi di essi soffrono persecuzione, vengono condannati sommariamente o ridicolizzati se si oppongono a misfatti come quello appena raccontato.

Anche la pioggia di meteoriti che ha colpito la Russia, causando tanta sofferenza, è stata interpretata come un segno voluto da Dio per redarguire e condannare fatti che si sono verificati in quella nazione.

Quando queste cose accadono viene la tentazione di lasciar perdere, di tornarsene a casa, pensando "tanto niente cambia".

Il passaggio del Vangelo di Luca di domenica prossima deve farci riflettere e muovere in un'altra direzione.

Molte volte il non portare frutto non è colpa dell'albero, ma è mancanza di concime e di tempo, di non dedicare la giusta attenzione a coloro che crediamo abbiamo ricevuto tutto quello che è necessario per essere "produttori di bene".

Mi sto domandando se quello che è successo a quella giovane donna non è anche colpa mia.

Devo confessare di aver creduto di aver fatto abbastanza perché l'albero portasse buoni frutti, ho creduto che il mio impegno avesse realizzato il compito affidatomi, che la missione fosse "accomplished".

Mi sono sbagliato! sono caduto nella trappola dell'aver fatto abbastanza.

Nel mondo, il cristiano deve diventare colui che offre, senza mai stancarsi, tempo e opportunità a tutti, specialmente a coloro che sono irretiti in quelle credenze assurde che il male va combattuto solo con altro male. Che il male si vince solo con un male maggiore. Che compassione e perdono incoraggiano gli operatori del male.

Dobbiamo credere fermamente che il solo metodo per sradicare il male sia il bene della verità. Questo è il metodo di Dio, un metodo abbracciato e portato avanti da uomini e donne che si sono lasciati sedurre dal bene della compassione e ne hanno fatto il mezzo della loro lotta contro il male.

La compassione è il concime da mettere alla radice di ogni persona, il tempo è la medicina che bisogna somministrare senza misura perché tutti abbiano l'opportunità di conoscere la verità e operare il bene.

La scure alla radice dell'albero non è la soluzione al male, è la facile soluzione di un momento difficile del quale non riusciamo a capire la causa e non sappiamo trovare il rimedio.

Gesù ha un altro metodo: lui è diventato il concime e il tempo affinché ogni persona abbia tutte le opportunità per uscire dall'invischiamento del male in cui è facile cadere.

L'avventura cristiana del missionario non è di trovare delle soluzioni immediate e appariscenti alle crisi della verità e del bene, ma è quella nascosta della fedeltà alla croce offrendo se stesso senza limiti di tempo e sangue perché tutti possano fare esperienza dell'eterna compassione di Dio rivelata nel Figlio suo e offerta nel dono dello Spirito.

Come il contadino, il cristiano deve armarsi di pazienza e misericordia per ogni filo d'erba che si piega al soffio prepotente delle tempeste e che minacciano l'esistenza e lo sviluppo della vita.

La tentazione di lasciare, perché non ne vale la pena, deve trovare il cristiano pronto a mettersi all'ombra della Parola di Dio e affidarsi al suo potere sapendo che nella tentazione siamo al buio, senza forze, nascosti alla luce della verità.

La sola cosa che dobbiamo fare in situazioni come queste è di pregare con le parole di Gesù "non indurci in tentazione, ma liberaci dal male".

Il commento è di Padre Ciro Biondi, missionario del PIME in Papua Nuova Guinea.

 

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