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TESTO Fiducia, preghiera e sacrificio

don Alberto Brignoli  

II Domenica di Quaresima (Anno C) (24/02/2013)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

La méta del nostro cammino di Quaresima è ben visibile sin dai primi passi. Siamo, infatti, solamente alla seconda domenica di questo tempo forte e la liturgia della Parola, il Vangelo in modo particolare, ci dà addirittura un'anteprima della Pasqua verso la quale siamo incamminati. Non è difficile comprendere come il Signore Gesù che appare trasfigurato sul monte Tabor in compagnia di Mosè e di Elia sia di fatto lo stesso Cristo Risorto e Glorioso del mattino di Pasqua. E il fatto che la Liturgia Domenicale ci proponga questo Vangelo ogni anno dopo soli dieci giorni dall'inizio della Quaresima ci aiuta a vivere l'itinerario di questo tempo penitenziale con uno slancio particolare: sapendo, cioè, che ogni nostro sacrificio e ogni intensificazione delle pratiche di fede tipiche di questo periodo acquistano un senso alla luce della Risurrezione di Gesù, che gradisce i nostri sacrifici e le nostre penitenze per aiutarci a trasformare la nostra vita sul modello della Vita Nuova da lui inaugurata. Quasi a dirci: "Coraggio, il cammino che hai intrapreso con sacrificio non è invano, e te ne fornisco la prova mostrandoti la bellezza della méta!".

Detta così, sembra anche una cosa abbastanza semplice e comprensibile. Almeno per noi, che veniamo da una tradizione di duemila anni di cristianesimo, o che comunque da anni viviamo sempre nella stessa maniera il cammino di Quaresima.

Non credo che abbiano vissuto l'esperienza della trasfigurazione con la stessa facilità e la stessa chiarezza nella comprensione i tre discepoli protagonisti diretti di questa vicenda del Gesù storico. Luca nel suo racconto ci narra diversi piccoli particolari che dicono la difficoltà di Pietro, Giacomo e Giovanni a comprendere ciò che stava avvenendo: la fatica di salire sul monte a pregare, la fatica di vincere l'oppressione del sonno, l'agitazione che portava ad un'incapacità a pronunciare frasi sensate, la presenza di una nube che li avvolge e che crea in essi un sentimento di paura, una paura che si manifesta pure nel silenzio che accompagna la loro discesa dal monte e addirittura i giorni successivi a quell'evento.

Per i tre discepoli, l'esperienza della trasfigurazione di Gesù fu senz'altro come per noi l'anticipo della Gloria del Risorto, ma l'incomprensione di questo mistero prevaleva comunque su qualsiasi altro sentimento. Se vogliamo, si tratta un po' della prosecuzione del mistero che abbiamo contemplato la scorsa domenica, quando il deserto in cui Gesù si avventura all'inizio della sua missione, si manifesta come il luogo dell'assenza, della lontananza da Dio, pur essendo in tutta la tradizione biblica il luogo privilegiato dell'incontro con Dio. Ora tocca ai discepoli vivere l'esperienza del mistero, dell'incomprensione di Dio proprio nel momento in cui Dio si manifesta a loro in una forma che a noi pare di un'evidenza senza paragoni perché gloriosa e maestosa.

Come se ne esce da questa situazione "misteriosa", per la quale spesso nella nostra vita ci mettiamo in cammino alla ricerca di Dio e sperimentiamo la sua assenza proprio nel momento in cui egli ci si rivela in maniera evidente? A me pare che la Liturgia della Parola di oggi ci dia almeno tre chiavi di lettura e quindi di comprensione di questo mistero, che possono essere utili anche nel nostro cammino di avvicinamento alla Pasqua; e queste tre chiavi di lettura le ritroviamo nei due protagonisti delle letture di oggi, ossia Abramo (prima lettura) e Gesù Cristo. I tre atteggiamenti dell'abbandono fiducioso in Dio, della preghiera e del sacrificio sono, infatti, comuni al nostro padre nella fede e al Figlio eletto di Dio che dobbiamo ascoltare come Maestro.

Abramo vive l'esperienza della manifestazione di Dio come "alleanza", ovvero come risposta da parte di Dio al suo bisogno di certezze, al suo desiderio di sapere che la fiducia da lui riposta nel Dio delle promesse è stata ripagata da Dio stesso che - ci dice la prima lettura - "accreditò la sua fede come giustizia". Il totale abbandono di Gesù nelle mani del Padre è parte fondamentale di tutta la sua esistenza, e raggiungerà il suo culmine il venerdì del Calvario; ma il Padre conferma questa sua fiducia capace di vincere ogni tentazione con quella Voce che dalla nube che avvolge i discepoli lo proclama "Figlio eletto" da ascoltare.

Abramo è, nella tradizione biblica, il primo uomo a parlare "alla pari" con Dio proprio per la sua familiarità con lui; una familiarità che in Gesù Cristo non ha bisogno di spiegazione, tanto meno nel Vangelo di Luca, dove Gesù viene costantemente descritto in atteggiamento di preghiera e di dialogo con il Padre. Il brano della trasfigurazione che abbiamo proclamato oggi è emblematico: tre sono gli evangelisti che narrano il fatto, ma solo Luca (rispetto a Marco e Matteo) aggiunge il particolare di Gesù che "sale sul monte a pregare" e che vive l'esperienza della trasfigurazione "mentre stava pregando".

Infine, il sacrificio che Abramo prepara e che sarà confermato da Dio con il fuoco sembra essere una costante che attraversa tutta la sua esistenza: sarà, infatti, costretto a sacrificare i suoi affetti familiari rinunciando a tenere con sé uno dei suoi due figli, Ismaele, e poco dopo sarà addirittura messo alla prova da Dio che gli chiederà il sacrificio del figlio della promessa, Isacco. Ma mentre il sacrificio di Isacco non viene consumato perché Dio lo impedisce, il sacrificio dell'unigenito Figlio di Dio, di cui Gesù stesso conversa sul monte con Mosè ed Elia nel Vangelo di oggi, è portato a compimento per la salvezza di chi, lungo i secoli, crederà in lui.

Fiducia in Dio, preghiera, sacrificio: ancora una volta, la strada del nostro cammino di Quaresima è tracciata in modo chiaro. E oggi, addirittura, confermata dalla Trasfigurazione, anticipo della Gloria di Pasqua.

 

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